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Associazione mafiosa, nuovo sequestro di beni per Matacena

REGGIO CALABRIA – La Dia di Reggio Calabria ha eseguito due nuovi provvedimenti di sequestro di beni, emessi dalla Corte di Assise d’Appello e dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale, nei confronti dell’armatore ed ex parlamentare Amedeo Matacena, attualmente latitante a Dubai. Il valore dei beni sequestrati in questa occasione a Matacena ammonta a 540 mila euro. Amedeo Matacena, già condannato definitivamente, nel 2014, a 3 anni di reclusione dalla Corte di Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa e successivamente coinvolto nelle indagini svolte dalla Dia di Reggio (Operazione Breakfast), era già stato colpito, nel dicembre scorso, da analogo provvedimento emesso dalla locale Corte di Assise di Appello. Il sequestro dei beni di Matacena era stato disposto in quanto risultavano essere “frutto di attività illecite e/o di reimpiego dei loro proventi”, ed era emersa “una oggettiva quanto marcata sproporzione” tra gli investimenti effettuati e i redditi dichiarati

Mafia, DIA Reggio Calabria sequestra beni all’armatore Matacena

REGGIO CALABRIA – La Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria ha eseguito un provvedimento di sequestro e confisca di beni, emesso dalla Corte di Assise d’Appello, nei confronti dell’armatore ed ex deputato di Fi Amedeo Matacena, ora latitante a Dubai. La confisca riguarda 12 società in Italia e all’estero, conti bancari, immobili e un traghetto in servizio nello Stretto di Messina, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro. Matacena, condannato definitivamente nel 2014 a tre anni di reclusione dalla Cassazione per concorso esterno, è stato riconosciuto quale politico di riferimento delle cosche reggine a salvaguardia dei loro interessi. Poi è rimasto coinvolto nelle indagini della Dia e coordinate dalla Dda che hanno portato all’emissione di ordinanze di custodia cautelare in carcere, oltre che nei suoi riguardi, anche a carico di sua moglie Chiara Rizzo, per intestazione fittizia di beni, e dell’ex Ministro dell’Interno Claudio Scajola, per averlo aiutato a sottrarsi alla cattura.

‘ndrangheta, sequestrati beni per 1,1 milioni di euro ad Amedeo Matacena

REGGIO CALABRIA – La Dia di Reggio Calabria ha sequestrato beni per 1,1 milioni di euro ad Amedeo Matacena Junior, 53enne imprenditore catanese ed ex parlamentare. Attualmente latitante a Dubai, Matacena è figlio del defunto Amadeo Matacena: entrambi personaggi noti a Reggio Calabria per la loro attività di armatori svolta in passato per il traghettamento dei veicoli e dei passeggeri sulle sponde dello Stretto. Matacena jr nel 2014 è stato condannato definitivamente a 3 anni di reclusione dalla Cassazione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa in seguito alle risultanze investigative emerse nell’operazione “Nautilus” confluite poi nel procedimento penale “Olimpia 2 e 3”.

Matacena jr era l’uomo politico prescelto dalle cosche reggine al fine di salvaguardare gli interessi da queste perseguite. Dal vasto compendio probatorio è emerso che Matacena jr, «pur di riuscire nel suo intento di essere eletto alla Camera dei Deputati nel 1994, abbia stipulato una sorta di “patto con il diavolo” con le più rappresentative organizzazioni ‘ndranghetistiche di questa città». Convergono in tal senso anche le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia tra cui Antonino Rodà e Giuseppe Lombardo mentre un altro, Umberto Munaò, ha evidenziato la consapevolezza di Matacena jr di aver favorito la cosca Rosmini nella vicenda dei lavori di rifacimento della via Marina, a Reggio Calabria.

Nell’anno 2015, nell’ambito di un altro procedimento penale, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha inflitto a Matacena jr un’ulteriore condanna a quattro anni per il reato di corruzione in atti giudiziari, confermando la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Reggio Calabria nel 2012. Con sentenza del 4 novembre 2016, la Corte di Cassazione annullava senza rinvio la sentenza di condanna per intervenuta prescrizione.

Da ultimo, Matacena jr è rimasto coinvolto nelle recenti indagini svolte dalla Dia nell’ambito del procedimento penale denominato operazione “Breakfast”. Nell’ambito di quest’ultima attività investigativa, il gip ha emesso nel 2014 ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Matacena jr, della moglie Chiara Rizzo e di altri per il delitto di intestazione fittizia di beni. Nel provvedimento restrittivo, il gip ha evidenziato, tra l’altro, il comportamento di Matacena volto a eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali ovvero di agevolare la commissione di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita in attività economiche o finanziarie, simulando l’apparente dismissione, da parte dello stesso, delle partecipazioni alle società a lui riconducibili tra cui la Amadeus, la Solemar, la Ulisse Shipping, la New Life, la Amju International Tanker Ltd e la Athoschia International Tanker Ltd.

In tale contesto Matacena, tuttavia, non è stato tratto in arresto in quanto si trovava a Dubai dove, sottoposto a fermo da parte delle Autorità degli Emirati Arabi Uniti, è stato successivamente rilasciato. Con il provvedimento di sequestro di oggi, il tribunale di Reggio Calabria ha confermato ed evidenziato la pericolosità sociale qualificata di Matacena: «Appare dunque sussistere quella condizione di pericolosità che investe l’intero percorso di vita del proposto che, in presenza di altri requisiti di legge, legittima l’apprensione di tutte le componenti patrimoniali ed utilità, di presumibile illecita provenienza, delle quali non risulti, in alcun modo, giustificato il legittimo possesso», e ha disposto il sequestro delle disponibilità bancarie e finanziarie in genere, detenute anche all’estero riconducibili a Matacena, alla moglie e ai figli, nonché di un fabbricato all’estero, intestato a una società straniera con sede a Miami in Florida.

Processo Scajola: l’avvocato richiede la messa in libertà

REGGIO CALABRIA – Aggiornamenti sul processo Scajola: l’avvocato Perrone, legale dell’ex ministro accusato di aver favorito la latitanza dell’armatore calabrese Amedeo Matacena, ha avanzato la richiesta di rimessa in libertà per il proprio assistito, attualmente agli arresti domiciliari. Nel corso della stessa udienza il pm Giuseppe Lombardo ha chiesto che vengano ascoltati più di 200 testi.

Interrogatorio Scajola: “Mai fatto affari con nessuno”

Sull’audio depositato al Tribunale di Reggio Calabria, Scajola si scagiona da ogni tipo di rapporto – che lo legasse dal punto di vista economico – con i Matacena e lo scandisce chiaramente: “Non ho mai fatto affari con nessuno perché non ne sono capace. L’ultima volta che ho comprato una casa ho fatto un casino. E poi vado a fare affari con loro ..”. “La mia preoccupazione – spiega Scajola – era sempre quella, la grandissima difficoltà economica che mi pareva di arguire” avesse Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, a Dubai senza passaporto dopo la condanna a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

A detta dell’ex ministro, con la Rizzo impostò una linea dura, essendo molto chiaro:

“In una telefonata io fui molto duro nel dirle quale era secondo me la via che avrebbe dovuto scegliere e cioè il marito sarebbe dovuto venire qua. Avrebbe sofferto ma comunque il marito latitante è peggio che in prigione”. “Lei avrebbe potuto cercarsi un lavoro, è una bella donna faceva la modella poteva trovare la possibilità di fare qualcosa. Io l’avrei aiutata come l’ho aiutata facendole dare una collaborazione”. “Diventò un po’diverso (l’atteggiamento) da parte mia dall’episodio scatenante della macchina”. Il riferimento è alla Porsche Cayenne che aveva la Rizzo – sulla targa della quale Scajola fece fare accertamenti dalla sua scorta – e che lei, nel suo interrogatorio, ha detto che le era stata regalata da Francesco Caltagirone Bellavista.

“Se avessi parlato più chiaro non ci sarebbe tutta questa roba qua”, dice Scajola ai pm. “Pensavo – spiega – di non fare niente di male e quindi non avevo preoccupazione col telefono anche se potevo sospettare che lei (Chiara Rizzo, ndr) potesse essere controllata. Usavo un linguaggio che ha creato solo casino”

“Sulla vicenda della casa” a Roma davanti al Colosseo, “sono politicamente morto, per due motivi: uno perché la cosa era eclatante e spaventosa, secondo per la mia verità che è diventata la verità nella motivazione della sentenza di primo grado”.
”Vi continuo a dire che era fuffa il Libano”, spiega l’ex ministro ai pm. ”Io non ho fatto nulla (…) io non ho mai cercato Gemayel (l’ex presidente libanese)”, ha aggiunto Scajola, chiarendo che il suo proposito era solo quello ”di cercare che questa qui”, ossia Rizzo, ”si metta a far qualcosa, a lavorare”.