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[#Anime] 5 Motivi per Guardare: La Rivoluzione di Utena

Se siete appassionati di anime, soprattutto di quelli che lasciano il segno e sappiano emozionare, e tra quelli attuali non trovate nulla che vi soddisfi appieno… Bene, siete assolutamente normali!

In questo articolo cercheremo di analizzare i cinque punti che possano portare chi ancora non l’ha fatto (molto male!) a guardare uno dei capisaldi dell’animazione giapponese della vecchia scuola:

La rivoluzione di Utena!

Classe ’97, la storia parla di una ragazza, Utena Tenjo, iscritta all’Accademia Ohtori, dove è determinata a cercare il principe che l’aveva aiutata a metabolizzare la morte dei genitori. All’interno della scuola incontrerà Anthy Himemiya, figura che coprirà il ruolo di arma durante strani duelli che si svolgono all’interno dell’istituto. Utena viene tirata dentro le situazioni più pericolose, senza avere alcun controllo sugli eventi e ignorando il fatto che dietro a tutto ciò si possa celare qualcosa di molto più grande.

Ma prima che possiate dire qualsiasi cosa, sappiate che questa non vuole essere una critica all’animazione moderna (e ai vostri gusti), ma solo un consiglio per espandere ancora di più la vostra cultura in fatto di animazione, cominciando proprio da Utena.

 

Il regista, Kunihiko Ikuhara

 

Ebbene sì, il primo motivo per il quale non potete perdere questa opera è proprio il regista della serie, il geniale quanto eccentrico Kunihiko Ikuhara. Spesso collaboratore con Jun’ichi Sato, è famoso soprattutto per aver diretto due delle saghe più belle di Sailor Moon (metà seconda, terza e quarta), che in seguito lascerà poiché la Toei Animation pone troppi limiti alla sua creatività. Ed è proprio andandosene che formerà il gruppo Be-Papas, che darà vita al progetto La rivoluzione di Utena, insieme a Chiho Sato, che curerà il manga, e ad altre tre persone tra sceneggiatori e animatori.

 

Metafore psicologiche

 

Utena si pone all’interno del panorama d’animazione giapponese come un’opera di grande ermetismo, tanto da risultare difficile da analizzare. Dopo una sola visione dell’anime, a tutti capita di pensare

“ma cosa ho appena visto?”

quasi come a pentirsi di aver speso tempo a guardare 39 puntate apparentemente senza senso. Ma nulla è lasciato al caso: le metafore in Utena sono tante e troppo spesso di difficile interpretazione, tanto che la rendono un’opera non per tutti. Ma se vi piace arrovellarvi su significati nascosti allora è l’anime giusto per voi (e non voglio certo anticiparvi nulla).

 

Le musiche

 

Può sembrare un punto scontato, ma non lo è affatto. La musica in Utena si compone di enorme pathos e accompagna con crescente entusiasmo chi guarda l’anime: ogni volta che la battaglia ha inizio, una canzone, che diventa un inno di guerra, viene intonata con fare solenne. L’inno, dal titolo Zettai Unmei Mokushiroku (Il Destino Assoluto: Apocalisse) si presenta come uno scioglilingua che rimbomba e si ripete, quasi nonsense, creando enorme fomento. La stessa sigla d’apertura, Renbu Revolution, interpretata dalla famosa Masami Okui, si presenta come qualcosa di più di una semplice canzone e il ritmo estremamente orecchiabile accompagna le scene una dietro l’altra.

 

Principe, non Principessa

 

“Molto tempo fa, c’era una giovane principessa, a cui il destino aveva sottratto entrambi i genitori, ma che un giorno incontrò un principe dall’aspetto nobile e provava tanta ammirazione per lui da diventare un principe lei stessa”. Questo è l’incipit (abbreviato) che ci sbatte in faccia la personalità anticonvenzionale di Utena. Il suo personaggio, profondamente opposto ad Anthy, la sua controparte femminile e sottomessa ai vari protagonisti (nonché cardine di tutta la serie) si pone con forza quasi mascolina, soprattutto quando duellerà con i membri del Consiglio Studentesco. Anthy è la principessa da salvare, così debole e che si lascia trasportare dal suo tragico destino, mentre Utena è proprio quel principe che con fermezza decide di diventare, Yin e Yang che unite porteranno a compimento ciò per cui sono destinate.

 

Originalità

 

A questo punto è chiaro che La rivoluzione di Utena è un’opera tanto complessa quanto originale, in un panorama anime dove ormai tutto si somiglia. Non rispetta nessun canone ma, anzi, osa in quello in cui nessuno avrebbe avuto il coraggio di fare all’epoca. L’estetica tocca vette molto particolari, presentandoci un design dei personaggi e delle ambientazioni di qualità seppur semplici, con colori molto intensi, dal freddo azzurro e bianco asettico della scuola, al rosso intenso del Teatrino delle Ombre, che si pone nell’intermezzo degli episodi. La trama cela più di quello che riusciamo a captare a una sola veduta e ciò non fa altro che spingerci a rivederlo più volte, soprattutto per capire se siamo riusciti a comprendere appieno l’apocalisse e la rivoluzione raccontati nell’anime.

Insomma, forse è trasparito troppo il mio amore per quest’opera, ma la sostanza non cambia: La rivoluzione di Utena è un’opera imprescindibile da cui un vero amante di anime non può tirarsi indietro nel dargli almeno una possibilità.

       

Vittoria Aiello

[#Anime] Devilman Crybaby, la Recensione

L’attesissimo Devilman Crybaby è finalmente giunto su Netflix. La serie ONA (Original Net Anime) è un nuovo adattamento del capolavoro di Go Nagai “Devilman”, probabilmente uno dei fumetti shonen più importanti di tutti i tempi, fonte d’ispirazione per decine di opere, non solo fumettistiche.

L’anime conta 10 episodi ed è stato prodotto da studio Science SARU, con regia di quel genio che è Masaaki Yuasa, autore che si è sempre distinto per il suo stile grafico particolare e fuori dagli schemi, dirigendo anime straordinari come The Tatami Galaxy, Ping Pong: The Animation e Kaiba, oltre a splendidi lungometraggi come Mind Game e il recentissimo The Night Is Short, Walk On Girl. La serie vede anche Ichiro Okochi (Code Geass) alla sceneggiatura.

LA TRAMA

 Akira Fudo viene informato dal suo migliore amico, Ryo Asuka, che un’antica razza di demoni è tornata per riprendersi il mondo dagli umani. Credendo che l’unico modo per sconfiggere i demoni sia quello di incorporare i loro poteri, Ryo suggerisce ad Akira di unirsi a un demone. Akira si trasforma così in Devilman, possedendo i poteri di un demone, ma mantenendo l’animo di un umano. (Fonte Wikipedia)

IL COMMENTO

Chi sono i veri demoni?

Questa è la principale domanda a cui tenta di rispondere questo straordinario anime. Sin dai primi episodi ci rendiamo conto che quel pazzo di Yuasa è riuscito a mantenere lo spirito dell’opera originale, fondendolo alla perfezione con il suo stile unico e inconfondibile. Notiamo fin da subito che l’opera di Go Nagai è stata contestualizzata ai giorni nostri, con la presenza di cellulari, internet e social network, e sarà proprio questa la principale differenza con il manga.

Yuasa riesce, tramite una narrazione estremamente godibile e ritmata, a toccare quegli argomenti che hanno reso celebre il manga, primo tra tutti l’oscurità che si cela nell’animo umano. Nel corso dell’anime notiamo come la presenza dei demoni non sia altro che un pretesto per parlare del vero demone, l’uomo. Meschino, crudele, invidioso e sempre pronto a puntare il dito verso gli altri. All’interno della società le brave persone sono una minoranza, basta una situazione insostenibile per far uscire l’oscurità nel cuore dell’uomo, anche da quelle persone che credono di essere buone. Notiamo, inoltre, come la trasformazione in demone non sia altro che un mezzo per alimentare la vera essenza di quella persona, un potere di cui quell’essere dovrà servirsi per dare libero sfogo alla sua anima. Esistono quindi i Devilman, uomini che hanno ottenuto il potere di un demone ma, avendo di base un buon cuore, sono riusciti a mantenere la loro umanità.


A volte è il mondo stesso a chiederci di diventare cattivi, ma se lo diventiamo vuol dire che non siamo mai stati buoni.

Riflessioni a parte, abbiamo un anime estremamente crudo e violento, forse non ai livelli degli OAV di fine anni ’80 (consigliatissimi), ma comunque splatteroso ed esplicito al punto giusto, con Yuasa che dimostra di avere un certo talento nel confezionare anche le scene erotiche.


Il regista dimostra che metterci la propria inventiva in un adattamento può portare a risultati eccezionali.

I personaggi sono caratterizzati in modo fantastico, partendo da Akira, emblema dell’antieroe, passando per la dolce Miki, personaggio che non si può non amare. Il resto del cast è composto da personaggi estremamente interessanti e sfaccettati.
La trama scorre che è una meraviglia, fino a giungere ad un finale che trasuda poesia da tutti i pori. In generale gli ultimi due episodi sono di quelli che resteranno piantati nel mio cervello per sempre.

COMPARTO TECNICO

Se c’è una critica che si sente spesso muovere a Yuasa è che “i disegni sono brutti”.

Senza offesa, ma gli unici ad essere brutti sono determinati commenti, che rientrano in un altro messaggio che vuole mandare l’anime, ovvero di non giudicare mostruoso un qualcosa solo perché ha l’aspetto di un mostro.
Gli anime di questo regista hanno talmente tanti spunti interessanti da affossare il 99,9% degli anime esistenti, giudicarli solo per questi presunti disegni brutti non ha il minimo senso. Il design tipico del regista non sarà sicuramente l’emblema del realismo e del dettaglio, ma la dinamicità di questi disegni è eccezionale, oltre ad accentuare notevolmente l’espressività dei personaggi. In questo caso specifico, parlando di un manga dei primi anni ’70, abbiamo anche una certa coerenza con lo stile abbastanza “retrò” di Yuasa.

La regia è ottima come al solito, anche se notiamo uno Yuasa più trattenuto rispetto ad altre sue opere, probabilmente per rendere l’anime apprezzabile su più livelli di pubblico. Animazioni fluide e movimenti scomposti rendono Devilman Crybaby un’esperienza incredibilmente movimentata. Musiche molto belle, che si fanno sentire soprattutto nella parte finale. Molto buono l’adattamento e il doppiaggio italiano, non si lesina sul linguaggio scurrile, inoltre le voci sono tutte azzeccatissime.

IN CONCLUSIONE

Devilman Crybaby è l’ennesima perla di un regista sottovalutato solo per i suoi “disegni brutti”. Se cercate anime che diano qualcosa anche al cervello, andate a recuperarvi le sue opere, non ve ne pentirete.

Antonio Vaccaro

[#Anime] CardCaptor Sakura: Clear Card Hen, impressioni a caldo su primo episodio e OVA

Ci siamo, il primo episodio della nuova serie dedicata all’”acchiappa carte” per eccellenza è andato in onda ieri pomeriggio sul canale Youtube di Yamato Video.

Essendo una grandissima fan dell’anime e del manga della Clamp, avevo alcune perplessità in partenza per quanto riguarda riprendere un caposaldo dell’animazione anni ’90 come Card Captor Sakura e riportarlo nel 2018, in cui ormai sembra doveroso fare ogni volta remake o nuove serie (anche brutti) di brand famosi come questo. Ma andiamo con ordine sulle mie personalissime impressioni a caldo sul primo episodio e sull’OVA presentato in anteprima, sempre grazie all’ottimo lavoro svolto da Yamato Video.

Un tuffo nel passato.

È solo così che riesco a definire i 25 minuti in cui ho avuto il piacere di immergermi. Sakura è cresciuta, ma il suo cuore è rimasto sempre lo stesso: dolce, circondata da famigliari e amici che le vogliono bene, solare, magica.

I primi minuti ci portano direttamente indietro nel tempo poiché, per chi ha visto la serie originale, l’atmosfera e la maggior parte delle gag presenti ricalcano perfettamente quelle che apparivano nel primo episodio della serie classica, citando magnificamente se stessa. Una sorpresa sono state sicuramente le musiche, che sono esattamente quelle originali, con qualche nuova aggiunta, dando un tuffo al cuore a chi, come me, la seguiva sulle reti Mediaset da ragazzina.

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, era quello che mi preoccupava di più: la paura più grande era che potesse contenere i vari problemi di design dei personaggi “modernizzati” o semplicemente fatti male, punto debole per i fan che assistano e veri e propri scempi delle proprie opere preferite. Devo dirmi, però, piacevolmente sorpresa, in quanto non si riscontrano sbavature tali da storcere il naso. Il design dei personaggi, bisogna dirlo, ricalca quello del nuovo stile delle stesse autrici, ovvero più morbido e sagomato, che si ha nelle opere post-CCS; questo non è certamente un difetto, ma a volte rimpiango con nostalgia quello stile anni ’90, che caratterizzava ogni opera delle Clamp fino a quel momento.

Le ambientazioni e l’uso della CGI non denigrano per niente il lavoro fatto da Madhouse, casa di produzione sempre impeccabile, che riesce addirittura a farmela piacere in alcuni momenti (e io detesto la CGI negli anime). Il tutto condito ovviamente dai personaggi storici, rimasti gli stessi sia nel cuore che nell’animo: Tomoyo sempre occupata a filmare Sakura e a crearle nuovi abiti, Kero-chan casinista oltremodo e Touya sempre ironico nei confronti della sorellina. Il ritorno di Syaoran, poi, ha regalato una delle più belle scene dell’intero episodio, riportandoci in questo caso, all’ultima puntata della serie originale.

Qualcuno ha detto orsetti?

Ora veniamo all’OVA, che fa da prologo alla nuova serie.

Il tutto è un misto di dolcezza e tristezza, in quanto Syaoran sta per tornare a casa sua, ad Hong Kong; per questo motivo Sakura gli prepara un orsetto, che terrà insieme i due fino all’inizio della nuova serie. Anche qui ineccepibile lavoro da parte della produzione, che è riuscita a rendere emozionante dopo 20 anni l’arrivederci tra Sakura e Syaoran, trascinando anche lo spettatore in un mare di lacrime, ma anche speranza per i due protagonisti.

Insomma, impressioni a caldo a parte, “Card Captor Sakura: Clear Card Hen” sembra avere qualcosa da dire e si prospetta emozionante, non solamente un “riciclo” delle avventure della dolce Sakura. Aspettiamo e vediamo, potrebbe davvero sorprenderci!

 

Vittoria Aiello

[#ComicsReview] Nemesis, Magie e Misteri a San Fili

Il 17 dicembre è stato presentato al pubblico il secondo numero di Nemesis, il fumetto horror indipendente ideato da Davide Rende e sceneggiato da Antonio Malfitano, che prevede una stesura in 5 volumi delle avventure dell’antropologo Tacito nella terra ricca di misteri, quale è San Fili.

LA TRAMA

La storia, scritta da Malfitano e inchiostrata da Rende, vede come suo protagonista l’antropologo Tacito Germano che, a causa di un incidente stradale, si vede costretto a fermare la sua vettura proprio davanti lo svincolo per San Fili. L’unico modo per proseguire il suo viaggio è quello di attraversare il piccolo paese bruzio. Così, dopo un breve ed arrendevole tête-à-tête con il funzionario stradale, che gentilmente gli sbarra la strada, lo studioso continua il suo percorso assieme alla compagna Daniela. Maledicendo l’asfalto dissestato, i due proseguono a velocità sostenuta, fino al palesarsi di un bambino al centro della carreggiata. La nefasta apparizione fa sbandare la coppia e, in seguito alla collisione con il guard rail, entrambi perdono i sensi. Al suo risveglio il malconcio protagonista, rimasto inspiegabilmente solo, decide di avventurarsi all’interno del paese per cercare soccorso.

Il secondo volume riprende la narrazione esattamente dove si era bruscamente interrotta nel primo albo. Il novello Dylan Dog, accompagnato dallo scorbutico Ivan (personaggio apparso nel primo fumetto), si trova costretto a dover attraversare nuovamente le anguste vie del borgo al fine di trovare padre Girolamo, uno dei cinque protettori dei gruppi di rifugiati sparsi per il posto e che nel precedente albo gli aveva dato il giusto consiglio per salvarsi. Lasciata la chiesa di Democrito, i due danno vita ad una macabra caccia allo zombie.

Come in altri momenti narrati nel precedente fumetto, in frangenti pregni di tensione emerge l’inadeguatezza del protagonista. Dopo aver perso il controllo ed aver attirato su di sé una inarrestabile orda di non-morti, i due moderni avventurieri sono costretti a separarsi. Ormai rimasto solo, lo studioso non può far altro che continuare a muoversi per i tetti del paese, fino al predestinato incontro con una delle ultime Magare, conosciute dai locali come bizzarre guaritrici e portentose veggenti, nonché figure chiave all’interno di tutto l’universo di Nemesis.

IL COMMENTO

Per tutte le 48 pagine di questo secondo capitolo, si percepisce un’ansia palpabile ben trasposta dalle matite di Rende. Ciò che a nostro avviso potrebbe apportare un grosso beneficio alla storia è un ampliamento della sceneggiatura, così da semplificare al lettore l’immersione all’interno della narrazione fin dal primo sguardo. Tuttavia, mettendo a confronto i due albi, notiamo una netta crescita dei due autori e una cura più privilegiata della storia, il che ci lascia ben presagire per i 3 volumi che ci separano dalla risoluzione del fumetto. Una perla notevole dell’opera è lo scenario di background utilizzato, realmente esistente, sia per quanto riguarda il piano fisico che quello esoterico: stiamo parlando di San Fili, terra che da secoli è al centro del folklore calabrese, tra leggende suggestive e bellissimi paesaggi. Calare Tacito in questa realtà aiuta a dar spessore alle vicende narrate, un antropologo in una terra ricca di racconti popolari. Riscontro lampante di tale spessore è la cura per gli scenari: entrambe le chiese rappresentate nei due volumi riportano fedelmente le strutture e gli ornamenti delle loro controparti fisiche.

La trasposizione in chiave horror del mito della Fantastica funziona altrettanto bene, tanto da rendere un piccolo paese calabro un setting calzante, senza nulla da invidiare a cornici più rinomate. Una leggenda tramandata nei caldi nidi famigliari i trasforma in una piaga da cui fuggire ad ogni costo.

La figura della Magara è un altro punto innovativo dell’opera, che conferisce un valore aggiuntivo a Nemesis: una figura mai utilizzata per un fumetto, ma tanto affascinante da catturare l’attenzione del lettore. I disegni ci ricordano quell’atmosfera bonelliana in bianco e nero, dove i misteri sono all’ordine del giorno e gli incubi ci aspettano placidi dietro l’angolo.

In definitiva siamo rimasti sorpresi da questa autoproduzione calabra che, anche se acerba sotto alcune sfaccettature, ha tutte le carte in regola per interessare e coinvolgere. Restiamo in piacevole attesa di leggere i prossimi capitoli della storia. 

 

Per maggiori informazioni sull’opera Nemesis, visitare la pagina ufficiale del fumetto.

 

Miriam Caruso

[#Nerd30Consiglia] Honey And Clover

Rieccoci con il consueto appuntamento dei consigli anime di Nerd30.

Questa volta parleremo di Honey & Clover, anime in 36 episodi (una serie da 24 e una da 12) prodotto da studio J.C. Staff tratto dall’omonimo manga di Chika Umino, autrice famosa per Un marzo da leoni, opera il cui adattamento anime è tutt’ora in corso, anche questo consigliatissimo.

Honey & Clover è un manga che rientra nel target josei, quindi dedicato ad un pubblico femminile adulto (corrispettivo femminile di seinen).

LA TRAMA

Yuta Takemoto, Takumi Mayama e Shinobu Morita sono tre giovani studenti che vivono insieme in un palazzo fatiscente. Iscritti presso una scuola d’arte, fanno una vita piuttosto modesta (non hanno ad esempio neanche la doccia in casa), ma trovano sempre il modo di gioire della propria esperienza (ognuno di loro in effetti sembra essere dotato di un grosso talento artistico).

Un giorno il professore Shuji Hanamoto presenta loro sua nipote Hagumi “Hagu” Hanamoto. Morita dichiara subito il suo amore per la tenera fanciulla (che molti scambiano per una bambina) anche se a volte si comporta in un modo piuttosto strano e bizzarro, per non dire da maniaco, mentre Takemoto non lascia trapelare i suoi sentimenti e tende a comportarsi da amico con la ragazza, che dal canto suo non dimostra particolare interesse per i due.

Il gruppo inoltre include anche Ayumi Yamada, una delle più belle e corteggiate ragazze della scuola, maestra nella creazione di vasi e oggetti in creta, innamorata perdutamente di Mayama, il quale però è l’unico a non volere il suo amore. Il ragazzo infatti è a sua volta innamorato di una donna più grande con cui lavora, Rika Harada, la quale lo allontana per non urtare i suoi sentimenti. Il gruppo attraversa varie vicissitudini, ma con il passare del tempo i vari legami al suo interno non subiscono cambiamenti, nonostante i vari componenti affrontino ognuno un proprio cammino personale. (fonte Wikipedia)

IL COMMENTO

Honey & Clover si potrebbe sintetizzare con una sola e semplice parola: 

…sentimento…

Durante la visione dell’anime si ha la sensazione di respirare vita vera, ricca di momenti belli e momenti brutti, tutti con un’importanza equivalente per la crescita dei personaggi. Un fiume in piena che travolge lo spettatore, ma lo fa con acque calme e piacevoli. Non si può fare altro che abbandonarsi alla corrente e vivere quello che vediamo sullo schermo.

La vera forza di Honey & Clover sta nell’immergere totalmente lo spettatore nello stato d’animo dei personaggi, che diventano familiari dopo pochissimi episodi. Si ride e si soffre con loro, quasi come se lo spettatore facesse parte della narrazione, questo grazie ad una gestione delle caratterizzazioni veramente incredibile, cosa che la Umino non perderà neanche con Un marzo da leoni. Utilizzando la tecnica della voce narrante in prima persona (spesso quella del protagonista), la mangaka riesce a sviscerare ogni stato d’animo dei personaggi, offrendoci il loro punto di vista in relazione ai loro sentimenti, che sono quasi onnipresenti nella narrazione.

In un certo senso i sentimenti sono importanti come l’aria che respiriamo, sono un carburante senza cui una persona non riuscirebbe a vivere, sono la motivazione che sta dietro ad almeno metà delle nostre scelte.

I PERSONAGGI

Takemoto può essere considerato il protagonista della storia, quello su cui la nostra Umino si concentra maggiormente, ma riesce ogni volta a spostarsi sugli altri personaggi quasi in punta di piedi, riuscendo a costruire una narrazione spezzettata ma incredibilmente compatta. Il nostro protagonista cresce episodio dopo episodio, spinto dall’amore per Hagu, ma anche dalla ricerca del suo posto nel mondo. In particolare risulta interessantissimo il suo percorso di accettazione nei confronti del nuovo compagno della madre, entrato nella sua vita tempo dopo la morte del padre.
Morita è un personaggio assurdo, che scompare per interi episodi per poi tornare a farti capire che ne sentivi la mancanza, nonostante sia il rivale in amore del nostro protagonista. Il classico personaggio che vorresti in ogni compagnia, quello che riesce a risollevare il morale del gruppo con il suo essere bizzarro e infantile, ma che nasconde un passato triste che verrà sviscerato soprattutto nella seconda stagione.

Mayama è un altro personaggio eccezionale, innamorato di una donna più grande in modo quasi assoluto, anch’esso alla ricerca del suo mondo. Insieme a Yamada è protagonista di una delle scene più commoventi dell’intero anime.

Yamada è la bella ragazza della situazione, corteggiatissima da tutti, ma innamorata di Mayama. Nell’anime assisteremo alla sua sofferenza di non essere ricambiata, ma nonostante tutto al non voler rinunciare al proprio amore, che in un certo senso è una parte importantissima della sua intera esistenza.

Hagu è questa piccola ragazza con una grande talento creativo, che in diverse occasioni lascia intendere di avere la capacità di imprimere nella sua mente qualsiasi immagine, che poi andrà a riprodurre tramite il disegno o la scultura. Un personaggio interessantissimo, come lo è il suo rapporto con il prof. Hanamoto, una sorta di padre per lei. Su Hagu si concentra in particolare la bellissima parte finale dell’anime.

Anche i personaggi secondari risultano molto interessanti e funzionali alla trama.

Nell’anime non mancano i siparietti comici (soprattutto quando entra in azione Morita), che non risultano mai fuori luogo, ma riescono a potenziare ulteriormente lo stato di immersione emotiva in cui si trova lo spettatore.

COMPARTO TECNICO

Per quanto riguarda la tecnica non abbiamo sicuramente un anime sensazionale, ma ogni cosa è funzionale alla trama. Il character design è in linea con quello della Umino, quindi estremamente particolare per quanto riguarda i lineamenti del viso, offrendo una vasta gamma espressiva, fondamentale in un anime che fa dello stato d’animo dei personaggi il suo punto di forza. Le animazioni sono quindi per lo più legate ai movimenti del viso, mentre sono abbastanza statiche per il resto del corpo, ma non essendo un anime di combattimento possiamo anche passarci sopra. La regia è di ottima fattura, soprattutto quando si tratta di lasciare spazio alla voce narrante e agli sguardi dei personaggi, entrando in una sorta di sospensione della realtà che rende il tutto ancora più immersivo. Musiche eccezionali, malinconiche, struggenti, allegre, forse poco varie, ma azzeccatissime in ogni scena in cui compaiono.

IN CONCLUSIONE

Honey And Clover è una perla imperdibile, uno di quegli anime che ti fanno essere felice di amare l’animazione. A fine visione sentirete la mancanza di questi personaggi, vi verrà voglia di augurargli il meglio, quasi come se fossero dei cari amici.

Antonio Vaccaro

[#JapanTime] Le decorazioni di capodanno, Kadomatsu e Shimekazari

Un anno scorre sempre molto velocemente, anche troppo. Il 2017 sembrava appena iniziato, invece è già volto al termine.

In questi ultimi giorni si è soliti fare una somma di ciò che è stato l’ultimo anno e se ne traggono le conclusioni, magari davanti a una bella tavola imbandita, come da tradizione italiana, e non solo.
Dall’altra parte del mondo, in Giappone specificatamente, sappiamo già molto di quello che succede grazie al Japan Time sul capodanno giapponese dello scorso anno, ma non sappiamo ancora tutto. Le usanze e le tradizioni del Paese del Sol Levante sono tantissime ed è difficile conoscerle fino in fondo. In questo ultimo Japan Time del 2017 scopriremo le decorazioni che i giapponesi usano nel periodo finale dell’anno.
Subito dopo il 25 Dicembre, in Giappone vengono tolte le consuete luci di Natale per fare spazio alle decorazioni di capodanno, celebrazione molto sentita. Ovviamente queste, nonostante la loro semplicità, hanno significato spirituale:

KADOMATSU

Il Kadomatsu (cancello di pino) è una decorazione che viene esposta all’entrata delle case e dei luoghi di lavoro dal 28 Dicembre fino al 15 Gennaio. Questi ornamenti possono essere formati da pini, rappresentanti la longevità, bambù, simboleggianti la prosperità, o albero ume, che rappresenta la costanza. I germogli sono fissati a diverse distanze e, in base all’altezza, rappresentano il cielo, l’umanità e la terra, con il cielo ovviamente più alto e la terra più in basso. La funzione del Kadomatsu è quella di raccogliere gli spiriti ancestrali in modo che possano vegliare sul raccolto. Può essere considerato come il nostro albero di Natale, solo che rappresenta lo spirito del capodanno.

SHIMEKAZARI 

Altra decorazione tipica del periodo è lo Shimekazari, addobbo che si appende sull’uscio delle abitazioni. È realizzato con le Shide, cannucce di riso e strisce di riso artigianali a zig zag. La funzione di tale decorazione è quella di allontanare gli spiriti maligni e dare il benvenuto ai kami shintoisti in modo che possano entrare in casa e benedirla per il nuovo anno. Lo Shimekazari viene decorato con degli oggetti portafortuna:

Le Daidai, un tipo di arancio che viene considerato portafortuna per il particolare kanji del nome che, scritto con un ideogramma diverso, significa “di generazione in generazione”.

– L’aragosta, vista come portafortuna perché la sua posizione ricorda il corpo di un uomo anziano.

I ramoscelli di pino, simboli di longevità perché restano sempre verdi.

– Le foglie di felce, che rappresentano la speranza di avere una famiglia felice e prosperosa.

Ecco, quindi, delle caratteristiche alternative per chi è stufo dei soliti alberi di Natale e presepi. Addobbare alla giapponese le proprie festività può essere un bel modo per cambiare un po’ aria e anche per dare un nuovo significato alla celebrazione.
Da tutta la redazione di Nerd30, un buon 2018!

                                                                                                                        Paolo Gabriele De Luca

[#CiNerd] L’ultimo dei Jedi è un Porg

Essere un fan di Star Wars è divenuto piuttosto complesso negli ultimi tempi, tra canonico e non canonico, serie tv, fumetti e la Disney, tutto sembra un po’ essersi annacquato. È lo stesso per il nuovo film della saga?

Star Wars è una pietra miliare, non si può creare qualcosa di questo brand senza che ci sia una vera e propria scissione di pareri globale. Come nel film ci sono i Jedi e i Sith, nel mondo ci sono gli Haters e i Lovers.

Questa premessa perché… Perché per quanto uno possa tifare o andare contro, l’importante è essere obiettivi ed è quello che troverete in questa recensione: Obiettività.

La regia di Rian Johnson fa sentire la sua differenza nelle riprese dall’episodio precedente di J.J. Abrams. Nulla da togliere all’amico JJ, ma ammettiamo che quando ha girato il Risveglio della forza non era al massimo della forma. Troviamo infatti delle ottime inquadrature coadiuvate dall’eccellente fotografia di Steve Yedlin che incornicia gli slow motion di Rian con maestria, rendendo le scene mozzafiato. A Rian però anche la colpa di aver reso quasi “ridicole” delle scene: andiamo nel dettaglio.

Il brand Star Wars è sempre stato permeato da una grande serietà, ma Johnson ha voluto portare quella corrente umoristica che ultimamente sta garantendo il successo a molti Blockbuster nell’universo di Lucas. Questo inserimento non è stato reso al meglio e si avverte lo stridore eccessivo. Non che negli altri titoli non vi fossero scene allegre, ma erano concentrate su alcuni personaggi precisi come Jar Jar Binks, C3PO e R2D2 che preparavano lo spettatore al passaggio da “Religiosa serietà” a “ho pestato una cacca di Hoth”. Rian non ci prepara a queste scene, lasciandoci smarriti o nervosi il più delle volte.

I personaggi, seppur con qualche eccezione, vengono guidati bene dal regista e seguono una crescita esponenziale nel loro spessore. Avevo promesso niente spoiler, quindi resterò sul vago, tuttavia preparatevi a storcere il naso su qualcuno e sorridere su altri. Tutti gli attori sono stati bravi e hanno confermato la loro professionalità, l’inserimento poi di Benicio Del Toro ha dato un grandissimo apporto a tutto il cast che si è trovato davanti un attore di grande esperienza che ha saputo rendersi unico fin dai primi istanti sulla scena.

La colonna sonora di John Williams si riconferma come sempre eccezionale anche se, dopo 40 anni, inizia ad essere leggermente datata. Va bene la nostalgia dei bee bop ma forse un rimodernamento del comportato sonoro e musicale non sarebbe stato male. NON è brutta, è solo sempre la stessa da episodio 4.

Chris Corbould agli effetti speciali ci regala qualcosa di veramente toccante. Tra personaggi ricostruiti in CG ed esplosioni di prim’ordine, tutte le scene sono ricche di particolari. Perfino quelle più rapide di azione dove “un fuocherello lì non se ne accorge nessuno” sono invece dettagliate e mai approssimative. A questo si aggiunge la già sopra citata fotografia di Steve che ha lavorato veramente bene per portare delle vere opere d’arte sullo schermo lasciandoci a bocca aperta una scena dopo l’altra.

Concludendo, Star Wars: Gli ultimi Jedi è SICURAMENTE meglio del capitolo precedente, ineluttabilmente non è forse all’altezza dello spessore dei capitoli originali ma cambia le carte in tavola mostrandoci qualcosa di diverso sia in tematiche che in crescita. Ha di sicuro delle pecche che non lo rendono un film perfetto, ma mi rendo conto che continuare una saga del genere è qualcosa di talmente complesso che diventa difficile, episodio dopo episodio, riuscire a tenere alta l’attenzione dello spettatore. Se siete fan della saga, andatelo a vedere per recuperare l’obbrobrio del 7.
Se non siete fan della saga andatelo a vedere perché intrattiene e alla fine dei conti è un bel film.

Voto generale: 8

PS: I Porg non sono dei Jedi ma sono gli unici vincitori di questo film e il marchio Disney sulla saga.

Miriam Caruso

[#LARP] Racconti di Guerra, Awakened torna live col grande botto

Pallottole e odore di polvere da sparo.

Lo scorso 17 dicembre la fumetteria Midgard è diventata centro operativo strategico di Awakened, dopo esser stato un tavolo diplomatico in cui Ordo Solis e Ordo Sanguinis, antichi rivali, assieme agli Indipendenti e Mezzosangue, hanno incontrato chi da poco ha fatto parlare molto di sé: i nuovi Risvegliati.

Awakened è un gioco di ruolo dal vivo curato e ideato completamente da Sandro Massa, di ambientazione urban-fantasy, in cui il partecipante interpreta un personaggio che ha “risvegliato” dei poteri particolari. C’è chi dice che sia la scintilla divina, chi con approccio più scientifico attribuisce il tutto all’uso completo delle nostre facoltà mentali e a chi basta dire che dal risveglio ha trovato in sé capacità magiche.

I nostri protagonisti sono stati richiamati per l’antica usanza dell’Adunanza, un momento in cui tutti gli Ordini si siedono a un tavolo cercando di affrontare un grave momento di crisi. Per tutta la prima parte dell’evento vi è stato uno scambio d’informazioni tra gli Ordini (si scopre in effetti che gli Indipendenti si chiamano in realtà Libertalia) e i giocatori. Poi l’enigma, la prova per dimostrare a quei boss dell’oltre il velo le loro abilità risolutive. Un piano d’attacco, una strategia per muoversi da A verso B senza essere scoperti e senza troppe difficoltà, trovando la soluzione. Soluzione rivelatasi inutile. Dopo un ulteriore scambio di informazioni e la rivelazione di cosa la squadra ha recuperato con la stessa strategia adoperata dalle teste giocanti, una chiamata fatale. L’Ordo Draconis, un gruppo di folli fuori controllo, ha sbaragliato quasi tutte le basi degli altri ordini accerchiando il B-Side, sfondo di quella serata. Nulla più sarebbe entrato o uscito.

I maestri attuano un piccolo rituale per comprendere la natura della trappola, blocchi anche alla magia o solo armi puntate sulle porte, per poi morire, uccisi proprio da uno dei fondatori dell’Ordo Draconis. Una scena emozionante, a cui il plauso va al grande interprete, l’attore Simone Zampaglione, che ha riempito di forti emozioni la vendetta non solo ai suoi “nemici”, ma anche al suo maestro, l’unico che è stato salvato, l’unico che era in grado di teletrasportare i sopravvissuti fuori da quello che da lì a poco sarebbe diventato un inferno in pieno stile saloon del far west. Salvati, per un pelo, tra un’esplosione di granata e diversi scambi di colpi magici, il gruppo ha subito ringraziato con un brindisi il game master e organizzatore. Sandro Massa ha saputo combinare tecnica scenica e programma, con grandiosi interpreti dei personaggi non giocanti, coordinando il tutto senza lasciare mai che qualcuno esca fuori ruolo.

I veri eroi, quindi, furono Carlo Borsani, Massimiliano Braile, Andrea “Fenrir”, il già citato Simone Zampaglione. Il campione su tutti, infine, il fautore dell’emozionante serata, Sandro Massa.

 

Alfredo Arturi

[#NerdCuriosity] Fullmetal Alchemist Live-Action, gli attori ispirano parfait e sushi a tema

La catena di ristoranti di sushi a nastro trasportatore Kappa Sushi, celebra l’uscita del live action dell’amato manga di Hiromu Arakawa con una collaborazione decisamente particolare: l’unica voce sul menù è un parfait a tema, ma online stanno già girando commenti su quali tipologie di sushi attribuire ai personaggi.

Sono indicate cinque voci sull’immagine promozionale della campagna, “raccomandate” da Kappa Sushi. Il tekkamaki è la tipologia di sushi indicata per Alphonse, ovvero un involtino ripieno di tonno, soprattutto perché il primo kanji di tekkamaki significa “ferro”. Il tipo dedicato a Hawkeye è il Surf Clam sushi, perché in inglese la pronuncia è simile a quella di “Hawkeye”. A Lust viene dedicato il “Philosopher’s Stone salmon”, che indica la somiglianza tra la pietra filosofale del film e le uova di salmone. Envy verrà rappresentato dai gamberetti, poiché la parola “ebi” (gamberetto in giapponese) ha la pronuncia simile a “Envy”. Il piatto dedicato a Gluttony viene indicato con la scritta “Posso mangiarlo?

Ovviamente i detrattori di questa iniziativa sono molti, poiché la reputano “troppo forzata”, ma sicuramente risulta molto originale.

Riguardo al parfait, è ispirato direttamente dalla torta di mele di Winry all’interno del film: la base è fatta da un budino e include gelato alla vaniglia, salsa di mele e pezzi di torta croccante. La campagna pubblicitaria riporta anche che chi scatta una foto con il parfait con l’hashtag del prodotto, potrà partecipare a una lotteria per avere la possibilità di vincere uno dei 100 buoni pasto del valore di 1.000 yen (circa 10 euro) ciascuno.

Il film ha aperto il Tokyo International Film Festival il 25 ottobre per la sua anteprima mondiale, e sarà disponibile in 190 paesi del mondo, diventando la più grande apertura di un film giapponese live action o animato di sempre.

Vittoria Aiello

[#CamperandoilTribush] Camperata di Dicembre 2017

Salute evocatori!

Questo sarà l’ultimo appuntamento dell’anno della rubrica e prima dell’inizio della nuova stagione, nessun cambiamento radicale è stato annunciato, per cui vediamo giusto qualche correzione per restare aggiornati.

Patch 7.24

Questo è il mese della 7.24 ed essenzialmente ci sono degli aggiustamenti per bilanciare alcuni campioni che risentono della mancanza delle vecchie rune o che funzionano fin troppo bene con quelle nuove. Le modifiche sono semplici, ma sono tante, per cui di questi campioni essenzialmente sono stati ridotti i danni di una delle loro abilità:

Ezreal (tutto ritorna a qualche patch fa), Leona, Malzahar, Maokai, Ornn, Zoe, Jarvan.

Altri invece sono stati pompati:

Karthus, Bard, Ivern, Camille, Riven, Zyra.

DARIUS è stato veramente spinto verso l’alto, in quanto gli hanno aumentato i danni da sanguinamento e l’attacco fisico ottenuto con la passiva.

È CADUTO L’ULTIMO POSSESSORE DEL RUBAVITA MAGICO

La passiva di Morgana non concede più rubavita magico, ma cura Morgana quando le abilità colpiscono campioni, carretti e mostri grandi (l’effetto è lo stesso, ma ora ha un altro nome), inoltre la W vede ridotto il suo CD quando colpisce uno dei target descritti prima.

GIUSTO 2 PAROLE PER GLI OGGETTI

I cambiamenti riguardano solo i colossi:

Il corpetto di rovi infligge meno danni base, ma ora ha uno scaling con l’armatura, e Il mantello del sole infligge più danni ai campioni.

SEGNI PIU’ E MENO PER LE RUNE

Parecchie rune sono state modificate, ma in maniera molto trascurabile… i cambiamenti veramente evidenti riguardano il ramo della precisione:

-Ridotto il cooldown di Tempo letale;

-Aumentata la cura fornita da Piede lesto;

LA PATCH NELLA PATCH – 7.24B

Alcuni campioni continuavano a soffrire per le rune, per cui nella 7.24B è stato aumentato l’attacco fisico base dei toplaner e sono stati rimossi 2 punti dalla letalità agli oggetti.

UNA NUOVA MODALITA’

In occasione dello Snowdown, quest’anno è stata rilasciata una nuova modalità di gioco: la ARURF.

Essenzialmente è una URF, ma con una limitata pool di campioni (è possibile utilizzare solo campioni a tema “freddo”), ma è possibile avere come incantesimi d’evocatore solo FLASH e MARCHIO, e quest’ultimo ricopre mezza mappa!

Per quest’anno il tribush si ferma qui, aspettiamo di scoprire come evolverà il meta nel nuovo anno, e se incontrate i classici flamer non dimenticatevi di augurar loro delle buone feste!

 

Giulio Ciambrone