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Il delicato equilibrio di mente e corpo tra scienza e arte

obesitàCOSENZA – “Mens sana in corpore sano” è l’espressione latina più conosciuta per descrivere la stretta relazione che esiste tra mente e corpo. Un rapporto che può essere letto – e risulta veritiero – partendo da entrambi gli elementi e che risulta oggi al centro di numerosi dibattiti scientifici e di ricerche.

“Quando la mente si serve del corpo: disturbi da somatizzazione” è il titolo del convegno che si è svolto ieri presso l’Ordine dei Medici di Cosenza, a cura della sezione locale dell’Associazione Mogli Medici Italiani. Un tema controverso, non sempre affrontato con attenzione, anzi solitamente in punta di piedi e con pudore, quasi ad aver paura di renderlo troppo reale e presente. Eppure sono aspetti quotidiani, che incidono sulla vita di un numero sempre crescente di persone, soprattutto nei paesi industrializzati e sviluppati: attacchi di panico, anoressia, depressione, ecc.

Un appuntamento dunque per certi versi necessario, che ha avuto il pregio di affrontare la delicata questione da diversi punti di vista. Multidisciplinari e competenti i relatori che hanno tenuta viva l’attenzione del pubblico con argomentazioni di tipo medico, psicologico, ma soprattutto esperienziale.

Sotto la guida del presidente dell’Ordine Eugenio Corcioni hanno preso la parola Angela Funaro, psicoterapeuta e dirigente dell’Asp, e Santino Gaudio, psichiatra e ricercatore di fama internazionale. Entrambi hanno proposto un approccio di tipo scientifico, rintracciando le cause dei disturbi di somatizzazione e le loro conseguenze, tracciando un filo evidente tra la percezione che si crea nella mente e i sintomi che si rendono visibili nel corpo.

L’attenzione si è focalizzata in modo particolare sui disturbi alimentari e sull’anoressia. Grande apprezzamento hanno suscitato in merito gli interventi della ballerina Mariafrancesca Garritano e del maestro Michele Villanova (stasera con uno spettacolo al Teatro Morelli), che hanno condiviso la loro testimonianza su quanto sia ingombrante la presenza di tali disturbi nel mondo della danza. Un assioma tra leggerezza e bellezza che i due artisti tentano di spezzare da diversi anni, portando avanti una decisa battaglia fatta di impegno, progetti, ricerche, ecc. Una determinazione che in alcuni casi li ha anche allontanati da certi ambienti, ma che non cede di un passo perché accompagnata da una convinzione forte e da una sana consapevolezza di sé. Intenzioni precise mitigate solo dalla dolcezza e dalla passione per l’arte vera che traspare con chiarezza dalle parole dei due ballerini. E non è mancata l’occasione per una amichevole tirata d’orecchie all’amministrazione comunale: al sindaco Occhiuto per non aver dato seguito ad un progetto pensato insieme e agli assessori Succurro e Bozzo per essere andati via appena dopo i saluti istituzionali.

Corretta percezione del proprio corpo, timore del giudizio altrui, risoluzione di traumi infantili: molteplici gli spunti di riflessione emersi. Ma le parole che meglio racchiudono il senso della serata arrivano dai due artistiche con forza hanno insistito sull’importanza dell’unicità di ogni persona. E sulla particolarità che nasce proprio dai difetti di ciascuno.

 

Mariacristiana Guglielmelli

 

“Amo la vita Storia di un malato di Sla” di Giacomo Guglielmelli: esistere e non sopravvivere

COSENZA – Una sala gremita ieri, presso la sede dell’Ordine provinciale dei Medici chirurghi e Odontoiatri nel centro di Cosenza, ha accolto l’invito degli organizzatori della manifestazione “Anatomia di un evento: segni e storie del Natale”, in occasione della quale si è tenuta nel pomeriggio la presentazione del libro “Amo la vita Storia di un malato di Sla” (Comet Editor Press, 2012).

Il libro, scritto da Giacomo Guglielmelli poeta e scrittore , nasce dall’incontro dello stesso con Cristian Filice, giovane 37enne che da quattro anni convive con la diagnosi della Sclerosi Laterale Amiotrofica, lungo una testimonianza che colpisce ed emoziona, ma soprattutto fa riflettere sul valore e le priorità che spesso nella quotidianità (non) si danno alle cose.

Il libro infatti, racconta la storia di Cristian e – riprendendo le parole della dott.ssa Agata Mollica che ha moderato gli interventi della presentazione –  il “superamento della dimensione della malattia verso l’apertura al mondo”.

Oltre la dott.ssa Mollica, erano presenti al dibattito, l’autore del libro, Don Giacomo Panizza che ne ha scritto la prefazione, il presidente dell’Ordine dei Medici Eugenio Corcioni e lo stesso Cristian Filice.

Ad introdurre l’incontro, una scena tratta dal celebre film “Natale in casa Cupiello”, interpretato da Eduardo De Filippo, a richiamare le ragioni dell’evento che ha ospitato la presentazione, ovvero la volontà dell’ordine di celebrare il Natale con una manifestazione che, attorno al senso della natività e del presepe, innescasse delle riflessioni sul cambiamento del modo di “vivere” questo periodo dell’anno.

Il presepe, la famiglia, l’intimo degli affetti che spesso indispensabile per affrontare le difficoltà; cui nel caso di Cristian, protagonista del libro, si sono uniti a una rete di relazioni affettive esterne al nucleo famigliare rivelatisi indispensabili per affrontare la quotidianità con addosso il fardello di una malattia invalidante. In questa rete di affetti rientra proprio lo stesso autore del libro, Giacomo Guglielmelli che offre il proprio supporto a Cristian da diverso tempo e che, con il libro, ha deciso di dare un ulteriore input a questo suo “ruolo” donando– come ha dichiarato lo stesso autore – “voce a chi voce non può avere, in modo che l’esperienza narrata accomuni e coinvolga anche chi non la vive in prima persona”. Quello dell’autore è un vero e proprio invito a “condividere e rivolgersi al prossimo”, indipendentemente dalle proprie credenze religiose.

L’esperienza della condivisione e del racconto come accrescimento personale e apertura verso l’esterno, è stato il concetto ripreso anche nell’intervento di Don Giacomo Panizza, personalità celebre per il suo impegno sociale in Calabria da circa quarant’anni. “Per vivere appieno le esperienze è necessario sapere darvi un nome, saperle raccontare, dunque sapere leggere e scrivere”, per questo è necessaria la massima apertura e il massimo sostegno affinché anche chi “non sa di saper leggere le cose belle della vita” ne divenga capace.

Don Giacomo ha sottolineato come spesso si tenda a dare tutto per scontato, senza porsi troppe domande su ciò che si ha intorno, sul senso delle cose, sul senso della vita; chi soffre una malattia da questa prospettiva possiede una marcia in più, perché supera la barriera del “consueto” e “coglie il da farsi senza poterlo fare”. E’ qui, nel modo in cui si affronta il quotidiano, che risiede la sottile differenza tra vivere e sopravvivere; riprendendo le parole del sacerdote: “esiste una logica dell’esistere, diversa da quella del sopravvivere: e questo è nel libro, l’esistenza e non il sopravvivere. La malattia fa vedere cose diverse, realtà diverse; aiuta a focalizzare non su quanto tempo si ha nella vita, ma su quanta vita c’è nel tempo che abbiamo”.

A concludere la presentazione, la testimonianza del protagonista del libro, portavoce del messaggio in esso veicolato, di cui è saltata subito all’occhio la tenacia e la determinazione nel combattere la malattia, ma anche il pregiudizio e l’indifferenza che purtroppo spesso si manifesta anche a livello istituzionale, con una società che non è in grado di tutelare chi per forza di cose non può condurre una vita “normale”.

“La malattia è la prigione del mio corpo, ma io non mi rassegno, voglio vivere, amo la vita”.Queste le parole di Cristian che ha poi proseguito: “spesso comprendiamo il valore delle cose nel momento in cui stiamo per perderle, quando invece sarebbe sufficiente viverle giorno per giorno; in questo senso la Sla mi ha consentito di andare oltre, di non dare le cose per scontare e capire che nella vita ci sono dei doni, il primo fra tutti la famiglia”. Il ruolo della famiglia e degli affetti che è fondamentale, e che acquista ancor di più un valore se rapportato a chi è affetto da patologie pervasive.

Un messaggio forte ed importante quello trasmesso ieri nel corso dell’incontro che è stato accolto in maniera particolarmente partecipata dai presenti nel pubblico, tra cui è importante citare Maurizio Casaddio, presidente dell’AISLA/RC, il quale, tra l’altro, ha contribuito alla stesura del libro con la propria testimonianza dal punto di vista del malato.

 

Giovanna Maria Russo