Massimiliano Capalbo: il segreto è “abbattere i recinti”

La terra dei recinti“Non sono qui per vendere un libro ma per accendere fuochi sotto la cenere”. A parlare è Massimiliano Capalbo, un imprenditore eretico  (come ama definirsi), calabrese, che nella vita, piuttosto che scegliere di adeguarsi ai suoi conterranei nell’affannosa ricerca di favori politici, ha scelto di avviare un’attività, senza aiuti, inseguendo il suo “talento”, a dispetto degli stereotipi che troppo spesso impediscono alla Calabria di creare valore con ciò che ne rappresenta un plus.

Di questo, e di molto altro, racconta nel suo ultimo libro “La terra dei recinti”, edito da Rubbettino. Un testo diretto, efficace, semplice, in cui l’autore mira a sfatare luoghi comuni, pregiudizi e false credenze che fino ad oggi hanno impedito, al Sud, di “salvarsi”.  E lo fa cercando di non cadere mai nel banale, raccontando un esempio pratico, il suo, che da quando ha iniziato ad occuparsi di turismo, ha girato in lungo e in largo questa Regione, la sua Regione, per arrivare a dimostrare che la Calabria non è seconda a nessun’altra. Semmai lo sono i calabresi. Cresciuti nel complesso d’inferiorità, convinti che comunque vada saranno sconfitti, vivono una vita attorniati da false credenze, completamente assorbiti dalle comodità dentro le quali sono stati abituati, coccolati da una generazione che,avendo sofferto la fame, ha cercato di restituire ai figli tutto ciò che le era mancato e finendo quindi inevitabilmente col sfornare una serie di “professionisti” che, inevitabilmente, oggi “fanno la fame”.

E se in epoca moderna, nella nostra terra, sopravvivono più disoccupati che talentuosi e settori come la sanità diventano un pericolo per la vita umana, è solo perché abbiamo passato la vita a convincerci che piuttosto che allenare il nostro talento e rischiare di diventare “qualcuno” dovendo fare troppi sacrifici, preferiamo consolarci con ruoli e professioni più o meno detestabili ma che aiutano a trovare lavoro.

CapalboRacconta di questo, Capalbo, e di come siamo abili a mettere i bastoni tra le ruote a chiunque nel proprio piccolo voglia “provare” a fare qualcosa, di come tarpiamo le ali ai nostri figli, pronti a proteggerli da qualunque caduta, come se cadere fosse davvero il male peggiore rispetto al non essere in grado di rialzarsi. E’ un fiume in piena mentre si rivolge ad un pubblico elitario ma incantato, che lo osserva assorta e curiosa di scoprire anche essa la ricetta della felicità. Qualcuno, durante il suo mini “convegno” a Castiglione Cosentino, ci prova a dargli contro e a dimostrare che la sua, in realtà, è una teoria semplicistica ma Massimiliano Capalbo è una di quelle persone estremamente positive a cui la vita sembra aver già dato le risposte o che, forse, le risposte sembra averle trovate dentro sé stesso.

Perché se è vero che nel suo testo analizza nel dettaglio i problemi, è altrettanto vero che in esso offre delle possibili soluzioni, come quella di imparare ad ascoltare i propri bisogni e aver fiducia nelle proprie capacità, consapevoli che non esistano limiti laddove è la volontà a volerli superare.

“Se qualcuno vi dice che siete folli, allora vuol dire che state facendo bene” dice rivolgendosi ai presenti nella speranza di averli convinti a tentare di inseguire il proprio sogno anche se questo comporta investire i propri soldi e rischiare un fallimento.

Il suo libro è un monito. Non una Bibbia, non una legge assoluta. Semplicemente il pensiero di qualcuno che ha scelto di non accontentarsi, di non vittimizzarsi, di non chiedere nulla ai politici. Una di quelle persone che, per dirla alla Steve Jobs, “think different” ma che, diversamente pensa davvero,  non come chi trascorre un’intera giornata a far la fila per acquistare lo stesso oggetto del mondo intero. Una perla, in questa Regione dove “l’arte di chiacchierare del peggio e del nulla, prefigurando il meglio e il tutto in un futuro sempre promesso e mai arrivato”, è davvero troppo diffusa.

Lia Giannini

 

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