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San Giovanni in Fiore, il sapore della terra nella capitale della Sila

SAN GIOVANNI IN FIORE (CS) – Capitale culturale, naturale e gastronomica dell’altopiano silano, San Giovanni in Fiore è un paese del cosentino incastonato nelle montagne bruzie.

Crocevia strategico per molte civiltà in svariati periodi storici, diventa centro religioso e culturale nel Medioevo grazie a Gioacchino da Fiore, abate originario di Celico.

L’abate di formamentis cistercense, fonda l’ordine dei monaci Florensi e con esso il protocenobio di Jure Vetere nel 1194 (a circa 5km dall’attuale centro abitato), in seguito distrutto da un incendio. La ricostruzione dell’attuale Abbazia Florense inizia nel 1215 e termina nel 1230,  postuma alla morte di Gioacchino avvenuta nel 1202 presso Pietrafitta. Citato anche da Dante Alighieri nella “Divina Commedia” , le sue opere (su tutte il Liber Figurarum) diventano emblematiche per la fondazione dell’attuale San Giovanni in Fiore. 

L’influenza storica è fondamentale per la capitale silana che, dal punto di vista antropologico è nettamente legata a tradizioni e folclore.

L’attaccamento alla terra già acclarato, è bivalente sia per quanto riguarda il patriottismo, perno centrale della comunità sangiovannese, sia per quanto riguarda l’agricoltura. L’attaccamento alle origini è dovuto soprattutto alla conquista dei terreni, al brigantaggio (pratica più volte condannata ma di ruolo rilevante per la conquista del senso di “calabresità”) e al sentimento di melanconia dovuto all’emigrazione che colpì tutto il territorio calabrese nei primi decenni anni dello scorso secolo. Terra fertile quella Bruzia che dava il sostentamento ideale alla maggior parte della comunità, le quali appartenevano al ceto contadino. Pochi erano i borghesi che, soprattutto nel periodo delle festività, erano guardati con diffidenza poiché il distacco sociale aumentava. Il dislivello era amplificato in maniera esponenziale dal punto di vista gastronomico: in una terra in cui la famiglia gioca un ruolo di primo piano, i pasti sono determinanti per mantenere l’equilibrio della casa.

Tradizioni

D notare un distacco imponente nelle festività tra le tavole imbandite di leccornie dei borghesi e quelle dei contadini povere di piatti elaborati è cosa poco gradita a questi ultimi. Da questo sentimento di rivalsa nasce la regina della tavola sangiovannese: la pitta ‘mpigliata. Dolce natalizio contadino nato da ciò che la terra dava agli agricoltori: uva passa, noci, miele, olio, ecc. Rielaborata nel tempo la ricetta viene arricchita con il passare degli anni con l’aggiunta di liquori come l’anice o il vermouth, cannella, succo di arancia, spezie come il garofano. La forma è rotonda (pitta) costituita da un impasto, formato da farina, olio, zucchero, succo d’arancia e scorza di mandarino, il quale viene fatto riposare per circa una notte. Contemporaneamente all’impasto viene preparato il ripieno che varia in base alla tradizione familiare, ma che è accomunato dalla presenza di uva passa, noci, cannella e garofano. Dopo aver messo a riposo per una notte anche il ripieno, si stende l’impasto e si aggiungono in piccole quantità zucchero e olio. Come operazione finale si aggiunge il ripieno e si forma la pitta. La tradizione vuole che le pitte ‘mpigliate della comunità vengano cotte tutte insieme nei forni del paese, contraddistinte da un simbolo così da distinguerle le une con le altre. Tra le freddi nevi che imperversano sulle montagne della Sila nel periodo natalizio, la pitta ‘mpigliata riscalda i cuori dei calabresi che ritrovano davanti al camino di casa la loro vera identità: non più schiavi delle civiltà ma padroni della loro terra. 
Antonio Guarascio
 

“Tra Le Note e Le Stelle”, tutto pronto per la prima edizione

CASSANO ALLO JONIO (CS) –  Nei giorni 07/08/09/ settembre 2018 si terrà la prima edizione de “ Tra Le Note e Le Stelle” a Cassano Allo Ionio presso il Santuario Abbazia Madonna Della Catena.Una Rassegna di giovani – Ensemble e cori – in un viaggio itinerante sotto il cielo di Cassano,a cura dell’Associazione musicale” The Voice of soul “.

Patrocinato dall’Associazione musicale The Voice of soul e dalla Diocesi di Cassano all’Ionio. L’amore per la musica e per il proprio territorio ha portato la neo-associazione a promuovere una manifestazione musicale presso il Santuario dove sarà arricchita da una Masterclass e laboratorio di canto con il grande soprano Rosaria Buscemi . L’artista originaria di Spezzano Albanese si esibirà con il “Bel canto ”.Sarà emozionante far conoscere al paese la tradizione musicale italiana da un esteta eccezionale.

Il coro The voice of Soul nasce nella culla dell’ Eiano dall’iniziativa spontanea di Suor Caterina Croci con un gruppo di giovani cassanesi con l’intento di promuovere, diffondere e annunciare il vangelo e i valori etici della vita attraverso l’arte della musica.

La direzione del coro è affidata alla giovane Elvira Roberta Gaetani, con il supporto di altri musicisti provenienti dal Conservatorio di Cosenza di Musica “Stanislao Giacomantonio”. Il coro, oggi divenuto Associazione musicale, con presidente Sr. Caterina Croci è affiancato dalla guida spirituale di Don Annunziato Laitano. Le notti stellate di inizio settembre ospiteranno, nei luoghi dell’Abbazia, musicisti, cori ed ensemble, che accompagneranno lo spettatore in un viaggio itinerante alla scoperta del luogo e dei talenti che si esibiranno. La manifestazione “Tra le note e le stelle” si concluderà con la serata di gala, concerto del soprano Rosaria Buscemi e degli allievi che parteciperanno alla sua Masterclass.
Anna Maria Schifino

A San Basile un incontro per la valorizzazione del Monastero Basiliano

SAN BASILE (CS) – Si svolgerà giorno 8 giugno alle ore 18, nei pressi della piazza antistante il Monastero Basiliano, un incontro per dialogare con la locandina san basile evento 8 giugnocomunità sul tema de “La valorizzazione dell’Abbazia”. Tra le mura del Monastero Basiliano tanti giovani illuminati si sono formati nel percorso cristiano. Generazioni di ragazzi della comunità hanno incontrato gli ospiti dello studentato religioso che negli anni qui hanno abitato. Eccellenza culturale e religiosa sta per essere ridonata alla fruizione della comunità e dei turisti preservando il carattere storico, la sua essenza, con uno sguardo rivolto al futuro, per essere attrattore e comunicatore dei saperi della città di San Basile. Parteciperanno all’incontro l’Amministrazione comunale di San Basile con il Sindaco, Vincenzo Tamburi, il Vescovo della Diocesi di Lungro, Monsignor Donato Oliverio, per confrontarsi sul futuro di ciò che potrà essere il luogo storico-religioso della comunità arbereshe e vivere la consegna ufficiale al termine dei lavori. Introdurrà i lavori l’assessore alla Cultura di San Basile, Maria Giovanna Masci. Saranno presenti il Centro Culturale Anziani, Gruppo culturale comunale, Ecomuseo del paesaggio, Sportello linguistico, Associazione Malemalegroup, ProLoco San Basile. Dove la cultura religiosa-bizantina trovava la forma più alta e il momento più intenso di vicinanza con Dio, luogo da valorizzare e preservare nella sua identità, l’amministrazione spera di riportare i Monaci allestendo una biblioteca con una specificità sull’oriente cristiano, sale con esposizioni permanenti di abiti tradizionali e icone oltre che realizzare eventi che consentano ai turisti di calarsi appieno nel contesto spirituale e culturale.

Lei contro Lei

Lei contro Lei-spettacolo isterico  è il titolo di uno spettacolo teatrale, moderno e brillante, di Maria Teresa Guzzo.

Attraverso un linguaggio semplice e dinamico la performance ripercorre la storia di due donne di generazioni diverse che in seguito ad una serie di incontri/scontri si confrontano sulle loro storie di vita scoprendo molte analogie. Il lavoro si propone di indagare in maniera ironica su vari aspetti antropologici e sociali riferiti alla figura femminile del nostro tempo. Un viaggio attraverso il quale  si affrontano vari temi, dalla cultura derivante dalla televisione  ai tabù sulla sessualità, dal   vivere in un paese alla complessità delle amicizie al femminile. Condito di pepe e con una scenografia in continuo movimento, non è uno spettacolo solo di prosa ma anche sonoro e fisico, non è uno spettacolo solo in italiano ma anche in dialetto. In scena vi è Maria Teresa Guzzo che oltre ad essere drammaturga e regista è anche attrice e Mariateresa Caputo attrice.

30 Agosto, davanti Abbazia Florense (evento Incontrarte), San Giovanni in Fiore (Cs).

Gioacchino da Fiore, il profeta di Dio.

La più grande personalità del Medioevo che troviamo nella cittadina di San Giovanni in Fiore è senza ombra di dubbio l’abate Gioacchino da fiore. Egli nacque a Celico dal notaio Mauro e da sua moglie Gemma intorno al 1135 c.a. La sua formazione fu prettamente latina ed egli non ebbe nulla a che fare con i monaci greci, che al suo tempo avevano una posizione predominante nella Calabria meridionale, ma del tutto trascurabile in Val di Crati e nella Cosenza normanna. Ricevette le prime nozioni di educazione scolastica nella vicina Cosenza, dove spinto dal padre lavorò presso l’ufficio del Giustiziere della Calabria. A causa di contrasti insorti sul posto di lavoro, andò a lavorare presso i Tribunali di Cosenza. In seguito il padre riuscì a fargli ottenere un posto presso la Corte normanna a Palermo, dove lavorò prima a diretto contatto con il capo della zecca, con i Notai Santoro e Pellegrino ed infine presso il Cancelliere di Palermo l’Arcivescovo Stefano di Perche. Entrato in disaccordo anche con Stefano si allontanò definitivamente dalla Corte Reale di Palermo per compiere un viaggio in Terrasanta. Nel viaggio maturò un profondo distacco dal mondo materiale per dedicarsi allo studio delle Sacre Scritture e rientrato in patria Gioacchino si ritirò dapprima in una grotta nei pressi di un monastero italo-greco posto sulle falde del monte Etna, poi tornò con un suo compagno a Guarassano, nei pressi di Cosenza. Qui fu riconosciuto e costretto ad incontrare il padre, che lo aveva dato per disperso. Al padre confessò di aver smesso di lavorare per il re normanno per servire il Re dei Re, Dio. Visse circa un anno presso l’Abbazia di Santa Maria della Sambucina, a Luzzi, che negli anni 1152-53 passava dai Benedettini ai Cistercensi, da cui si allontanò poi per andare a predicare dall’altra parte della valle vivendo nei pressi del guado Gaudianelli del torrente Surdo, vicino Rende. Poiché al tempo la predicazione di un laico non era ben accetta, Gioacchino compì un viaggio fino a Catanzaro, dove fu ordinato sacerdote. Secondo le fonti, nel 1177 Gioacchino venne eletto abate di Santa Maria di Corazzo, ma rinunciò scappando dapprima nel monastero della Sambucina, poi nel monastero del legno della croce di Acri poiché la vera ambizione di Gioacchino non era raggiungere un titolo, ma a studiare la Sacre Scritture e predicarle alla gente. Tuttavia riuscì a convincersi. In qualità di abate compì un viaggio nell’Abbazia di Casamari, nel Lazio tra il 1182 e il 1184. Durante la sua permanenza nell’Abbazia incontrò il papa Lucio III che gli accordò la “licentia scribendi“. Le sue dottrine ed il suo ideale di vita monastica austera e rigorosa, lo misero in urto con il suo Ordine dal quale intorno nel 1188 si staccò poiché non condividevano il suo continuo girovagare così distante. Il Papa Urbano III lo prosciolse così dai doveri abbaziali autorizzandolo a continuare a scrivere. Nel 1194 Gioacchino ebbe in concessione da Enrico IV un vasto tenimento in Sila e ottene privilegi sovrani su tutta la Calabria. Profondamente convinto del suo messaggio e ritenendosi “chiamato” ad una vera e propria funzione profetica, fondò una sua Congregazione Florense alla confluenza dei fiumi Arvo e Neto, in località Fiore, dove edificò un piccolo ospizio. In seguito all’aumentare del numero dei suoi seguaci, iniziò la costruzione di quella che doveva diventare l’Abbazia Madre dell’Ordine Florense. L’Abbazia venne dedicata a S. Giovanni Evangelista, alla Vergine ed allo Spirito Santo. Intorno all’edificio iniziarono a sorgere le abitazioni di allevatori, pastori, cacciatori, raccoglitori di pece e di tutti coloro che si insediavano in Sila per sfruttarne le grandi risorse naturali. Velocemente si formò un borgo che prese il nome del santo a cui era dedicata la chiesa e del posto sul quale la chiesa fu edificata: San Giovanni in Fiore. Gioacchino morì il 30 marzo 1202 presso Canale di Pietrafitta e fu seppellito nel monastero florense di San Martino di Canale. Il suoi resti furono traslati nell’abbazia di San Giovanni in Fiore verso il 1226, quando la grande chiesa era ancora in costruzione. L’abate Matteo, successore di Gioacchino, continuò l’opera ampliando le fondazioni florensi, nel periodo del suo abbaziato (1202-1234), l’ordine florense vantava oltre cento filiazioni, tra abbazie, monasteri e chiese, ognuna dotata di ampi tenimenti-tenute e possedimenti vari, sparse in Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Toscana e rendite che provenivano anche dalle lontane terre di Inghilterra, Galles e Irlanda.

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