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A Catanzaro Lido convegno sul tema “La cura. Esperienze, valori e prospettive da scoprire”

CATANZARO – Sono stati oltre 200 i giovani studenti dei licei dell’istituto “E. Fermi” di Catanzaro Lido, guidato dal dirigente Antonio Macrì, presenti al convegno sul tema “La Cura esperienze valori e prospettive da scoprire”, tenutosi nei giorni scorsi su iniziativa del distretto di Catanzaro Lido diretto da Maurizio Rocca. L’iniziativa è stata promossa nell’ambito delle attività del progetto Home Care Premium, cofinanziato dall’Inps, ed ha avuto lo scopo di fornire alla popolazione studentesca un quadro dettagliato sulle caratteristiche operative e sulle opportunità, anche di tipo professionale, offerte dal settore di cura. All’incontro hanno fornito il loro contributo esperti del settore, docenti universitari, beneficiari del progetto, amministratori pubblici.
Una prima novità, presentata nel corso dei lavori, ha riguardato la conclusione di un percorso di formazione realizzato con un gruppo di 30 care-giver (familiari che curano). Il corso, svolto con il supporto tecnico della coop “Anziani e non solo” di Carpi, è stato realizzato tramite lezioni di tipo frontale ed unità didattiche tematiche fruibili on-line. I partecipanti al corso hanno anche attivato un gruppo di auto-mutuo aiuto per la condivisione di esperienze, difficoltà e soluzioni adottate nei percorsi di cura.
Molto apprezzato dal direttore generale dell’ASP di Catanzaro, Giuseppe Perri, il coinvolgimento e la concreta sinergia realizzata con l’istituto “E. Fermi” grazie alla quale è stato possibile dare ai ragazzi nuovi strumenti per comprendere e realizzare, pure con il loro futuro impegno, un moderno e più efficace sistema di cura per i cittadini.
Il tema dei rischi di salute a cui vanno incontro i familiari impegnati nella cura di un congiunto non autosufficiente è stato il tema della relazione di Guido Giarelli, docente di sociologia presso l’università Magna Graecia di Catanzaro. La valorizzazione dei care-giver è per il distretto di Catanzaro Lido un obiettivo da perseguire anche attraverso lo sviluppo di nuovi strumenti come potrebbe essere un’apposita legge regionale. Di questa possibilità hanno discusso il vice presidente della commissione consiliare sanità della regione Calabria, Sinibaldo Esposito, il vicesindaco di Catanzaro, Gabriella Celestino, il dirigente regionale Antonio De Marco, il direttore del distretto Maurizio Rocca. Piena condivisione tra i relatori sulla necessità di individuare, anche per la popolazione calabrese, forme di tutela dei familiari che si dedicano alla cura di persone non autosufficienti.
Al tema delle opportunità di lavoro, disponibili nel settore di cura, è stata dedicata una specifica sessione del convegno, coordinata dal sociologo Franco Caccia, responsabile del progetto HCP per l’ASP di Catanzaro. L’esperienza di HCP, avviata da circa 3 anni nel distretto di Catanzaro Lido ha rappresentato una concreta dimostrazione di come il nuovo welfare di cura possa dare anche risposte occupazionali. Sono stati ben 320 i  contratti di lavoro attivati per l’erogazione delle prestazioni alle 300 famiglie beneficiarie del progetto HCP. Al dibattito ha anche partecipato il professore emerito di sociologia del lavoro e dell’organizzazione  presso l’università la Sapienza di Roma, Domenico De Masi, il quale ha fornito preziose indicazioni agli studenti. Tra queste  il suggerimento di sintonizzarsi per tempo su un’idea del lavoro, tipico delle società post-industriali, in cui tendono ad aumentare i bisogni immateriali e relazionali. In questa realtà diventano centrali alcune caratteristiche del lavoratore quali la creatività, la capacità di lavorare in gruppo, la capacita di personalizzare gli interventi per le persone beneficiarie.

Trattamenti utili per combattere la capsulite

ALTOMONTE (CS) – La capsulite adesiva, precedentemente chiamata spalla congelata, è una patologia caratterizzata da una grave perdita della mobilità della spalla. I pazienti affetti da questa patologia presentano una registrazione dolorosa della mobilità sia attiva che passiva ed una perdita globale dei movimenti della spalla in tutti i piani. Questa condizione insorge principalmente in soggetti di età compresa tra i 40-60 anni, con maggiore incidenza nelle donne. La capsulite adesiva si associa spesso a condizioni mediche come il diabete, l’ipertiroidismo, le malattie ischemiche – cardiache, l’artrite reumatoide e la spondilosi cervicale; l’associazione più significativa è con il diabete insulino – dipendente.spalla congelata La capsulite adesiva è caratterizzata da tre stadi. Il primo dura all’incirca tra i 3 e i 6 mesi ed è quello del congelamento (freezing) caratterizzato dallo sviluppo di un dolore acuto e intenso alla spalla, il quale tende ad aumentare la notte durante il movimento, provocando di conseguenza un senso di malessere che si irradia per tutto il braccio.

Spesso non è possibile individuare un evento traumatico che abbia dato inizio al dolore. Sfortunatamente molti di questi pazienti vengono trattati con l’immobilizzazione, la quale non fa altro che peggiorare il processo di congelamento. Il secondo stadio è la fase di progressiva rigidità che dura dai 3 ai 18 mesi. Durante questo periodo il dolore a riposo di solito diminuisce, lasciando una spalla con limitazioni nel movimento. Le attività della vita quotidiana risultano molto difficoltose. Il paziente lamenta difficoltà a fare dei banali movimenti come raggiungere la tasca posteriore dei pantaloni, allacciarsi il reggiseno, pettinarsi. Lo stadio finale è quello della risoluzione per la quale ci vogliono dai 3 ai 6 mesi, ed è caratterizzato da una lenta ripresa del movimento. La diagnosi di capsulite viene fatta dal medico in base ad una buona anamnesi (inizio e durata dei sintomi, descrizione di eventuali precedenti traumi, eventuali patologie mediche associate) e ad un buon esame obiettivo (in generale perdita della mobilità passiva ed attiva) confermata dalla normalità dell’esame radiografico.

Sebbene la capsulite adesiva venga considerata un evento a risoluzione spontanea può produrre disabilità per mesi o anni, ragion per cui, richiede un trattamento non appena sia stata posta la diagnosi.

La cura iniziale deve comprendere un trattamento fisioterapico aggressivo per recuperare il rom (range di movimento) articolare. Nella fase iniziale dolorosa lo scopo è quello della riduzione del dolore ed il riacquisto della mobilità perduta. In quest’ultima , o in quella di congelamento, la riduzione del dolore è essenziale per la guarigione attraverso l’utilizzo di farmaci antinfiammatori e iniezione intrarticolare di corticosteroidi. Tutto ciò si può ottenere tramite terapie fisiche come gli ultrasuoni, la tecarterapia, il laser e l’applicazione di caldo umido prima della terapia e di ghiaccio alla fine della seduta. Per la mobilità si effettueranno esercizi senza alcuna restrizione sul movimento ma comunque controllati.

Il paziente e il fisioterapista infatti devono comunicare tra loro per evitare danni (lesioni).

Inoltre importanti sono tutti gli esercizi di allungamento e stretching. Il fisioterapista fin da subito deve insegnare al paziente un programma di esercizi da eseguire a casa. Quando poi diminuirà il dolore alla spalla, oltre ad un miglioramento visibile della mobilità, si passerà alla seconda fase, durante la quale si aggiungeranno esercizi di rinforzo muscolare mentre nella fase più avanzata si effettueranno con elastici e pesetti. Nell’ultima fase, quando si vedrà un significativo recupero funzionale del movimento, cioè il paziente tornerà a fare quei movimenti che prima erano impossibilitati oltre alla scomparsa del dolore, diminuiranno progressivamente le sedute fino alla conclusione del ciclo terapico. Nonostante ciò il paziente dovrà eseguire esercizi di mantenimento a casa.

Dott. Fisioterapista Mario Turano, Via Aldo Moro, Altomonte (CS), cell. 348 8841170