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Scomparsa Paolo Pollichieni, i messaggi di cordoglio

COSENZA – La prematura scomparsa del giornalista Paolo Pollichieni, direttore de “Il Corriere della Calabria”, ha lasciato la famiglia, gli amici e i colleghi nello sconforto. Diversi i messaggi di cordoglio che giungono da parte del mondo istituzionale, civile e delle associazioni di settore.

IL MESSAGGIO DEL SINDACO DI COSENZA MARIO OCCHIUTO

«Con profondo sconcerto e incredulità apprendo della prematura scomparsa di Paolo Pollichieni, professionista per il quale ho sempre nutrito stima sincera e di cui fatico a pensare che non sia più tra noi. Fuori da ogni retorica, Paolo era davvero quel che si dice un cronista di razza. Capace di raccontare sia fatti di politica che di ‘ndrangheta, per esempio, col piglio di chi sa veramente il mestiere. Non a caso era un riferimento di credibilità per gli stessi amministratori che finivano nella sua lente di ingrandimento o nelle sue interviste. Ne mancheranno le disamine e le attente analisi critiche, in particolare sulla realtà calabrese. Il mio pensiero, oltre che alla moglie ai figli, attorno a cui ci stringiamo, va all’editore del Corriere della Calabria, Paola Militano, e ai tanti cronisti che si sono alternati nelle redazioni da lui dirette, perché in Paolo Pollichieni hanno potuto trovare un padre che lascia nei suoi insegnamenti una bussola da seguire».

LE PAROLE DI KLAUS ALGIERI, PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI COSENZA

«Ci lascia un grande giornalista, capace di raccontare le contraddizioni di una regione difficile. Cronista di valore e direttore coraggioso, Paolo Pollichieni ha allevato generazioni di giovani talenti dell’informazione. Spetta a loro adesso continuare il lavoro di Paolo. Ci sentiremo tutti orfani di una firma autorevole. Ci mancheranno i suoi articoli e la sua rubrica.  Mi unisco al cordoglio della famiglia, della redazione del Corriere della Calabria e dell’editore Paola Militano».

NATALE MAZZUCA, PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI CALABRESI

«Con Paolo Pollichieni – scompare un giornalista di razza, acuto, brillante ed attento. Con il Corriere della Calabria, di cui era direttore, trasformando il settimanale di inchiesta ed approfondimento in un giornale on line, ha anticipato, insieme alla sua redazione, il modo di fare giornalismo sul web, al punto da farlo diventare un riferimento importante per l’opinione pubblica, per chi volesse aggiornarsi in tempo reale, approfondendo tematiche legate allo sviluppo del territorio. Gli industriali calabresi si uniscono al cordoglio della famiglia, dei giornalisti ed operatori della redazione del giornale e dell’editore Paola Militano».

Foto Oggisud.it

Intercettazioni e diritto all’informazione. Al Pezzullo un convegno sulla libertà di stampa

COSENZA – Settantatré èliberta di stampa il numero che sancisce la posizione dell’Italia nella classifica relativa alla libertà di stampa. Ultimi tra i paesi europei, un passo indietro persino rispetto a zone come la Mongolia e il Burkina Faso. Una retrocessione, in riferimento al 2013, che la dice lunga su come parlare oggi di libertà di stampa nella sua accezione più ampia, sia al limite del paradosso. Conflitti d’interessi, ostruzionismo politico, minacce, abusi di potere, violenze psicologiche e non rappresentano l’ordinario con cui, in Italia e non solo, si trovano a combattere i giornalisti, quelli veri, che non si comprano, che fanno il loro lavoro a qualunque costo, che hanno paura ma la paura hanno imparato a gestirla per amore della verità. Quelli che sono costretti a vivere una vita sotto scorta o che, nei casi più estremi, pagano con la vita la passione per un mestiere tra i più sottovalutati. “Non eroi”, ribadiscono spesso, «ma uomini onesti e professionali che hanno sposato il valore dell’onestà».

Una riflessione, espressa nel corso di un lungo dibattito organizzato dal circolo della Stampa di Cosenza, in collaborazione con l’onlus di volontari “Ossigeno”, un’associazione nata a tutela del diritto all’informazione, per promuovere la giornata mondiale della libertà di stampa. Un convegno, a cui hanno preso parte gli studenti dell’Istituto Pezzullo di Cosenza, durante il quale si sono confrontati i più esperti giornalisti calabresi. Tre intense ore in cui gli esperti dell’informazione hanno ragionato sul valore delle intercettazioni in ambito giornalistico e  giudiziario, attraverso le esperienze e gli esempi di alcuni cronisti, vittime della censura e del controllo. A moderare il lungo convegno, Gregorio Corigliano, Presidente del Circolo della Stampa.

liberta di stampa 2 A seguire,  Alberto Spampinato, direttore di “Ossigeno”, che ha svelato i motivi per i quali l’Italia oggi si ritrova fanalino di coda in materia di libertà di stampa. «Nel nostro paese siamo abituati a denunciare e ad evidenziare gli innumerevoli casi di ostruzionismo e rivalsa di cui sono vittime i nostri giornalisti. Se questo implica “una malattia”, è bene conoscerne la gravità fino in fondo». Ad Arcangelo Badolati, cronista della Gazzetta del Sud, è spettato il ruolo più tecnico che lo ha visto ribadire, ripercorrendo alcune tra le vicende più note della cronaca, da Padre Fedele ad Anna Falchi, l’inappropriato modo di utilizzare le intercettazioni telefoniche qualora queste non abbiano alcuna rilevanza ai fini investigativi. «Un bravo giornalista non è certo chi, per amicizia, riesce ad entrare in possesso di più o meno materiale. Un bravo giornalista è chi si reca sul posto, verificando con i suoi occhi, quanto più possibile, la notizia».  All’intervento di Badolati, si sono affiancati, sulla stessa scia, quello di Paolo Pollichieni, direttore del “Corriere di Calabria”, impegnato nelle inchieste antimafia, che ha ricordato come tra le motivazioni di tale censura, si nasconda, spesso, l’ assenza di editori puri. In entrambi gli interventi, incluso quello del direttore del Quotidiano del Sud, Rocco Valenti”, non sono mancati i riferimenti alla situazione politica attuale che veda la Calabria, e Cosenza in particolare, al centro di una campagna elettorale dai colori decisamente torbidi. «Sono allibito nell’ osservare come, tra le segreterie politiche, circolino liberamente uomini invisi giuridicamente, condannati e rei di reati penali importanti. Mi auguro che l’arrivo di Gratteri sancisca nuove regole e rimetta il giusto ordine» ha chiosato Badolati.

Esternazioni, quelle legate al mondo della politica, che spesso si attestano tra le principali cause di intimidazioni, come ricorda Nuccio Fava, profondo conoscitore dei metodi delle lottizzazioni data la sua esperienza personale che lo vide, nel 1992, sostituito da Bruno Vespa in Rai. Tocca a lui a rammentare la vicenda di Giulio Regeni, il giovane corrispondente ucciso in Egitto dai servizi di sicurezza a causa della sua attività di ricerca. Uno dei tanti giornalisti che, dell’espressione di Edgar Allan Poe, “Scriverò liberamente, sempre. Non voglio far altro, non so fare altro”, ne avrebbero potuto fare un claim di vita, se non gli fosse stata privata.

Lia Giannini

Presentato il libro in ricordo di Lea Garofalo: quando il “coraggio di dire no” non basta

COSENZA – Si è tenuta ieri presso la libreria Ubik di Cosenza, la presentazione del libro “Il coraggio di dire no. Lea Garofalo la donna che sfidò la ‘ndrangheta” dedicato alla storia di Lea Garofalo – vittima della ritorsione dell’ex compagno, pregiudicato appartenente a una cosca del crotonese – scritto dal giornalista Paolo De Chiara e pubblicato dalla Falco editore. Presenti al dibattito, moderato dal direttore responsabile del Quotidiano della Calabria Emanuele Giacoia, l’on. Angela Napoli componente Commissione Antimafia, Paolo Pollichieni direttore del Corriere di Calabria, l’editore Michele Falco e l’autore.

A circa un mese dal ritrovamento dei resti della giovane donna – che inizialmente si era pensato fosse stata sciolta nell’acido – sparita nel 2009 nel milanese dove si rifugiava per scampare ai suoi persecutori, esce questo libro che, nel ripercorrere le tappe della tragica vicenda, racconta lo spaccato di una società, spesso “impotente” o talvolta “distratta” dalla burocrazia, a tal punto da non essere in grado di tutelare una donna perseguitata, solo perché si era opposta all’ambiente malavitoso, cui pure “apparteneva” sin dalla nascita.

Questa l’unica colpa di Lea: l’essere nata in un contesto distorto e governato da logiche al di sopra della sua tolleranza; l’aver amato e poi rinnegato l’uomo sbagliato. Seppure il colpevole della scomparsa di Lea non sia esclusivamente l’esecutore materiale del delitto, ma tutto un gioco di forze di cui la donna si è ritrovata ad essere pedina. Perché Lea, perseguitata, è stata anche abbandonata; e non solo dalla sua stessa famiglia, ma l’abbandono più pesante che la donna ha subito è quello dello Stato.

E’ su questo doloroso aspetto che si sono concentrati gli interventi della presentazione, a cominciare da quello dell’on. Angela Napoli: “si parla troppo di legalità e antimafia, ma la vera lotta all’illegale non esiste; esiste invece una ‘zona grigia’, linfa vitale offerta alla ‘ndrangheta che si serve di essa”; questo per dire, riprendendo le parole della Napoli, che responsabile della morte della donna è in primis lo Stato, che non è stato in grado di tutelarla. Una vera e propria condizione di abbandono che si è incarnata nell’erroneo “status” conferito a Lea la quale, seppure non fosse direttamente coinvolta in nessun reato, è stata sempre considerata una collaboratrice di giustizia anziché una testimone. Questo ha comportato un diverso trattamento della sua causa, nonché un rilevante contraccolpo psicologico che subisce colui che è costretto a nascondersi di continuo cambiando vita e abitudini; condizione che per Lea è divenuta insostenibile al punto da decidere (dopo 7 anni di protezione provvisoria) di abbandonare il programma di protezione, andando incontro alla morte.

E ancora con le parole dell’on. Napoli, che segue da vicino vicende consimili a quella di Lea, “lo stato non può abbandonare colui che rifiuta lo status di collaboratore di giustizia, lavandosene le mani. Il testimone è una risorsa e la sicurezza gli dev’essere garantita a vita”.

A seguire l’intervento del giornalista Paolo Pollochieni, che aprendo sul libro ne ha sottolineato la puntualità e “cattiveria” che conducono il lettore ‘oltre’ la cronaca dei fatti: “negli ultimi tempi, si è passati dalla politica del negazionismo, alla massima popolarità della ‘ndrangheta, sino al rischio di veicolare informazioni sbagliate: non è il caso del libro di De Chiara; in esso emerge, al di là dell’inchiesta sulla storia della Garofalo, l’approccio ‘incostante e dilettantistico’ delle istituzioni, troppo spesso non in grado di insinuarsi nelle meccaniche malavitose e di far luce nella cosiddetta ‘zona grigia’”. Il direttore ha poi proseguito: “quella di Lea era una battaglia persa. Ma a perdere non è stata solo Lea, ma noi tutti e con noi le stesse istituzioni, inadeguate a seguire la vicenda. E’ questo il vero dramma”.

“E’ necessario denunciare questa condizione, sensibilizzare la società stessa, raccontare ciò che gli altri non raccontano, seppure con difficoltà”. Questa la testimonianza dell’editore Michele Falco, che ha preso la parola subito dopo Pollichieni: “parlando delle vicende come quella che ha coinvolto Lea, spesso emerge un disagio, che è quello di chi non si sente in grado di cambiare le cose: disagio che però, non sarà mai rassegnazione”.

Subito dopo la parola è passata brevemente al giovane nipote di Lea Garofalo, Rosario Garofalo che nel ringraziare i presenti per l’attenzione conferita alla vicenda, ha brevemente “raccontato” Lea dal di dentro dell’ambiente familiare.

A concludere gli interventi l’autore, Paolo De Chiara che, nel ripercorrere alcune tappe salienti dell’inchiesta racchiusa nel suo libro, ha rimarcato sulle responsabilità e le “colpe” delle istituzioni e della magistratura che non sono riusciti a “prelevare” Lea da un ambiente insano, permeato dalla ‘ndrangheta e che l’ha condotta alla morte a soli 35 anni.

La presentazione si è conclusa con l’esibizione della cantautrice calabrese Francesca Prestia che ha cantato “La Ballata di Lea”, pezzo con il quale aveva vinto, nel corso della scorsa edizione di “Musica contro le mafie” il premio Menzione Speciale.

 

Giovanna Maria Russo