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Pentone (Cz). Celebrato il congresso del Circolo Pd, Vincenzo Marino eletto coordinatore

Vincenzo Marino, eletto coordinatore del Circolo PD Pentone
Vincenzo Marino, eletto coordinatore del Circolo PD Pentone

PENTONE, 5 LUG 2012 -“ La strada è irta, ma c’è  la volontà di dialogare con tutti per fare in modo che il nostro paese diventi un laboratorio di idee e il nostro partito un punto di riferimento importante.” Queste le prime parole pronunciate dal nuovo coordinatore del locale Circolo del Pd, Vincenzo Marino, che ha chiuso il lungo e interessante dibattito del Congresso pentonese. Il Circolo di Pentone è stato il terzo in provincia di Catanzaro a celebrare infatti il congresso per la nomina del nuovo direttivo. Vincenzo Marino, a capo della lista “Nuovo Pd”, è stato votato all’unanimità dai presenti a testimonianza del buon auspicio che ha prevalso tra gli iscritti, insieme a lui sono stati eletti Michelangelo Tarantino, Maria Tarantino e Vincenzo Marino.  Diversi coloro che hanno presenziato anche come semplici simpatizzanti cercando di dare un contributo di idee e partecipazione. Il Pd locale arriva a questo Congresso dopo un’esperienza convegnistica che ha visto fiorire nuovi dibattiti e tornare alla ribalta il partito come centro motore della politica in senso attivo e collaborativo. Gli obiettivi adesso sono chiari: ricambio generazionale nel gruppo dirigente, allargamento della base, presenza critica e costruttiva nelle dinamiche territoriali.   “Dialogare con tutti per promuovere le primarie come metodologia alternativa e democratica” – questa la conclusione del neo coordinatore che si è posto in rottura con il passato pur non volendo rinunciare al contributo di idee ed esperienze che sono sempre un patrimonio da tutelare.  Prossimo appuntamento la giornata del tesseramento. Il Circolo di Pentone insomma fa le cose per bene con impegno e passione consapevole che la strada è tutta in salita.

(Comunicato stampa)

ImprovviseAzioni per pensare e liberarsi Dal 4 al 30 Giugno concerti, performance e laboratori aperti a tutti all’Università della Calabria.

COSENZA – La penna sul foglio, il foglio tra le mani: tremano causa onde sonore da Takabum, collettivo di strumenti a fiato e percussioni. La formazione ha aperto la presentazione di ImprovviseAzioni , rassegna di concerti/laboratori/incontri/performance, promossa dall’Università della Calabria in collaborazione con il Dipartimento Jazz del Conservatorio di Cosenza. Forse una’anticipazione delle settimane – dal 4 al 30 giugno – fitte di appuntamenti tra teatro Cams, Piccolo Teatro e Teatro Auditorium dell’Unical.

Gli elementi dei Takabum – suonando – marciano intorno ai presenti: l’occhio va al logo realizzato da Shawnette Poe, un pentagramma circolare da cui si dipartono onde «anarchiche». Sembrano suggerire che tra le arti – punto di partenza per spaziare e liberarsi –  non c’è soluzione di continuità. In effetti, «ridare spazio al libero creare e al libero pensare» – attraverso la contaminazione tra linguaggi e l’interazione col pubblico –  è l’esigenza avvertita dagli organizzatori. Il viaggio (fisico e mentale), il tema di riferimento. L’improvvisazione come dimensione umana, l’elemento di rottura e liberazione. Una risposta all’attuale crisi che mette in discussione un modello di uomo – l’homo oeconomicus –  una visione dei saperi – altamente specializzati e settoriali – e  un modo di vivere improntato al globale e alla prevedibilità.

 

Gesti/parole/suoni tra i cubi – ImprovviseAzioni intende abbattere gli steccati tra artisti e pubblico, creazione ed esecuzione, musiche e testi. Attraverso l’improvvisazione, tema della tavola rotonda di apertura del 4 giugno (teatro Cams) e fil rouge  di concerti e performance all’incrocio tra musica, pittura, fotografia e parole (programma completo).

Nella direzione del coinvolgimento attivo dei partecipanti e del loro libero creare, i laboratori: gratuiti, multidisciplinari e aperti a tutti – artisti, cittadini e studenti – vedranno anche la partecipazione di Mariella Celia e Giorgio Rossi, danzatori e performer di punta del panorama contemporaneo. Or che strana (Nicola Pisani), con ospiti delle varie discipline, è aperta a tutti gli strumentisti e cantanti, che suonino da una vita o da un mese: in cinque giorni sarà allestito uno spettacolo «partendo dal nulla». Gesto/parola/suono (Maria Luisa Bigai) incrocia azioni verbali e non verbali nel ritmo e nello spazio. Improvvisazione/interpretazione (Daniela Troiani) parte da un lavoro dell’ungherese Jòzsef Sàri. Improvvisazione e percussioni (Leon Pantarei) si sofferma sull’improvvisazione nelle percussioni e propone la percussione come gesto liberatorio – previsto l’uso di oggetti della vita quotidiana (lattine, contenitori ecc). Gesto/Suono (Mariella Celia) si muove tra gesto, consapevolezza del proprio corpo e danza.

 

La presentazione – Alla conferenza stampa di questa mattina, dopo i saluti del rettore Latorre, sono intervenuti i cinque del coordinamento artistico: Fabio Vincenzi (delegato del rettore alle attività culturali/teatrali), Daniela Troiani (flautista), Nicola Pisani (direttore del Dipartimento Jazz del Conservatorio di Cosenza), Leon Pantarei (multi percussionista) e Maria Luisa Bigai (attrice, regista e sceneggiatrice). Si rincorrono alcune parole chiave: promozione culturale continuata nel tempo, università come centro di cultura, valorizzazione del territorio, accettazione della sfida di restare, ricerca, rivitalizzazione dei cubi universitari, rottura. Elementi di un progetto che vede la collaborazione tra Università della Calabria e Dipartimento Jazz del Conservatorio. Lo scambio proseguirà con la concessione di alcuni spazi universitari al settore Jazz del ‘Stanislao Giacomantonio’.

 

 


 

 

 

Rita Paonessa

Caso Marlane, presentato il libro all’Università della Calabria

COSENZA – «I medici mi avevano mandato a casa, ero finito…», non riesce a parlare Luigi Pacchiano. Poi riprende: «ma in quel momento ho avuto la forza di lottare non solo per me, ma per gli altri, per i morti. Questo fatto ci deve insegnare a lottare, a non farsi calpestare». Luigi Pacchiano è l’operaio della Marlane che nel 1996 ha denunciato lo stabilimento tessile di Praia a Mare per danno biologico. Insieme a lui, Francesco Cirillo e Giulia Zanfina hanno presentato il loro libro sulla vicenda, Marlane: la fabbrica dei veleni, all’Università della Calabria. L’iniziativa è stata promossa dal Partito dei Comunisti Italiani, «per riprendere le lotte e ripartire dal basso», chiarisce il segretario provinciale, Giovanni Guzzo. Sono intervenute, inoltre, Rossella Morrone e Laura Corradi.

 

Il processo alla Marlane

Nel libro si legge che Luigi Pacchiano «ha creato i presupposti per le indagini» sullo stabilimento tessile dei Marzotto. L’inchiesta è stata avviata più di dieci anni fa dal pm Antonella Lauri della Procura di Paola. Si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio per tredici ex responsabili e dirigenti accusati, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ambientale, per la morte di decine di operai e le patologie tumorali di altri ex lavoratori – che sarebbero state causate dai vapori della tintoria – e lo smaltimento illecito di rifiuti tossici.

Il processo è iniziato il 19 aprile 2011, ma il dibattimento non è mai cominciato: in un anno si sono susseguiti sei rinvii. Nell’ultima udienza è stata battaglia per l’ammissione delle parti civili. «Gli avvocati della difesa, tra cui Ghedini, – afferma Cirillo – cercano sempre cavilli per far scattare la prescrizione».

Intanto, nel 2004, la fabbrica di Praia a Mare ha chiuso: produzione delocalizzata.

 

Da Rivetti ad oggi: la ricostruzione di Francesco Cirillo

Francesco Cirillo parte dagli anni ’50 quando il Conte Rivetti – «con soldi dello Stato» – costruisce due fabbriche tessili, a Maratea prima e a Praia a Mare poi. «Anche un giornalista del calibro di Montanelli – fa sapere Cirillo – scriveva che prima dell’arrivo di Rivetti, in Calabria, vivevano come venti secoli fa». Il mediattivista sottolinea che gli operai lavoravano e producevano tanto.

Negli anni ’80 – «con soldi dello Stato» – subentra il gruppo Marzotto. A questo punto del suo racconto, Francesco Cirillo enumera i punti critici emersi: l’uso di prodotti che hanno causato la morte degli operai – «la Procura ne ha accertati una cinquantina, ma noi pensiamo siano molti di più. E’ molto difficile raccogliere i dati, noi siamo andati casa per casa» – la mancanza di misure protettive per gli operai, i sindacalisti a capo delle piccole imprese dell’indotto, i rifiuti sotterrati sotto la fabbrica o smaltiti illecitamente.

Cirillo, quindi, passa in rassegna i passaggi che hanno portato al processo in corso e le proteste per chiederne l’inizio effettivo. «Nell’ultimo sit-in eravamo in pochi. Alla Thyssen erano in mille, all’Ilva c’erano tutti gli studenti. Purtroppo, in Calabria, non riusciamo a riunirci».

 

Luigi Pacchiano, la memoria storica

Ha lavorato alla Marlane Luigi Pacchiano. «Io posso raccontarvi delle condizioni interne», esordisce. Racconta che, nello stabilimento di Praia a Mare, l’ambiente era unico, non c’erano divisioni tra i reparti, quindi i vapori della tintoria raggiungevano tutti. «C’erano polveri, cattivi odori, vapori, noi dicevamo: ‘c’è nebbia in Val Padana’». D’estate, con 40° di temperatura, ricorda di come dovessero uscire fuori per respirare. «Non ho mai visto un medico – puntualizza – mai una visita ispettiva. Non usavamo né guanti né mascherine né cappelli». Alla domanda sui sospetti degli operai circa la possibile nocività dei vapori, risponde: «ci dicevano che era solo cattivo odore. In più, strappavano le etichette».

Luigi Pacchiano va indietro nel tempo. Al 1973, quando muoiono i primi due operai – «il primo aveva trentacinque anni». Al 1993, quando gli viene diagnosticato un tumore contro cui combatte ancora oggi – «sono stato trentacinque volte sotto anestesia». Allo spostamento di postazione negato. Al riconoscimento della malattia professionale da parte dell’INAIL. Alla sua lettera di licenziamento e alla denuncia dell’azienda per danno biologico. All’impegno per il coinvolgimento degli altri lavoratori nella questione Marlane. Luigi Pacchiano racconta ai presenti la sua storia. Per un attimo non riesce a parlare, mentre rievoca il giorno in cui i medici lo mandarono a casa: «ero finito… ma in quel momento ho avuto la forza di lottare non solo per me, ma per gli altri, per i morti. Questo fatto ci deve insegnare a lottare, a non farsi calpestare».

 

L’appello di Giulia Zanfina

La documentarista fa riferimento all’intervista fatta a Francesco Depalma nel 2010 e trascritta nel libro. L’operaio, ora scomparso per il cancro, aveva rivelato di aver sotterrato «il rimanente del rifiuto del colore» nel terreno della Marlane perché – aveva spiegato – «se non lo facevi tu, lo faceva un altro, in quelle condizioni dovevi farlo per forza».

«Ci aspettavamo che la nostra inchiesta fosse acquisita come prova in quanto Francesco non c’è più – dice Giulia Zanfina – faccio qui questa richiesta».

 

 

Rita Paonessa