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Moda Movie 2012: Immaginari Urbani

COSENZA – Si è conclusa ieri sera nella Multisala RiverVillage di Zumpano, con allegra soddisfazione del patron Sante Orrico, l’edizione 2012 di Moda Movie Serata Evento Cinema che anche quest’anno ha voluto premiare l’originalità e la fantasia della classe creativa emergente impegnata nella ricerca delle molteplici implicazioni che fondano il rapporto tra il cinema e la città.
Una lunga giornata quella di ieri che ha visto, fin dal primo pomeriggio, la proiezioni dei sette video finalisti e in serata la proclamazione dei primi tre classificati.
Il terzo posto se lo sono aggiudicato Ginevra Berti e Luciano Cimino autori del videoclip “Reato D’Emozioni” del duo hip hop cosentino Kiave & Macro Marco.
Il video è girato a Cosenza ed è proprio la città dei Bruzi la vera e sola protagonista, essenziale, scrutata in tutti i suoi angoli, abilissimi Berti e Cimino nel sottolinearne i cambiamenti, le rivoluzioni, le metamorfosi che ha subito nel corso del tempo.
Il secondo posto, decisamente combattuto, spetta a Samuel Mac Fadden con il suo “Andromache”, un breve documentario che racconta di nefasti conflitti razziali, di lotte tra bande rivali, della continua ricerca di un amore e della speranza di un riscatto esistenziale.
Tutto questo avendo come sfondo una malinconica Dublino rappresentata nei suoi vicoli stretti, nei suoi palazzi, lungo i viali e in tutti i volti che la abitano.
Dopo un difficile testa a testa con Mac Fadden ad aggiudicarsi il primo posto è “Il Rappresentante” diretto da Marco Caputo e scritto da Davide Imbrogno. A sostenerli in questo primo lavoro ci sono attori come Dante De Rose nel ruolo de il Rappresentante, Giovanni Turco, Marisa Casciaro, Renato Costabile, Nausica Sganga e il promettente Marco De Rose.
Il cortometraggio che odora e a tratti puzza di estrema contemporaneità, racconta di una famiglia come tante, magnificamente monotona, divisa e tesa tra la voglia di evasione tipica della poesia e l’inclemente realtà.
Ma tutto cambia quando nelle loro esistenze entra a far parte un rappresentante un po’ anomalo. Anche in questo corto è Cosenza la cornice perfetta di una storia fatta di rancori, di desideri, di sconforto ma anche di disperato bisogno di salvezza.
La serata si è conclusa con la proiezione di City Sounds video montato da Mauro Nigro per Mad Company realizzato con immagini tratte dai grandi classici del cinema dedicati alla città, immagini rinvigorite dalle note dei Camera 237.

Gaia Santolla

Un Gaber al femminile…

14 MAG 2012 – Si è chiusa in bellezza la stagione di prosa 2011/2012 con uno spettacolo atteso, annullato a causa di un improvviso malanno della protagonista e, per fortuna, recuperato.

Si tratta di “E pensare che c’era il pensiero” messo in scena, ieri sera, al teatro A.Rendano con la regia di Emanuela Giordano e la produzione dello Stabile di Innovazione “Tieffe Teatro” in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber.

Un Gaber moderno e attuale riletto al femminile dall’avvincente Maddalena Crippa e da tre coriste, Chiara Calderale, Miriam Longo e Valeria Svizzeri, accompagnate al pianoforte da Massimiliano Gagliardi autore, tra l’altro, degli arrangiamenti musicali.

Un intero spettacolo dedicato all’eccelso cantautore italiano scomparso nel 2003, ma ancora presenza vivida nell’immaginario collettivo soprattutto per le tematiche forti e mai scontate, le sue musiche e i suoi testi, infatti, sono così contemporanei che sembrano stati scritti ieri.

La serata è trascorsa velocemente, è volata via come una folata di vento tra le canzoni più note di Gaber e sprazzi di monologhi riguardanti la società, l’amore, la famiglia, il lavoro, la politica che è stata definita “come una disgrazia capitata a tutti”. I momenti recitati sono stati gestiti con grande veracità dalla Crippa che è riuscita ad alternare estremo realismo e delicato humor inglese ad attimi di stridente e pungente cinicità.

Zero effetti speciali, zero colpi di scena e nessun oggetto particolare; il palcoscenico, ieri sera, è stato abitato da quattro donne dall’animo nobile e di nero vestite, a dimostrazione che l’abito non fa il monaco ma è il contenuto ciò che conta. Quest’ultime solo con l’ausilio delle proprie “ugole d’oro” sono riuscite a smuovere qualcosa dentro, creando un’atmosfera suggestiva ed emozionante fino a far vibrare l’anima.

Il pubblico cosentino, forse per la prima volta in questa lunga stagione di prosa, si è sentito veramente coinvolto dall’interpretazione della Crippa; alla fine dello spettacolo tutti hanno sentito l’esigenza di alzarsi in piedi e ringraziare la protagonista per la sua generosità artistica. “Grazie Maddalena, ne è valsa la pena” è stato il commento degli spettatori che hanno riempito la sala con fragorosi applausi.

Sicuramente anche lo stesso Gaber è rimasto colpito ed estasiato dalla forza e dal coraggio di queste quattro donne, avrà goduto anche lui ad ascoltare le loro voci soavi e anche lassù tra le soffici nuvole avrà sicuramente continuato a ripetere “la donna è donna da subito…un uomo è uomo a volte prima, a volte dopo, a volte mai.”

Annabella Muraca

Max Gazzè arriva a Paola

PAOLA (CS) – Ieri sera è stata un’occasione imperdibile per tutti coloro che amano la musica, quella buona però, per tutti coloro che apprezzano il vero cantautorato italiano, un appuntamento che ha visto in Piazza IV Novembre di Paola in provincia di Cosenza, sotto la benedizione di San Francesco (d’obbligo citarlo), il cantautore romano Max Gazzè.
E’il 1 maggio, un cielo con molte nuvole e poche stelle, qualche goccia di pioggia preoccupa inizialmente, ma non abbastanza per placare l’entusiasmo dei molti che sono accorsi per ascoltarlo.
Un insolito Gazzè orfano del suo fedelissimo basso elettrico, causa rottura del polso sinistro, ma accompagnato da uno strumento costruito ad hoc per la situazione che maneggia ancora con un po’ di timidezza.
Artista poliedrico per eccellenza è autore, cantante, musicista e anche attore, alla continua ricerca del perfetto connubio tra la musica e la parola, senza mai rischiare di cedere all’immorale banalità.
Uno sguardo raffinato il suo, che racconta di luoghi , di situazioni, di personaggi quasi surreali e mai ripetitivi, impossibile non perdersi in quel mondo così suggestivo dalle prospettive rare, un mondo nel quale la narrazione dei sentimenti avviene partendo dalle piccole scoperte quotidiane, dall’essenziale.
Le parole e i suoni diventano una cosa sola nella sua personalissima narrazione musicale, le sue sono poesie capaci di smuovere ogni più piccola parte dell’animo, ti portano altrove non si sa precisamente in quale posto, ma ti tengono sempre con un piede ben puntato per terra, nella realtà, alla quale Max si rifà sempre.
Un concerto che vede l’alternarsi di lente sonorità dolci e maliconiche a quelle decisamente più elettroniche e rock, un pubblico che diventa una sola entità , l’elemento portante dell’esibizione, canta, balla, batte le mani per mantenere il tempo, sussulta, tutto sotto la soddisfatta direzione del maestro Gazzè.
Ieri si festeggiavano i lavoratori e in un periodo come questo in cui il lavoro non c’è e la crisi continua a mietere sempre più vittime, diventano importanti momenti come questi durante i quali ci si ritrova allegri, uniti, fiduciosi.
“Salvarti sull’orlo del precipizio, quello che la musica può fare” è così che Max Gazzè e il suo pubblico si sono salutati, magari è solo un caso, o forse no.

Gaia Santolla

E “Otello” sia…

27 APR 2012 – “Prima di ucciderti, sposa, ti ho baciata. Ora non c’è altro modo che questo: ucciderti e morire in un tuo bacio”. Si tratta di una frase forte ed emblematica dell’ “Otello”, una frase che racchiude in sé tutto il senso di questa tragedia scritta da Shakespeare nel lontano 1603.
Una tragedia che, però, non è espressione di un’antichità cristallizzata ma collima perfettamente con il nostro presente.

L’Otello è stato, infatti, riattualizzato dal regista Nanni Garella e riproposto, ieri sera, al teatro A.Rendano grazie alla produzione dell’Arena del Sole – Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna, in collaborazione con il 63° Festival Shakespeariano dell’Estate Teatrale Veronese.
Nello spettacolo tante comparse ma solo due protagonisti indiscussi Massimo Dapporto, attore poliedrico che ha seguito le orme del padre cimentandosi nel teatro, nel cinema e nella fiction, ora nei panni di Otello/ Il Negro, e Maurizio Donadoni che ha impersonato il funesto Iago.
Due visioni del mondo completamente agli antipodi, dunque, Otello disegna un mondo roseo, amorevole e armonico, Iago, invece, vive di gelosie, infamie, pregiudizi razziali che colpiscono tutti coloro che lo affiancano rendendoli volgari e sgradevoli.

Tutto ruota intorno al tradimento di Desdemona (Lucia Lavia) a scapito di Otello, un tradimento, però, non veritiero ma istigato, inculcato, continuamente simulato dallo stesso Iago ferito nell’orgoglio per non aver ricevuto la carica di luogotenente.
In Otello si scatena, così, una gelosia marcia che rende il cuore nero, appanna la vista, sconvolge i sensi e trasforma in folle anche la persona più saggia.
E’ il dramma del candore e della cecità di colui che non riesce a guardare oltre il suo naso e si fa soggiogare dalla pura apparenza.
L’Otello è l’emblema della fragilità umana e della sua precarietà, il genere umano è in lotta continua senza mai trovare un equilibrio stabile e duraturo, le passioni diventano atroci e fanno regredire l’uomo alla sua condizione più abietta.

La gelosia e l’invidia, da passioni veniali, si trasformano, invece, nei mali di tutti i mali.
Alla fine della tragedia non resta nulla, tutti vengono colpiti, sconfitti e affondati; nessuno si salva, la sorte è efferata e colpisce forte come la mannaia del boia.
Neanche l’isola di Cipro rimane incolume ma, calpestata e insanguinata, è la spettatrice inerme di tanta brutalità
Al termine di una simile tragedia rimangono solo domande, interrogativi ben espressi dal regista Nanni Garella “Cosa resta, dopo gli assassini, i suicidi, il crollo della fiducia, della fedeltà e dell’amore? Probabilmente solo la notte buia, il cupo abisso in cui precipita a volte la mente umana”

Annabella Muraca

“A” Colazione da Tiffany

19 APRIl 2012 – Ancora una volta Isabel Russinova, curatrice del cartellone di prosa della stagione teatrale 2011/12,  è riuscita a fare centro riportando sotto i riflettori un’opera classica piena, però, di riferimenti al presente e alla nostra realtà quotidiana.
Lo spettacolo in questione è “Colazione da Tiffany” messo in scena, sul palco del teatro A. Rendano, nei giorni 17 e 18 Aprile dalla compagnia “Gli Ipocriti”  diretta dal regista Piero Maccarinelli.
Una produzione molto più vicina al romanzo di Truman Capote che al celebre film di Blake Edwards con Audrey Hepburn e George Peppard.
Il cast, composto da 11 attori, vede nei ruoli principali Francesca Inaudi e Lorenzo Lavia, due giovani ampiamente conosciuti dal pubblico italiano per la loro partecipazione a tournée teatrali e fiction; gli altri 9 attori hanno invece ricoperto dei ruoli marginali facendo da cornice allo svolgersi degli eventi.

La Inaudi ha impersonato Holly Golightly una donna ridicola, frivola e perennemente in cerca di uomini da “spennare”, Lavia invece ha ricoperto i panni di William/ Frank Parsons, uomo serioso, di saldi principi e con il viscerale desiderio di diventare uno scrittore famoso e geniale alla stregua di Ernest Hemingway.
William Parsons ha contemporaneamente svolto il ruolo di personaggio-narratore; proprio grazie ai suoi continui flashback è riuscito, infatti, a narrare la storia di Holly, donna fascinosa che lui stesso ha trasformato in musa ispiratrice per i suoi romanzi.
Lo spettatore ha assistito ad uno spettacolo paragonabile alle “montagne russe”, fatto dunque di parti estremamente lente ed altre più celeri e piacevoli, la ripresa è avvenuta nella seconda parte dello spettacolo che ha riscosso più consensi grazie, sicuramente, ai corpi statuari e senza veli dei due protagonisti; un continuo “vedo non vedo” che non ha causato scalpore nel pubblico ma molta curiosità.
Il regista è riuscito a mettere in luce tematiche estremamente attuali: l’amore non corrisposto,  l’omosessualità, la bisessualità, la pseudo amicizia accompagnata da intrighi, passioni e tradimenti ma, soprattutto, la prostituzione; la storia di una donna che decide di vendere il proprio corpo e la propria anima a uomini ricchi e potenti per trarne benefici economici. È dunque la storia del mestiere più antico del mondo che, ancora oggi, continua ad essere parte integrante della nostra società.
Questa volta, a differenza degli altri spettacoli, il pubblico cosentino è accorso numeroso per presenziare alla performance; una lunga fila ha invaso ieri sera il botteghino del teatro A. Rendano; si è dunque trattato di un last minute, molte persone, infatti, hanno acquistato i biglietti tra il secondo e il terzo richiamo della campanella.

Annabella Muraca

Dal romanzo al teatro

COSENZA – Dal magnifico romanzo di Truman Capote all’indimenticabile film di Blake Edwards, dall’adattamento teatrale di Samuel Adamson alla vivace commedia di Pietro Maccarinelli, Colazione da Tiffany è proprio il tipico esempio di arte che diventa incessantemente altre opere d’arte.
Il Teatro Rendano di Cosenza nei giorni martedì 17 e mercoledì 18 aprile ospita uno dei pilastri della commedia d’amore americana, un classico senza tempo, un cult del teatro per l’appunto “Colazione da Tiffany” nella versione ultima di Pietro Maccarinelli.
Ad interpretare uno dei ruoli più intriganti della letteratura moderna, quello dell’adorabile e fragile Holly Golightly, è Francesca Inaudi mentre spetta a Lorenzo Lavia il compito di incarnare lo squattrinato e impacciato scrittore William Parson, probabile alter ego dello stesso Capote.
Ieri pomeriggio, qualche ora prima dell’inizio dello spettacolo serale, i due attori protagonisti hanno tenuto una conferenza stampa per la presentazione dello spettacolo, durante la quale sono intervenute anche l’ex sindaco e Presidente dell’Associazione socio-culturale “Angelina”, Eva Catione, e Isabel Russinova, responsabile della stagione di prosa del Rendano; a mediare l’incontro l’addetto stampa del Comune di Cosenza Giuseppe Di Donna.
Con una certa tracotanza divistica, la spigolosa Fracesca Inaudi racconta di non aver mai visto il film e di essersi ispirata a Marilyn Monroe, prima musa di Capote, per dare nuova vita a Holly e quando le chiedono di motivare questo ritorno in teatro dopo un’assenza lunga dieci anni, l’attrice con un decisa veemenza ci tiene a sottolineare di non averlo mai abbandonato ma solo di esserci tornata con un bagaglio diverso.
Lorenzo Lavia parlandoci della commedia spiega che prende totalmente le distanze dal film e che la messa in scena di Maccarinelli è una fedele trasposizione dell’opera di Capote tanto da rispettarne ogni singolo dettaglio, dal ritmo della conversazione alle diverse ambientazioni.
A concludere è l’intervento di Eva Catizone che esordisce ringraziando Isabel Russinova per la saggezza dimostrata nell’organizzare una stagione teatrale incentrata sulla figura femminile e continua dicendo “La Calabria ha bisogno di figure femminili positive, nella nostra regione ci sono donne che sono capo mafia e donne che ingeriscono dell’acido pur di non piegarsi. Lo sviluppo in questa nostra terra può avvenire solo ed esclusivamente attraverso la realizzazione di iniziative e politiche culturali”.

Gaia Santolla

“Occidente Solitario”, the black comedy

4 APRIL 2012 – “Occidente Solitario”, messo in scena ieri sera sulle “tavole” del teatro A.Rendano, è lo spettacolo tragi-comico scritto dal commediografo irlandese Martin Mc Donagh noto soprattutto per la regia cinematografica del film “In Bruges-La coscienza dell’assassino”.
Per la rappresentazione sono stati scelti quattro giovani, stelle del cinema e della televisione italiana,  Claudio Santamaria, che ha impersonato il fratello maggiore Coleman, Filippo Nigro nel fratello minore Valene, la giovanissima Nicole Murgia nella “Ragazzina” dedita, nonostante la sua tenera età, ad un’attività di contrabbando ed  infine Massimo De Santis che ha interpretato Padre Welsh, il parroco ubriacone e fuori dal comune che, non riuscendo a gestire la sua comunità di fedeli, sceglie di intraprendere la strada più semplice, il suicidio.
Il colombiano Juan Diego Puerta Lopez è il regista che ha curato e diretto in maniera originale questa black comedy in cui nulla è stato lasciato al caso; ogni gesto, ogni sillaba, ogni oggetto ha avuto, nella messa in scena, un ruolo fondamentale carico di phatos.
Oggetti emblematici della rappresentazione teatrale sono le innumerevoli statuine raffiguranti la vergine Maria, simbolo di una credenza ascetica, quasi mistica visto la vita non pudica dei personaggi.
Tutta la rappresentazione, infatti, è stata caratterizzata da blasfemie, bugie, riferimenti a omicidi e suicidi, litigi interminabili tra due fratelli che non riusciranno mai a riconciliarsi, anche se molto ruota intorno al “non detto”.
Gli eventi si sono susseguiti sempre in uno stesso “non luogo” ovvero nella piccola e lugubre stanza di una casa situata nella lontana, ma vicina, Irlanda che raffigura uno spazio universale abitato dall’intero genere umano che lotta, inveisce, odia.
I due fratelli, dunque, non rappresentano il singolo individuo in sé ma l’intera comunità che ha perso la capacità di comunicare e condividere; come dimostrano tutti i fatti di cronaca, oggi ci si scaglia con prepotenza contro il proprio simile regredendo, così, alla condizione animale.

L’uomo oggi non è più colui che vive e si costituisce grazie alla concomitanza e alla continua relazione con i propri simili ma è un individuo, un singolo privo, totalmente o in parte, di raziocinio.
Un plauso, dunque, agli attori che sono stati in grado di far ridere, commuovere e, soprattutto, far riflettere; l’unica nota dolente deriva dal fatto che, ancora una volta, il pubblico cosentino non ha accolto numeroso l’evento.
Lo spettacolo, infatti, è stato trascurato dal pubblico; tra i pochi “fedeli” sono spiccati i volti noti di Giovanni Latorre Rettore dell’Università della Calabria e Ninetto Davoli “figlio” del grande Pier Paolo Pasolini.

Ci auguriamo che il pubblico cittadino non si lasci sfuggire l’occasione di partecipare alla replica dello spettacolo, in programma questa sera sempre alle ore 20.30 presso il teatro A.Rendano.

Annabella Muraca

 

L’Occidente solitario raccontato dai protagonisti

COSENZA – Un quasi sconosciuto paese irlandese, due fratelli decisamente fumantini, un prete in costante crisi spirituale e una ragazzina che vive sempre in uno spazio al confine tra la semplicità e la malizia, sono questi gli elementi che danno forma a “Occidente solitario”, lo spettacolo che ieri martedì 3 aprile è stato ospitato nel teatro Rendano di Cosenza.
Una storia che, muovendosi nell’universo del paradosso e dell’ossimoro, intreccia continuamente noir e commedia riflettendo con sagace ironia sui temi della solitudine, del conflitto, della crisi esistenziale. Tradotta e riadattata dall’opera del commediografo inglese Martin McDonagh, la pièce teatrale avrà come protagonisti Claudio Santamaria, Filippo Nigro, Massimo De Santis e la giovanissima Nicole Murgia.
Il comic drama, diretto dal regista colombiano Juan Diego Puerta Lopez, ha come tema portante il complesso rapporto tra Coleman e Valene, due fratelli in perenne conflitto che vivono un instancabile gioco al massacro, attorno ai quali ruota un universo fatto di suicidi, omicidi, tormenti, violenza, infelicità e tanto tanto whisky.
“Un conflitto che nasconde un forte senso di solitudine ma anche di amore, raccontato in modo grottesco e ridendo di cose terribili” è così che durante la conferenza stampa di presentazione Claudio Santamaria, che interpreta dei due il fratello maggiore, prova a spiegarci il groviglio di sentimenti a cui andremo incontro da lì a poco, e continua “Una storia che ricorda moltissimo i fatti tragici che hanno popolato di recente le cronache italiane”.
Filippo Nigro raccontandoci del suo di “fratello” ci dice “E’ un uomo possessivo, folle ma anche molto ingenuo, durante la rappresentazione avviene una sorta di regressione infantile dei due fratelli, attraverso un linguaggio forte, crudo”.
La figura più positiva è sicuramente quella di padre Welsh-Walsh che tenterà fino alla sua fine di placare questi conflitti ma al tempo stesso diventa portavoce di un messaggio piuttosto critico e polemico, come ci spiega lo stesso interprete Massimo De Santis “Tramite il mio personaggio l’autore voleva evidenziare la forte crisi della Chiesa Cattolica, condannandola senza riserve”.
La figura più enigmatica resta quella di Nicole Murgia che parebbe quasi non avere identità dal momento che viene chiamata per tutto il tempo “la Ragazzina” ma la giovane interprete ci tiene a specificare che non è affatto così “la Ragazzina ha un’identità ben definita, cerca sempre la svolta nel bene e nel male, lei rappresenta la speranza del cambiamento”.
Durante la conferenza tutti e quattro gli attori non hanno esitato a intrattenere il pubblico, composto per lo più da rappresentanti del gentil sesso, con continue battute e canzonature creando, già dalla presentazione, l’atmosfera comica e sarcastica che fa da sfondo a tutta la commedia, un plauso particolare va a chi ha mediato tra i protagonisti che non ha esitato a lasciarsi coinvolgere dal clima scherzoso, la portavoce del sindaco di Cosenza Iole Perito.
Occidente solitario sarà in replica anche questa sera alle 20:30 sempre al Teatro Rendano, un’ottima occasione per assistere all’incontro tra il delirio e l’umorismo.

Gaia Santolla

Un pianoforte per De Andrè

COSENZA – Luci soffuse, un’atmosfera recondita, magnifiche mani che danzano su un palco fatto di 36 tasti neri e di 52 tasti bianchi, è questa la cornice del personalissimo omaggio che il pianista jazz Danilo Rea ha fatto al più sovversivo cantautore italiano Fabrizio De Andrè.
Un tributo che assume le sembianze di un incantevole viaggio quando Rea si incontra e si scontra con le dolci e sferzanti ballate del poeta genovese, spogliandole di tutte le loro parole è in grado di rinnovarle solo attraverso il suono, un’esplorazione scandita dai ritmi incalzanti di “Bocca di rosa” e da quelli decisamente magici de “La canzone dell’amore perduto”.
Il pianista vicentino reinventa in modo del tutto esclusivo e innovativo la genialità di De Andrè eliminando tutte le differenze che contaddistinguono le loro poetiche e dando avvio ad un nuovo e unico principio d’ordine, una sorta di dissoluzione del Faber, necessaria per una sua rinascita in nuove configurazioni, la rottura di uno spazio immaginario, indispensabile per poterlo riattraversare ancora e ancora.
E’ una silenziosa e gremita sala “Quintieri” quella che ieri sera, giovedì 29 marzo, assiste ad una difficilssima scommessa creativa che sicuramente Rea vince a pieni voti, facendo incontrare la tradizione cantautorale con la musica classica e trasformando le parole e la melodia in un messaggio lirico fatto di silenzi e sussulti.
Danilo Rea nel 2010 è vincitore del Top Jazz come migliore pianista dell’anno, di recente è stato definito da Thomas Conrad ,una celebre firma critica della rivista “American Jazztimes ”, uno dei pianisti più talentuosi al mondo.
Un vero onore che il Comune di Cosenza abbia organizzato e ospitato l’evento nel nostro Teatro Rendano e i prolungati applausi alla fine del concerto sono la indubbia dimostrazione che la cittadinanza abbia apprezzato.
Insomma non è così assundo credere che anche Fabrizio De Andrè, in quel pezzo di cielo anarchico dove si trova ora, abbia messo giù per un attimo la sua chitarra e si sia acceso una sigaretta per fermarsi ad ascoltarlo.

Gaia Santolla

Cosenza ri-Adotta il suo canile

COSENZA – Sono circa le 16:00 di un caldo pomeriggio di fine marzo quando l’Assessore Martina Hauser, insieme al Ministro dell’Ambiente Corrado Clini e all’Onorevole Michela Vittoria Brambilla, dà ufficialmente avvio all’inaugurazione del canile sanitario di Donnici, tra gli applausi delle autorità e i fischi dei manifestanti No-Tav.
Canile già esistente dal 2000 ma che dall’estate scorsa, vista la tenacia, la passione e l’impegno dell’Assessorato alla Sostenibilità Ambientale e alle Energie Rinnovabili del Comune di Cosenza è stato sottoposto a radicali interventi di ristrutturazione e rinnovamento, diventando così un nuovo modello operativo per tutto il Mezzogiono e non solo. Ciò è stato possibile grazie alla stretta sinergia tra diverse forze quali il Comune, la Regione, l’Azienda Sanitaria e le organizzazioni no-profit LAV, ENPA e OIPA.
La struttura oggi vanta la presenza di accoglienti box riscaldati per i cuccioli, di spazi isolati per la cura degli animali affetti da malattie infettive ma soprattutto di un impianto solare termico che fanno del canile un perfetto esempio di sostenibilità ambientale.
La riapertura del canile sanitario ha un obiettivo ben preciso che è quello di operare intensamente nelle attività di lotta al randagismo attraverso una serie di interventi mirati non solo al controllo delle nascite ma anche a favorire l’accoglienza e successivamente l’adozione, rispettando i criteri primi e fondamentali per il benessere fisiologico, ecologico ed etologico dei cuccioli ospitati.
In futuro sono previsti ulteriori ampliamenti che rendereanno il canile uno spazio sempre più polifunzionale nel quale sarà possibile realizzare diverse attività educative e riabilitative necessarie alla cura di disabilità psichiche e fisiche.
Ovviamente il fine ultimo di questa struttura e di tutte le iniziative in programma è quello di favorire l’adozione, intervenendo nella dimensione culturale della società civile. Adottare un cane è una scelta importante, significa assumersene la più assoluta responsabilità per tutta la durata della sua vita in termini morali, economici e legali.
Adottare una cane significa prendersi cura di lui, accoglierlo e non abbandonarlo mai per nessuna ragione. Fedele, leale, il solo e unico capace di arricchire la vita dell’uomo con il dono dell’amore incondizionato, resta accanto al proprio padrone sempre e comunque, rischierebbe la propria vita pur di difenderlo, gli bacia la mano anche senza che ci sia un biscotto, gli lecca ogni sua lacrima, veglia sul suo sonno aspettando pazientemente il suo risveglio.
Questo e molto altro significa avere un cane.

Gaia Santolla