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E come…. Eleganza

14 FEBB 2012 – “L’eleganza non è acqua”. I nostri proverbi colgono sempre nel segno e ancora una volta possiamo servirci di un detto retorico per descrivere una serata meravigliosa e piena di colpi di scena.
Questa è la lezione che ieri sera ci ha lasciato il corpo di ballo del Rostov State Opera Ballet che con eccelsa professionalità ha messo in scena “Il Lago dei Cigni” presso il cine-teatro Garden.
Il Rostov State Opera Ballet nasce nel 1999 periodo in cui viene istituita un’orchestra di 100 elementi, una compagnia d’opera, un coro e un centro di formazione per la danza.
Solo nell’anno successivo avviene la formazione del corpo di ballo inizialmente composto da 30 membri mentre oggi il numero degli artisti è salito ad oltre 60.
Il primo balletto messo in scena dalla compagnia è stato Giselle; attualmente il repertorio artistico include anche Lo Schiaccianoci, Il Bolero, Romeo e Giuletta, Le Corsaire, Notte di Valpurga e tanti altri.
A questi ultimi va affiancato anche “Il Lago dei Cigni” danzato su musiche di Piotr Ilich Chaikovskij, con coreografie di Elena Ivanova che, a parte piccole innovazioni, è rimasta fedele alla coreografia originale realizzata da Marius Petipa, ballerino e coreografo francese.
Questo balletto si inserisce nel filone del tardo romanticismo che si sviluppò soprattutto in Russia ed è evidente l’imponente influsso di Wagner e Schopenhauer visto che le tematiche trattate sono quelle dell’amore e della rinuncia.

Il Lago dei Cigni è stato messo in scena per la prima volta al Bolshoi di Mosca nel 1877 ma non ebbe molto successo, oggi, invece, è il balletto più apprezzato perché vi troviamo interpretazioni opposte; dalla delicatezza e leggiadria del cigno bianco alla potenza violenta e cruda del cigno nero.
Tra i solisti della Compagnia bisogna assolutamente annoverare Nelya Alimova e Andrey Ryabov, vincitori di numerosi concorsi internazionali, Oleg Korzenkov, Laura Ormigon e Oscar Torrado, solisti del Balletto Nazionale di Cuba e, infine, Natalya Somova vincitrice di molti premi internazionali e Viktor Dick.
Perfetti, è l’unico aggettivo che può descrivere i ballerini professionisti che ieri hanno calcato il palco del Garden; dotati di una tecnica impeccabile, di indubbie doti fisiche ed elevate capacità interpretative.
Grandi salti, pirouette, fouettè hanno estasiato gli spettatori per la durata di tutto lo spettacolo che è ben riuscito nonostante il palco ristretto e costrittivo.
A differenza de “La Bella Addormentata”, messa in scena qualche mese fa da un’altra compagnia, questa volta nella coreografia non ci sono stati cambiamenti nonostante lo spazio ridotto, i ballerini non hanno rinunciato all’esecuzione di virtuosismi, sono stati altamente professionali; i loro volti apparivano sereni, divertiti, rilassati come se la danza fosse la cosa più naturale del mondo, naturale come il respirare.

Intense le parti corali; musicali e coordinati i ballerini che hanno danzato all’unisono, sul palco si intravedevano tante persone che, però, danzavano come se fosse una sola.
Bellissimi i vestiti di scena, veli fluenti, piume, vestiti regali, pailletes e lustrini hanno illuminato l’intera sala.Intriganti e cervellotiche le coreografie; scambi, incroci, cerchi e triangoli hanno portato il pubblico, purtroppo scarno, in estasi.
Ancora una volta la danza con la sola forza del linguaggio del corpo è riuscita a toccare e a riscaldare, visto la neve incombente, l’animo degli spettatori.

Annabella Muraca

A volte ritornano…

29 GENN 2012 – A volte ritornano, è proprio il caso di dirlo, a volte non si resiste al richiamo della nostra amata e calorosa Calabria; terra d’arte, di cultura e di gente di cuore quest’ultima, proprio come le sirene ammaliatrici del poema omerico, riesce sempre a vincere e ad attirare dolcemente a sé visitatori ma anche ragazzi che, dopo essersi trasferiti in altre città per inseguire i propri sogni o per obblighi lavorativi, decidono sempre di ritornarvi.
E’ proprio ciò che è accaduto a Fabrizio Costa che, ormai romano di adozione, ha deciso di ritornare nella sua terra natia, nella sua Cosenza per presentare, dopo il grande debutto a Roma nel mese di novembre, “Glee” il musical interamente danzato e messo in scena ieri 28 Gennaio presso il Teatro dell’Acquario.
Fabrizio muove i suoi primi passi di danza presso la “Dance Studio” di Mirella Castriota e, in seguito, nel “Centro Internazionale di Danza” di Isabella Sisca; partecipa a trasmissioni televisive come “Ricomincio da due”, “Fantastico”, “Domenica In” e, dopo varie tournée e le nuove esperienze da insegnante in molte città italiane, nel 2003 approda all’A.S.D.  Leonardo di Roma.
Nel 2008, insieme al coreografo Davide Zimei, fonda la “Millennium DanceGroup” con il forte desiderio di mettere in circolo un repertorio prettamente “jazz” e “funky”.
La Millennium Dance, composta da 13 elementi, Giovanna Adinolfi, Valentina Casali, Valerio Cisaria, Roberta De Stephanis, Claudia Evangelisti, Giordana Faitella, Patrizio Marongiu, Beatrice Nano, Manuela Olmetti, Annamaria Paolillo, Maddalena Paolillo e gli stessi Davide Zimei e Fabrizio Costa, ha proposto il musical “Glee” tratto dall’omonima serie televisiva americana.
I ballerini hanno danzato su uno svariato repertorio musicale; dai Queen a Lady Gaga, da Rihanna ad Adele; passando per Michael Jackson, Maroon Five, Beatles e tanti altri.

Mentre i professionisti danzavano leggiadri e fluenti alle loro spalle scorrevano scorci di immagini tratte dal telefilm americano; solo negli ultimi due balletti sono stati proiettati dei video che ritraevano gli stessi ballerini; filmati amatoriali creati appositamente per far esplodere il phatos e per condurre il pubblico verso la catarsi.
Come nel telefilm anche nel musical sono state messe in luce alcune tematiche prettamente adolescenziali; l’amicizia, l’amore corrisposto e non, il bullismo e, infine, l’amore per lo stesso sesso messo in scena con un pax de deux (passo a due) danzato da due ragazzi.
Moderni e innovativi gli abiti di scena; magliette personalizzate, calze e maglie a rete, divise da college, scarpe da ginnastica e anche molti abbinamenti trasgressivi tra cui camicia, giacca, cravatta e boxer rigorosamente a fantasia.
Grinta, divertimento, energia, intrattenimento le parole chiave che descrivono in toto la performance a cui ieri sera hanno assistito moltissimi spettatori; i ballerini sono riusciti a raggiungere in pieno il loro intento, il pubblico era completamente esaltato, nella sala circolava un’aria frizzantina e si toccava con mano l’irrefrenabile voglia di salire sulla poltroncina e scatenarsi tutti insieme a ritmo di musica.

Tra i presenti anche Antonella Monaco e Stefano De Gaetano; insegnanti nella scuola di danza di Isabella Sisca che hanno seguito la crescita artistica di Fabrizio.Lo spettacolo si è chiuso con i ringraziamenti di quest’ultimo a Jennifer Hind, insegnate di modern-jazz che fino a poco tempo fa ha fatto parte della rosa dei maestri del “Centro Internazionale di Danza”; un ulteriore ed emozionante ringraziamento Fabrizio Costa ha voluto rivolgerlo ai suoi genitori, i suoi due più grandi fans.

Annabella Muraca

La sfida della legalità parte da Cosenza con un gioco da tavolo

Gioco CittadiniUn pomeriggio ludico all’AcquarioBistrot di Cosenza. Ma anche un appuntamento di impegno civile. L’associazione Libera Cosenza, insieme ad Ossidiana (l’Osservatorio per lo studio dei Processi Culturali e della Vita Quotidiana dell’Unical) e al Centro RAT del teatro Acquario, ha presentato un nuovo gioco di società.

L’iniziativa rientra nella rassegna “Per una scandalosa normalità. Pensieri e parole per una Calabria (e un Paese) normale” e nella volontà della sezione di Cosenza di Libera di operare concretamente sul territorio. Le cronache recenti hanno portato alla luce una realtà criminale e mafiosa che sembrava finora sommersa. Le parole legate alla ‘ndrangheta sembravano relegate ad altre zone della Calabria, invece occorre aprire bene gli occhi, prendere coscienza della vera realtà in cui viviamo e agire per cambiarla. “Cosenza non è l’isola felice che hanno voluto farci credere – appella Sabrina Garofalo referente di Libera Cosenza – e l’associazione è in prima linea per dare una scossa alle coscienze dei cosentini”. Un impegno che passa dagli incontri del corso “A scuola di antimafia – Il riutilizzo sociale dei beni confiscati” nelle aule dell’Università della Calabria, dai prodotti di Libera Terra previsti nel menù della serata e da un gioco da tavolo.

“Cittadini. La sfida quotidiana della legalità” è un gioco ideato e realizzato dalla cooperativa sociale Dignità del Lavoro (già Delfino Lavoro) di Cosenza, in collaborazione con Libera, Cereso e Camera di commercio di Reggio Calabria, e con il sostegno della Bcc Mediocrati. Ogni partita è metafora di un anno di vita in una comune città. I giocatori sono dunque cittadini che ogni giorno si trovano davanti alle proprie attività e alle proprie relazioni, alle proprie sfide e alle proprie scelte. Il gioco si snoda lungo tre principali percorsi, economico-finanziario, politico-culturale, etico-solidale che rappresentano altrettante dimensioni della vita. Ogni casella richiede una scelta da compiere, scelta che può determinare la vittoria personale, ma soprattutto la realizzazione di una società più giusta per tutti. “Legalità è il frutto del modo di pensare e delle scelte concrete di ciascuno di noi e della società nel suo insieme – ricorda il procuratore Pignatone nella prefazione – ed ogni nostro comportamento, ogni scelta politica, ogni fatto che accade possono influire sul livello di legalità”.

Legalità che non è quindi solo lotta diretta e frontale alle mafie, ma è strettamente legata al rispetto delle leggi che regolano ogni aspetto della vita. Da qui l’esigenza da cui scaturisce l’idea del gioco: “Siamo convinti – sottolineano gli autori – che la costruzione della legalità e la lotta a tutte le mafie, passi, innanzitutto, per l’educazione della coscienza critica”.

La proposta di un gioco è una modalità nuova e accattivante per veicolare aspetti etici e valoriali importanti. Un gioco quindi che non è solo divertimento ma è soprattutto fonte di apprendimento, se inserito correttamente nel proprio contesto di vita. “Lo scopo di Cittadini è dimostrare che la legalità può e deve essere anche un gioco da ragazzi, – si legge nella prefazione di don Ciotti – qualcosa che tutti, a cominciare dai più giovani, devono costruire giorno per giorno, attraverso scelte consapevoli e comportamenti coerenti”.

Una sfida che hanno colto al volo le persone intervenute all’incontro. Dopo la presentazione, infatti, nella saletta dell’AcquarioBistrot sono stati allestiti quasi dieci tavoli con altrettante scatole del gioco. Grandi e piccini hanno avuto così l’occasione di mettersi subito alla prova e compiere con dadi e pedine la missione assegnata: fare la scelta per costruire legalità.

 

Mariacristiana Guglielmelli

I balletti francesi: miscela di suoni e corpi

23 GENN 2012 – Il quarto appuntamento della stagione lirico-sinfonica del teatro “A. Rendano” è stato dedicato a “La Francia: i balletti francesi”, spettacolo svoltosi sabato 21 con replica domenica 22 gennaio.
Nel primo trentennio del secolo scorso la danza è stata completamente rivoluzionata e gli stessi balletti francesi hanno subito la possente influenza di Sergej Pavlovič Djagilev, coreografo e impresario teatrale russo, che nel 1909 fondò i  favolosi Ballets Russes sciolti nel 1929 in seguito alla morte dello stesso.
In questi giorni, dunque, due compagnie cosentine hanno calcato il palco del Rendano rendendo omaggio a quel periodo prolifero e meraviglio che ha reso la danza arte sublime e raffinata.
La Compagnia Balletti “A. Rendano” , composta da undici elementi: Greta De Marco, Ylenia Fasanella, Yleana Illuminato, Francesca Gatto, Maria Imbrogno, Rosa Eleonora Maletta, Astrid Mazza, Michela Pizzino, Claudia Rao, Roberta Rao e Giampiero Trimaldi, ha danzato “Parade” su musica di Erik Satie e il “Bolero” su musica di Maurice Ravel.
Il primo balletto, coreografato da Antonella Monaco e Stefano De Gaetano, propone un’ironica competizione tra un gruppo di danzatrici e un baldo giovane, il secondo balletto, invece, è stato realizzato da Grazia Galante; in quest’ultimo una ballerina simboleggia la melodia circondata dal corpo di ballo che, personificando il ritmo, aumenta a dismisura l’intensità dei propri gesti fino ad inghiottire la melodia stessa.

La Compagnia Balletti “Skanderberg” composta, invece, da dodici elementi Elena Chiappetta, Marco Coscarella, Francesco Coscarella, Maria Chiara d’Amico, Carmen Forte, Rosalia Guido, Gabriele Naccarato, Elena Nervino, Concetta Pecora, Alessia Perugini, Carolina Spina e Giulia Vecchione, ha danzato “Le Carnaval des Animaux” su musiche di Camille Saint-Saens e “Prélude à l’Après-Midi d’un Faune” di Claude Debussy, entrambi i balletti sono stati coreografati da Giuseppe Della Mollica.
La Compagnia “A. Rendano”, fondata nel 1981 da Isabella Sisca; ha seguito la crescita professionale di molti giovani talentuosi alcuni dei quali oggi calcano i teatri più prestigiosi d’Europa, ricordiamo, ad esempio, Andrea Volpintesta e Maria Francesca Garritano ballerini presso l’autorevole Scala di Milano, la compagnia “Skanderberg”, invece, è stata fondata dalla direttrice artistica Mirella Castriota nel 1985 annoverando numerose partecipazioni a trasmissioni televisive, festival e rassegne cinematografiche.

I ballerini di entrambe le compagnie hanno dimostrato talento oltre ad un coordinamento musicale; grazie alla loro freschezza sono riusciti a dare senso ad ogni singolo movimento, ad ogni passo, ad ogni infinitesimale respiro.
Quest’ultimi, dotati di indubbie qualità fisiche, hanno donato il proprio animo e la propria sensibilità artistica ad un pubblico, purtroppo, scarno ma molto coinvolto ed interessato.
Bellissimi i vestiti di scena; drappi e body intessuti di pailletes e perline hanno illuminato il palco creando effetti da “mille e una notte” grazie anche ai disegni di luce di Antonio Molinaro.

In questi due giorni, dunque, i ballerini professionisti hanno avuto il privilegio di danzare su musiche dal vivo, accompagnati dalla ormai nota Orchestra lirico-sinfonica del teatro “A. Rendano” diretta, anche questa volta, da un direttore ospite, Donato Silvio.
Grazie a questo spettacolo danzato, l’unico previsto per questa stagione lirico-sinfonica,  i giovani hanno avuto la possibilità di esprimere, con rispetto e dedizione, il proprio amore per l’arte e per i propri sogni.

Annabella Muraca

Da Kingston a Cosenza: passi di pace giusta

simbolo di paceUna giornata di pace quella del 14 gennaio per la città di Cosenza. Una felice coincidenza infatti ha reso possibile la concomitanza di due eventi sulle tematiche della pace, appunto, e della giustizia.

La manifestazione maggiormente seguita è stata la marcia organizzata come ogni anno dall’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, che si è svolta a partire dalle 19.00 lungo le via del centro. L’appuntamento, a cui è seguita la veglia di preghiera nella chiesa di San Nicola, è stata presieduta dall’Arcivescovo, Monsignor Salvatore Nunnari, ed ha visto la partecipazione di diversi importanti personaggi del mondo politico, religioso, delle associazioni e della società civile della città. Un momento sicuramente più istituzionale che ha voluto attirare l’attenzione sul tema “Educare i giovani alla giustizia e alla Pace”.

Un incontro invece più raccolto, ma di certo non meno interessante, è stato quello organizzato dal gruppo SAE, dall’associazione “Sentiero nonviolento” e dal Punto Pace di Pax Christi di Cosenza, nella Chiesa Valdese di Corso Mazzini. Le riflessioni si sono concentrate su “Solo la pace è giusta”, messaggio finale della Convocazione ecumenica internazionale sulla pace, che ha avuto luogo a Kingston, in Giamaica, dal 17 al 25 maggio 2011, su convocazione del Consiglio ecumenico delle Chiese. Questo evento internazionale, il secondo nella storia del movimento ecumenico, si è posto come conclusione del “Decennio per superare la violenza”, che ha visto le Chiese di tutto il mondo approfondire sempre più il proprio impegno per la pace.

Relatore d’eccezione dell’incontro Gianni Novello, presente a Kingston tra i cinque delegati italiani, come rappresentante di Pax Christi (Movimento cattolico internazionale per la pace), l’organizzazione che ha partecipato con il maggior numero di presenze da ben 9 paesi differenti.

La sua dialettica ha catturato il pubblico fin dalle prime battute sul racconto dell’esperienza giamaicana. “Partecipando a questo evento, ho pensato che il popolo della pace è come quei fiumi sotterranei che permettono agli alberi della superficie, a uomini, animali, fiori, di dissetarsi e di celebrare la vita. Un lungo fiume è come una lunga marcia”. Catturano le parole, da cui traspare ancora l’emozione per un momento così alto di partecipazione e confronto tra persone provenienti da ogni angolo della terra, con differenti vissuti alle spalle, ma tutti impegnati nella costruzione di un mondo più giusto. Un impegno che si misura con le difficoltà quotidiane, con gli ostacoli che la modernità e le scelte economiche del sistema capitalista pongono di fronte ai singoli e alle comunità. Particolare il metodo adottato, incentrato principalmente sulle narrazioni delle esperienze, ogni partecipante come “lettera vivente” di speranza, che portava agli altri qualcosa di sé. L’incontro tra diversi come dono.

La Convocazione è stata principalmente una congregazione dei rappresentanti della base, più che dei vertici ecclesiastici. E questo forse un po’ stride rispetto alle deliberazioni finali, che pongono l’accento sulla costruzione di un percorso per l’eliminazione della violenza: la violenza non può essere in alcun modo legittimata – si legge nel documento conclusivo – e non può essere ridotta ad una mera questione etica tra tante, perché tocca l’essenza delle comunità di fede.

Dichiarazioni che non rimangono vuote costruzioni teologiche, ma che nascono dalle concrete situazioni che vivono le comunità nelle diverse parti del mondo. E dalla necessità di conciliare fede e cittadinanza, deriva anche il riferimento, molto importante, al commercio di armi e al ricorso alla guerra, anche in paesi che si professano contrari. Nel corso del dibattito, emerge da più voci il caso emblematico dell’Italia e del contrasto che esiste tra il ripudio della guerra inserito nell’art. 11 della Costituzione e le missioni internazionali, propinate come “di pace” o “umanitarie”, ma che nei fatti sono conflitti veri e propri.

La partecipazione di rappresentati di differenti confessioni religiose presenti in città ha reso l’incontro una “piccola convocazione ecumenica” che, dai temi declinati a Kingston sulla costruzione delle pace giusta nelle comunità, con la terra, nell’economia e tra i popoli, ha tratto numerosi spunti per un confronto aperto e propositivo. L’assemblea si è sciolta infatti con una domanda che sarà certamente volano delle attività successive delle associazioni organizzatrici ovvero “Come si può realizzare una pace giusta in una terra come quella calabrese? Come rispondere alle diverse forme di violenza che ogni giorno e a più livelli costringono la vita dei calabresi?”

 

 

Mariacristiana Guglielmelli

La Calabria attraverso gli occhi di don Giacomo Panizza

Copertina“Qui ho conosciuto purgatorio inferno e paradiso” è il titolo del libro presentato ieri, 11 gennaio, nella Sala degli specchi del Palazzo della Provincia di Cosenza.

Protagonista e ospite d’eccezione don Giacomo Panizza, sacerdote bresciano, fondatore della comunità “Progetto sud” a Lamezia Terme.

La sua storia è un viaggio da nord a sud, un’emigrazione a rovescio come lui stesso la definisce. Un percorso che lo ha portato a lavorare e a vivere accanto alle persone più fragili. La comunità “Progetto sud” nasce infatti come gruppo di convivenza tra persone disabili e non, un luogo di inclusione sociale in cui costruire alternative per la risoluzione di problematiche legate alla disabilità, alla tossicodipendenza, all’immigrazione.

Una scelta non priva di ostacoli, che sembra dar fastidio a chi trae profitto dalle debolezze altrui. Accanto alle gioie e alle soddisfazioni del lavoro, iniziano gli atti intimidatori e le minacce della mafia. L’ultima, in ordine di tempo, solo qualche settimana fa, la sera di Natale, quando un ordigno esplosivo è scoppiato davanti ad una struttura per l’accoglienza dei minori immigrati non accompagnati gestita dalla comunità.

Dalla volontà di dimostrare vicinanza e solidarietà alla comunità “Progetto sud” parte l’idea della Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari) di Cosenza di realizzare questo incontro. Intento che viene rimarcato più volte nelle parole introduttive della presidente Carmela Mirabelli, riprese a seguire dall’assessore alla Cultura della Provincia di Cosenza Maria Francesca Corigliano.

La presentazione vera e propria del libro viene affidata al presidente del Tribunale di Cosenza, Renato Greco, che conduce i presenti lungo la storia di don Giacomo Panizza, tracciando cinque differenti percorsi di lettura. Il primo è sicuramente il profilo personale del sacerdote, che, metalmeccanico fino a 23 anni, decide di coniugare la propria dedizione al prossimo con la vocazione religiosa. Da qui è un crescendo di esperienze e di incontri che ripercorrono oltre quarant’anni di vita e che incrociano le alterne vicende storiche del paese. Ne esce il quadro di una persona di grande umanità, che ha speso la propria vita per gli altri e con gli altri. Strettamente connesso a questo percorso è l’approccio alla sofferenza che anima l’attività di don Giacomo, un elemento che può viaggiare solo indissolubilmente legato alla dignità della persona. Ma la svolta fondamentale è la scelta di scendere in Calabria e di accompagnare un gruppo di persone nella presa di consapevolezza delle proprie capacità. Una chiave di lettura importante che propone Greco è dunque il ruolo del volontariato e del terzo settore, in una terra in cui spesso le istituzioni sono sorde e poco efficaci nel dare risposte ai cittadini. Ed ecco il richiamo alla Calabria, in un’analisi della nostra regione fatta da un emigrato del nord che ha la rara capacità di superare i pregiudizi e gli stereotipi che l’accompagnano, ma anche di svelare le errate e continue giustificazioni che impediscono il cambiamento reale. Ultimo spunto di riflessione suggerito dal presidente del Tribunale è naturalmente quello della ‘ndrangheta e delle situazioni contro cui ha dovuto lottare e ancora lotta la comunità lamentina. “Ribadisco anche in questa sede che la mafia si può combattere veramente solo attraverso un’intensa e capillare opera culturale, prima che repressiva. E l’attività di don Giacomo è l’esempio concreto di ciò che serve per un cambiamento reale.”

Dopo le parole di elogio per la sua attività e per le sue scelte di vita, nel suo intervento don Giacomo Panizza sembra quasi volersi mettere da parte per dare spazio a chi lo ha portato ad essere oggi così conosciuto e “ricercato”. Cita innanzitutto Goffredo Fofi, saggista, critico teatrale, letterario e cinematografico, impegnato da sempre sui temi sociali, da cui è partita l’idea del libro e delle domande che lo compongono. Egli svela che il titolo, suggerito dalla casa editrice Feltrinelli, voleva essere inizialmente “Vivere in Calabria” o “Calabria terra di frontiera” poiché l’intento era quello di fornire ai calabresi uno strumento per conoscere la propria terra. Nel corso dell’intervista invece è emerso più che altro ciò che il sacerdote ha incontrato in Calabria. Ne esce fuori quello che Renato Greco ha definito un “affresco composito di istituzioni, politica, economia, senza lasciare fuori neanche la Chiesa”. Ma soprattutto tanta gente “normale”, che affronta con coraggio la propria quotidianità. Don Giacomo non si stanca mai di ripetere quanto importante sia stato per la realizzazione del progetto della comunità la volontà e la disponibilità di uomini, donne, giovani di Lamezia che hanno creduto nella possibilità di un cambiamento.

Cita a più riprese Roberto Saviano, autore della prefazione, con cui ha in qualche modo condiviso l’esperienza della vita sotto scorta. Ricorda Vittorio De Seta, ma anche i tanti ragazzi che purtroppo ha dovuto salutare nel corso degli anni, morti a causa della distrofia muscolare o dell’aids. E poi ancora tanti nomi di compagni di viaggio, che hanno accompagnato il suo andare, le sue battaglie, le sue giornate.

Conclude l’incontro Nella Matta, past presidente e responsabile della Commissione solidarietà Fidapa di Cosenza, puntando l’attenzione sul capitolo del libro dedicato alle donne, che sono oggi più consapevoli del proprio ruolo e della possibilità di essere protagoniste attive del cambiamento. Una nota critica viene rivolta invece ai calabresi: ciò che rende così speciale e ammirevole l’opera di don Panizza è strettamente legato alla pavidità di agire della maggior parte della gente, che affida a pochi eroi la risoluzione di problemi che dipendono in realtà dall’impegno di tutti. Come è lo scontro con la ‘ndrangheta, che don Giacomo affronta tutti i giorni, senza cercarlo, ma semplicemente portando avanti la sua idea di rispetto, seguendo l’obiettivo di essere accanto alle persone fragili. Un invito interessante, rivolto principalmente all’assessore Corigliano, è quello di portare nelle scuole il libro presentato e l’esperienza che descrive, così da seminare partendo dai più giovani quel risveglio culturale auspicato dal presidente Greco.

 

Mariacristiana Guglielmelli

Tante sono le maschere che indossiamo nella vita…

11 GENN 2012 – Dopo una breve pausa dalla prosa dovuta alle vacanze natalizie e ai concerti appositamente realizzati per queste feste, ieri 10 Gennaio, il pubblico è ritornato a teatro ed è stato accolto dall’opera di Pirandello “Uno, nessuno e centomila”.
E’ il secondo titolo della stagione di prosa del teatro “A. Rendano”, curata dalla responsabile artistica Isabel Russinova che ha scelto di incentrare l’intera stagione sulla figura della donna.

Lo spettacolo è stato messo in scena dalla compagnia “Krypton” di Firenze diretta dal regista cosentino Giancarlo Cauteruccio, reduce dal grande successo ottenuto, con lo stesso spettacolo, al teatro “La Pergola” di Firenze.
Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo pirandelliano, è stato interpretato dall’ eccezionale Fulvio Cauteruccio che, alternando momenti di comicità a sprazzi di esaltazione e di incontrollata follia, è riuscito in pieno a materializzare lo stato d’animo del banchiere.
Quest’ultimo, dopo la completa dissoluzione della sua identità, inizia a compiere atti inusuali e insensati che lo fanno sprofondare sempre di più nel baratro della disperazione facendogli rischiare, tra l’altro, l’interdizione.
Moscarda, detto anche Gengè, entra in uno stato di crisi profonda dopo che Dida, sua moglie, gli fa notare un piccolo difetto che lo caratterizza: il naso storto, pendente leggermente verso destra.
E’ da questo momento che Moscarda inizia a fare i conti con se stesso e con tutte quelle voci che vivono dentro di lui, quest’ultime, nello spettacolo, sono state riprodotte dalle voci fuori campo di Irene Barbugli, Roberto Gioffré, Riccardo Naldini, Carlo Salvador e Tommaso Taddei.
Il protagonista è stato affiancato da due attrici: Laura Bandelloni, sua compagna a teatro e nella vita, che ha interpretato discretamente la moglie Dida; donna leggera e frivola, completamente assorbita dalla classica vita borghese fatta di paillettes e lustrini e da Monica Bauco nel ruolo dell’amante Anna Rosa.
La Bauco è stata magnifica nella sua interpretazione; sciolta, naturale, equilibrata e coinvolgente nonostante la complessità del suo personaggio e la posizione scomoda e costrittiva in cui ha recitato, era infatti immersa fino alla vita in un buco ricavato al centro di un letto.
Anna Rosa, alter ego di Vitalgelo Moscarda, è risultata essere molto simile al personaggio Winnie di “Giorni Felici” di Beckett, è proprio per questo che si è parlato di un “Pirandello in Beckett”.
Alla rappresentazione ha partecipato anche un’attrice speciale la “cagnetta da salotto” Bibì, una tenera cagnolina maculata.
La scenografia, firmata da Loris Giancola e resa un “non luogo” grazie ai giochi di luce di Claudio Signorini, è apparsa come un ambiente incorporeo e metafisico abitato da voci e oggetti mobili: delle sedie, uno specchio, dei woofer (altoparlanti) che hanno permesso la materializzazione delle voci off, un carrello che per tutto lo spettacolo ha trasportato Dida e, infine, il continuo girare su se stessa di Anna Rosa con lo scopo di simboleggiare la perenne circolarità del tempo.
Il teatro non era particolarmente gremito, ma a sopperire questa mancanza è stata, certamente, la cospicua partecipazione dei giovani molti dei quali, alla fine dello spettacolo, si sono avvicinati a Giancarlo Cauteruccio che questa sera replicherà  alle 20,30.

Rivelatrici di una visione sorprendente e non tradizionale del teatro di cui si fa portavoce il regista Cauteruccio sono le sue stesse parole che, nell’incontro pre spettacolo di ieri pomeriggio, hanno riempito la sala Quintieri del teatro Rendano, “E’ molto strano – ha affermato- che io abbia messo in scena Pirandello visto che per molto tempo è stato mio nemico. Pirandello arriva nelle mie corde anche grazie a Fulvio che porta con sé l’esperienza dell’attore”.

Annabella Muraca

Una serata di arte: Gran Galà di poesia ad Altilia (Cs)

altiliaSi è concluso all’insegna della bellezza e della poesia il periodo delle feste natalizie di Altilia.

Nel Centro polifunzionale del paese si è svolto il Gran Galà di poesia “Altilia… e mi sovvien l’eterno” organizzato dall’associazione culturale Gueci, in collaborazione con l’amministrazione comunale. Nella magica cornice dell’ex convento, tra le luci soffuse delle candele e il profumo dei fiori che ornavano la sala, una quindicina di poeti, provenienti da tutta la provincia cosentina, si sono alternati declamando i propri versi.

Presentatrice della serata Anna Laura Cittadino, presidente dell’associazione e anima portante dell’evento, che è riuscita a raccogliere intorno a sé voci molteplici e variegate del panorama letterario locale.

La serata è stata aperta dal sindaco di Altilia, Pasquale De Rose, che ha rivolto un caloroso saluto a tutti i convenuti. Il primo cittadino ha colto l’occasione per invitare i presenti alle successive manifestazioni che si svolgeranno nel comune del Savuto, poiché il Gran Galà di poesia è stato scelto dall’amministrazione come momento inaugurale di una più ampia stagione di eventi che ravviveranno il paese nel corso dell’anno. Per coloro che per la prima volta visitavano il luogo, De Rose ha inoltre ricordato il contributo che il paese ha offerto alla storia e all’arte della nostra regione. Altilia infatti – ha accennato brevemente De Rose – è stata culla della prima setta carbonara e patria dei maestri scalpellini. Le parole del sindaco sono state volano perfetto per il video realizzato da Luciana Iannuzzi, proiettato in sala per rendere omaggio alla città ospite, che attraverso le fotografie di Luigi Funari ha regalato agli spettatori un particolare punto di vista sul paese.

Il cuore pulsante della serata sono stati naturalmente i versi dei poeti, con i loro componimenti in lingua e in vernacolo. La kermesse è partita con Gianfranco Aloe che ha voluto rendere omaggio ad uno dei personaggi più rappresentativi di Altilia, Scipione Valentini, amministratore, politico ed educatore calabrese. A ruota si sono succeduti al microfono Flavio Vercillo di Rende con “Volare” e “Rovine”; Filomena Mirella Bloise di Castrovillari con “Il nostro caro angelo”, “Ergo sum… ovvero della resistenza” e “Mia rosa”; Angelo Canino con “U zappaturi” e “A Befana”; Giuseppe Salvatore con “Notte i Natale”; Margherita Celestino da Frascineto con “Autunno”, “La trappola” e “Se oggi è festa canto” scritta in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia; Carla Curcio; Lorenzo Curti da Morano Calabro con “Momenti” e “I tuoi passi”; Giacomo Guglielmelli con “Belli i tuoi occhi” e “Mancu nu zampugnaru”; Matteo Dalena con “U chiantu i Calabria”; Angela Gatto con due poesie tratte dalla raccolta “Vite”; Gabriele Fabiano con “Lo capirò? Forse no”, “Così tanto mi manchi” e “Con la maglia intrisa di te”; Lucia De Cicco di Cerisano con “Deserto”. La sfilata poetica è stata chiusa da Ciccio De Rose che ha intrattenuto il pubblico con un poemetto in vernacolo dal titolo “Carmelina”, ambientato nei vicolo del centro storico di Cosenza.

Due gli ospiti d’onore della serata a cui il sindaco De Rose ha consegnato una targa ricordo: Angela Cittadino, poetessa catanzarese che ha regalato al pubblico i versi di ”Alla funtana” e “A nive”, ed il maestro liutaio Emilio Natalizio, famoso per la sua arte, che ha realizzato strumenti anche per Ligabue e Carmen Consoli. Il maestro, che nel 2000 ha omaggiato Giovanni Paolo II con un suo violino, oggi è impegnato non solo nella sua attività pregiata di costruzione e restauro degli strumenti, ma soprattutto nel portare avanti una rivalutazione dell’aspetto artigianale nel lavoro. A Castrolibero è infatti attiva una scuola/museo con percorsi didattici per i ragazzi delle scuole. L’occasione del Gran Galà è stata galeotta per un invito al confronto e allo scambio con le arti e i mestieri che l’amministrazione comunale di Altilia si sta impegnando a rivalutare sul proprio territorio.

Manifestazione poliedrica e avvolgente che ha incuriosito con l’abbinamento di poesia e danza. Ai versi letti dai poeti si sono infatti aggiunte le esibizione dei ballerini Ida Lucchetta e Luca Perri dell’associazione Calabria Tango.

Una piacevole commistione di arti, per una riuscita collaborazione tra enti pubblici e associazioni, su un terreno spesso poco seguito quale quello dello poesia. Un appuntamento che sarà ripetuto in primavera con il premio letterario “Un libro per l’inverno 2011-2012”.

 

 

Mariacristiana Guglielmelli

Caro 2011 addio!

31 DIC 2011 – “Musiche da Film” è l’esclusivo concerto di fine anno svoltosi ieri sera, venerdì 30 dicembre, presso il teatro “A. Rendano”.
E’ così che Albino Taggeo, direttore artistico del teatro, ha deciso di salutare il vecchio anno per accogliere con tanta speranza e una miriade di buoni propositi l’anno che verrà.
Proprio lui, ieri sera, ha dato l’avvio allo spettacolo con parole veementi ed estremamente sentite: <<Ho deciso di intitolare l’incontro “Cinematografo che passione!” – ha affermato – perché le musiche dei film sono tutte dentro di noi. E’ un omaggio di cuore che vogliamo fare al cinema>>.
Per l’occasione, difatti, sono state scelte le colonne sonore più note, quelle che sono ancora vivide nell’immaginario collettivo e che con lo scorrere del tempo sono diventate parte integrante della nostra storia.

Il concerto è stato tenuto dall’Orchestra lirico-sinfonica del teatro Rendano che ha stupito tutti con un’estasiante performance; questa volta, però, il maestro Pelliccia, che ha diretto l’orchestra nel Nabucco, ha ceduto la “bacchetta” al direttore ospite Carmelo Caruso che, con il suo tocco leggiadro e quasi fatato, ha creato un’atmosfera magica e suggestiva.
Portentosa la vocalist Stefania Del Prete che ha sferrato una voce piena, potente ma, allo stesso tempo, delicata e suadente con l’innata qualità di riuscire a sfiorare le corde più profonde dell’animo umano.
Ogni scorcio musicale è stato accompagnato dalle immagini dei relativi film che fluivano dolcemente alle spalle degli orchestratori: Moon River di Henry Mancini tratto dal film “Colazione da Tiffany”, Close to you di Burt Bacharach dai film “Tutti pazzi per Mary” “Parenti, amici e tanti guai” e “Mirror Mask”, Il Grande botto di Alberto Giraldi e Paolo Rossi dal film omonimo, The way we were di Alan Bergman dal film “Come eravamo”, Giù la testa di Ennio Morricone tratto dall’omonimo film, Over the rainbow di Harold Arlen dal “Mago di Oz”, Goldfinger di John Barry da “Agente 007 – Missione Goldfinger”, C’era una volta in America di Ennio Morricone e, infine, La vita è bella di Nicola Piovani tratto dal film omonimo di Roberto Benigni.
La seconda parte della serata, invece, è stata completamente dedicata a Nino Rota; l’orchestra, composta da 49 elementi e tre ospiti: Luca Bruno e Cristina Gargiulo entrambi pianisti e Andrea Mandarino contrabassista, ha avuto l’arduo compito di far rivivere alcune delle colonne sonore che Rota stesso ha composto per film omonimi: La Strada, Il Gattopardo, Amarcord, Il Padrino, Romeo e Giulietta e, per concludere, 8 e mezzo.
L’evento ha riscosso enorme successo, il teatro era completamente gremito e gli applausi, fragorosi e strepitanti, hanno accompagnato l’orchestra nella sua seconda uscita pubblica dopo il fortunato Nabucco.
A grande richiesta, tra l’altro, è stato sollecitato il bis da parte del pubblico e il direttore d’orchestra, Carmelo Caruso, ha colto la palla al balzo decidendo di replicare con “La vita è bella”, decisione accolta con gioia da parte di tutti i presenti.

Alla serata sono intervenuti tra gli altri: Katia Gentile, vicesindaco al Comune di Cosenza; l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici Giuseppe Gentile; l’ex sindaco del Comune di Cosenza Salvatore Perugini e, infine, Giovanni Latorre Rettore dell’Università della Calabria.
Il concerto, in realtà, ha avuto anche uno scopo educativo; mostrare la tacita relazione che intercorre tra immagine filmica e colonna sonora, due elementi così diversi che però hanno un fine comune: emozionare, incuriosire e stupire lo spettatore.

Annabella Muraca

Dietrich Bonhoeffer: un uomo oltre la teologia

Bonhoeffer Nel pomeriggio di ieri 28 dicembre, si è tenuto, a Cosenza, presso la chiesa Valdese di Corso Mazzini, un incontro di riflessione sulla figura di Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano del secolo scorso.

L’appuntamento è stato organizzato dal Gruppo SAE (Segretariato Attività Ecumeniche) e dall’associazione “Sentiero Nonviolento”, due realtà attive in città da oltre dieci anni legate, come evidenziano le stesse denominazioni, alle tematiche dello scambio interreligioso, la prima, e della nonviolenza la seconda. Due organizzazioni che in questa occasione hanno voluto far convergere i propri interessi su una figura che ben incarna lo spirito ecumenico ed il rispetto della dignità dell’uomo.

Nato in Polonia nel 1906, Bonhoeffer è una delle voci più rappresentative della teologia e dell’ecumenismo del novecento. Fu un protagonista attivo della resistenza al nazismo, nonché uomo dalla personalità poliedrica e affascinante, prima ancora che religioso critico e credente “scomodo”. Un’esistenza divisa tra cielo e terra, tra la dedizione a Dio e la profonda compassione per gli uomini. Si può considerare uno dei pochissimi uomini di chiesa che abbia avuto il coraggio di “sporcarsi le mani” nell’attività politica, in un periodo storico e in un contesto così difficile quale quello della Germania hitleriana. Scelta che gli costò la vita. Morì infatti nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945, impiccato per alto tradimento, accusato di cospirazione nei confronti del Führer.

Il confronto tra gli intervenuti, in pieno spirito ecumenico ha coinvolto profondamente anche il pubblico presente. Dopo i consueti saluti, l’introduzione di Franco Viapiana, membro della Chiesa Valdese di Dipignano, accompagna il pubblico alla scoperta dell’eclettico Bonhoeffer: la sua intensa attività di viaggiatore che stimola l’apertura all’ecumenismo, la scelta difficile ma consapevole della collaborazione alla cospirazione contro Hitler, la solidità nella fede, il rispetto per le diversità e soprattutto la grande importanza dell’amicizia.

Seguono gli interventi di don Giacomo Tuoto, vicario episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, su “Bonhoeffer uomo di fede”; di Vincenzo Altomare dell’associazione “Sentiero Nonviolento” sulla relazione fede e lotta all’ingiustizia con un chiaro e diretto riferimento a Gandhi; di papas Pietro Lanza, parroco della Chiesa Greca del Santissimo Salvatore di Cosenza e rettore del seminario, che ha insistito sulla figura del vero cristiano e sull’eterna lotta tra oppressi e oppressori; di Carlo Antonante, membro dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, sull’esperienza del monaco buddista Makiguchi che ha pagato con la vita l’opposizione alla militarizzazione giapponese. Ha concluso l’incontro Beniamino Viapiana, membro della Chiesa Valdese di Dipignano, mettendo in risalto ancora una volta la figura di Bonhoeffer come uomo di ecumenismo e lodando iniziative come questa per la capacità di mettere in rete la ricchezza delle diversità dei culti.

L’appuntamento segue la proiezione del film “Bonhoffer” di Eric Till (2000), tenutasi il 10 dicembre scorso nei locali del Centro Socio Culturale “V. Bachelet” di Cosenza. Una sorta di cineforum in più tappe che ha il merito di aprire numerosi interrogativi sulla coerenza delle scelte che ciascuno fa rispetto alla storia del proprio tempo.

Il dibattito ha dato modo di approfondire la teologia di Bonhoeffer, ma soprattutto di verificarne l’attualità in rapporto alla crisi di valori che attraversa la società moderna ed anche rispetto al ruolo ricoperto dalle Chiese. Partendo da una figura intensa e significativa come quella presentata, l’incontro ha dato ai presenti l’opportunità di riflettere sulla necessità continua di testimoni ed esempi veraci di coraggio. «Le sue provocazioni ci scuotono dal torpore della nostra fede, dall’ipocrisia di una religione spesso vissuta solo per tradizione, senza anima e senza cuore, senza partecipazione, mettono a nudo il nostro cristianesimo poco credibile e la nostra mancanza di coerenza: annunciamo il Vangelo (se e quando lo facciamo) ma non lo testimoniamo, anzi spesso la nostra vita è una contro testimonianza rispetto ai principi evangelici. Quella che sogna Bonhoeffer – conclude Maria Pina Ferrari, membro del Gruppo SAE – è, invece, una Chiesa veramente profetica, che cammina accanto agli uomini del proprio tempo, condividendone gioie, dolori, speranze, lotte»

 

Mariacristiana Guglielmelli