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Ad Amendolara è emergenza cinghiali. Il sindaco: «Agricoltori in ginocchio»

AMENDOLARA (CS) – L’Amministrazione Comunale di Amendolara intende avviare di concerto con gli enti preposti una discussione circa l’individuazione di una normativa tesa a risolvere una volta per tutte l’annoso problema, divenuto ormai insostenibile, dei gravi danni alle colture causati dai cinghiali che proliferano e imperversano, diventando un pericolo anche per la pubblica incolumità. Una emergenza nazionale che al momento attende ancora risposte concrete.

La Giunta Comunale ha già deliberato due volte in tal senso, chiedendo alla Regione Calabria – nel frattempo che si trovi una soluzione duratura – di estendere le provvidenze previste per questi danni, oltre che per i comuni ricadenti nel Parco del Pollino anche per gli agricoltori di Amendolara e degli altri comuni del comprensorio che intendano aderire a questa richiesta.

«E’ giunto il momento – commenta il sindaco di Amendolara, Antonello Ciminelli – di individuare contromisure davvero efficaci e definitive. Le misure tampone utilizzate sino adesso si sono rivelate inefficaci sul campo. A testimonianza di ciò, le numerose istanze presentate dagli agricoltori, ormai stanchi di vedere distrutti i loro raccolti, frutto di giornate di lavoro e sacrifici».

Incontro in piazza con gli agricoltori

Per questo motivo il sindaco ha convocato per sabato 3 luglio alle ore 18.30 in piazza Giovanni XXIII un incontro per discutere – assieme agli agricoltori e a chiunque intenda apportare un contributo – al fine di elaborare una proposta condivisa per la risoluzione del problema da presentare alla Regione Calabria e quindi all’assessorato alle Politiche Agricole che comprende anche i settori del Patrimonio faunistico e della Caccia.

«Abbiamo il dovere – ricorda il sindaco Ciminelli – di tutelare i nostri agricoltori e allevatori che con enormi sacrifici gestiscono le loro aziende mantenendo viva la memoria storica e soprattutto contribuendo ad un fondamentale equilibrio naturale, necessario anche per arginare il dissesto idrogeologico. I loro sacrifici non possono essere vanificati da un fenomeno ormai senza controllo che deve essere affrontato in maniera seria e risolto definitivamente».

Tragedia sulla Statale 106, giovane investito e ucciso da un’auto

CORIGLIANO ROSSANO (CS) – Ennesima tragedia sulla Statale 106. Ieri intorno alla mezzanotte, un 26enne di nazionalità senegalese, Sisay Kauson, è stato travolto e ucciso da un’auto mentre si trovava a bordo strada. L’impatto è avvenuto nella zona industriale di Rossano sulla strada statale 106. La persona che lo ha investito ha immediatamente lanciato l’allarme e attivato i soccorsi ma i sanitari del 118 giunti sul posto non hanno potuto far altro che constatare il suo decesso. Sul posto anche i carabinieri e i vigili del fuoco per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti e il traffico ha subito rallentamenti

Migranti, oltre 50 sbarcano al porto di Cariati. Arrestati due scafisti russi

 

CARIATI (CS) – Nella serata di ieri, a seguito di serrate ed articolate indagini svolte congiuntamente dagli Agenti della Squadra Mobile della Questura di Cosenza, da Militari della Stazione Carabinieri di Cariati e dai colleghi del Commissariato di P.S. di Corigliano Rossano, sono stati sottoposti a fermo di indiziato di delitto due cittadini di nazionalità russa, D.A. classe 1985 e V.V. classe 1974, per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

In particolare da quanto ricostruito dagli inquirenti, i due sarebbero stati gli skipper della barca a vela di circa quindici metri che nella mattinata di ieri è spiaggiata sulle coste cariatesi e dalla quale sono sbarcati oltre cinquanta cittadini iracheni ed iraniani, verosimilmente di etnia curda, tra cui anche una donna con il proprio figlio di appena cinque anni.

Lo sbarco avvenuto intorno alle ore 08:00 era stato notato da alcuni cittadini che in quel momento si trovavano vicino all’area portuale e che immediatamente hanno dato l’allarme al numero di emergenza 112; da subito Militari dell’Arma si sono prodigati al fine di evitare che i migranti si disperdessero tra le vie del paese e, grazie all’immediato supporto di altro personale dell’Arma dei Carabinieri nonché del Commissariato di P.S. di Corigliano Rossano unitamente ai soccorritori del 118 e personale del Comune di Cariati, venivano prestate le prime necessarie cure del caso.

Caccia e arresto degli scafisti

Poco dopo il verificarsi dei fatti, già alcuni cittadini che avevano assistito allo sbarco, hanno fornito alle forze dell’ordine alcuni elementi in ordine a quelli che sin da subito erano apparsi essere i cd. “scafisti” per cui immediatamente venivano diramate le ricerche.

Gli ulteriori accertamenti, esperiti da personale della Squadra Mobile di Cosenza, permettevano di costruire altresì una serie di importanti e fondamentali elementi inerenti non solo le modalità della traversata da parte dei citati migranti, bensì anche in relazione alla descrizione puntuale di coloro che avevano provveduto ad accompagnarli nella difficile navigazione.

Tali elementi, supportati dalle dichiarazioni delle persone informate sui fatti consentivano l’individuazione di due cittadini russi che nel frattempo avevano fatto perdere le loro tracce ed avevano cercato di contattare un servizio taxi per allontanarsi dalla Calabria: gli uomini dell’Arma dopo serrate ricerche li individuavano lungo una via centrale di Cariati e, dopo averli sottoposti ad identificazione, provvedevano ad unire tutti gli elementi d’indagine sino a quel momento sviluppati. A ciò si aggiungeva il riconoscimento di alcuni cittadini stranieri sbarcati per cui nella prima serata di ieri gli uomini della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri sottoponevano i due cittadini russi al fermo di indiziato di delitto, e su disposizione della competente autorità giudiziaria, al termine delle formalità di rito venivano tradotti presso la casa circondariale di Castrovillari.

Il risultato operativo è stato raggiunto grazie alla tempestività e dalle capacità investigative di tutti gli uomini delle forze dell’ordine nonché grazie alla collaborazione della cittadinanza che, anche in questo caso, è stata certamente preziosa.

    

‘Ndrangheta, estorsioni, armi da guerra: blitz alle cosche in ‘Spes contra Spem’

REGGIO CALABRIA – I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito, a Taurianova e Cinquefrondi, 11 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip nei confronti di altrettante persone, accusate di essere legate o, comunque, di avere favorito le cosche Zagari-Fazzalari e Avignone operanti a Taurianova.

 

 

Gli arresti sono giunti a conclusione di un’indagine – denominata “Spes contra Spem” – coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi anche da guerra, esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sostituzione di persona, tutti aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.

I NOMI

I soggetti destinatari della misura cautelare, tutti originari di Taurianova, sono:

1. ALESSI Antonino, classe 1989;

2. AVATI Francesco, classe 1982;

3. AVIGNONE Domenico, classe 1975

4. CANNIZZARO Giuseppe detto Enzo, classe 1970;

5. CARIDI Annalisa, classe 1970;

6. DE RACO Giuseppe, classe 1964, sottoposto agli arresti domiciliari;

7. LAFACE Claudio, classe 1964;

8. LAFACE Giuseppe, classe 1986;

9. LEVA Rocco, classe 1975;

10. PEZZANO Marzio, classe 1970;

11. ZAGARI Pasquale, classe 1964.

 

Sono inoltre indagati in stato di libertà:

12. R.A., classe 1966;

13. R.A., classe 1971.

14. C.M., classe 1972;

15. R.G., classe 1980.

 

“Spes contra Spem”, blitz alle cosche

 

Le indagini sono state supportate dalle testimonianze di alcuni imprenditori vittime di estorsione da esponenti della criminalità organizzata locale che hanno ammesso le vessazioni e le richieste estorsive subite da parte, in particolare, di due storici referenti mafiosi di zona, Domenico Avignone e Pasquale Zagari, quest’ultimo tornato a Taurianova dopo una lunghissima detenzione ed un periodo di sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale nel Nord Italia.  Zagari avvalendosi della fattiva collaborazione di partecipi e gregari, come Francesco Avati, Antonio Alessi e Rocco Leva, era tornato nel suo paese di origine da capo e reggente, referente mafioso per la risoluzione di qualsivoglia questione, anche privata, da vecchio ‘ndranghetista mai ravvedutosi realmente, che chiede il “pizzo” o cui ci si affida per la risoluzione di contrasti privati, tentando di ristabilire quel controllo egemonico del territorio scalfito dalle recenti operazioni di polizia.

 

Pasquale Zagari era l’unico esponente di rilievo della famiglia ad essere libero da vincoli giudiziari, atteso che gli altri fratelli Giuseppe cl.’63 e Carmelo cl.’69 sono detenuti, il primo condannato con sentenza definitiva alla pena dell’ergastolo ed il secondo condannato anche dalla Corte di Appello di Reggio Calabria nell’ambito procedimento penale “Terramara Closed” (esecuzione risalente al 2017) perché ritenuto appartenente ad associazione di tipo mafioso, unitamente alle sorelle, Italia Zagari cl.’59 (moglie dell’ergastolano Marcello Viola cl.’59) e Rosita Zagari cl.’75, entrambe condannate per concorso esterno nell’ambito dello stesso procedimento “Terramara Closed”, ed al cognato Fazzalari Ernesto, marito di quest’ultima, anch’egli già condannato con sentenza definitiva alla pena dell’ergastolo per plurimi omicidi, e catturato dopo una ventennale latitanza nel 2016.

 

Zagari: ex protagonista che ritorna sulla scena della criminalità

Pasquale Zagari è stato uno dei principali protagonisti della faida di ‘ndrangheta di Taurianova nei primi anni ’90, ed era stato condannato all’ergastolo, pena però poi rideterminata in 30 anni di reclusione, conclusi con un periodo di sorveglianza speciale nel Nord Italia. Pasquale Zagari aveva anzi avviato un apparente percorso di “riabilitazione sociale”, partecipando a dibattiti, convegni e incontri, come testimone di redenzione, pentendosi del suo passato criminale, e contro l’ergastolo ostativo, in ultimo proprio a Taurianova, nel settembre 2020. In realtà, proprio nei primi permessi rilasciati durante la sorveglianza speciale una volta uscito dal carcere, Zagari era ritornato a Taurianova per compiere le sue attività delittuose, insieme a nuove leve della criminalità organizzata.

 

Attraverso minacce, evocando i morti della faida di Taurianova e grazie alla sua capacità di risolvere i problemi con la violenza, ha costretto imprenditori e cittadini a dazioni in denaro, sia per rafforzare la cosca di appartenenza e sia per il mantenimento delle famiglie in carcere, o li hacostretti ad abbandonare i locali utilizzati per l’attività commerciale svolta, o ancora si è intromesso nella compravendita di terreni, chiedendo somme di denaro non dovute per autorizzare l’acquisto o comunque coartando la loro volontà nelle scelte imprenditoriali e private, in favore di altri soggetti a lui vicini. Zagari, da storico ‘ndranghetista, ha anche offerto e imposto la sua protezione mafiosa, non richiesta, alle vittime, in cambio di aiuti economici e favori, il tutto per tentare di ristabilire il controllo egemonico del territorio e ottenere l’assoluto riconoscimento di “capo”. Proprio a causa della violenza e insistenza delle sue pretese, nell’ottobre 2020 è stato arrestato in flagranza dai Carabinieri di Taurianova, in occasione dell’ennesima “visita” ad una delle vittime, in realtà vicenda rientrante in un più ampio piano delinquenziale.

 

Altri soggetti coinvolti

 

In tali gravi fatti entrano in gioco anche altri soggetti, come Marzio Pezzano, Giuseppe De Raco e Giuseppe Cannizzaro i quali, benché apparentemente estranei a contesti mafiosi, si erano rivolti a vario titolo proprio a Pasquale Zagari per risolvere forzatamente in loro favore le controversie in corso con alcune delle vittime delle condotte estorsive (anche al fine di ottenere il rilascio dei locali utilizzati per le attività aziendali), così divenendo veri e proprio mediatori, partecipi e “mandanti” delle azioni delittuose, ricercando e ottenendo quell’aiuto “mafioso” che rafforza e fortifica la criminalità organizzata nel territorio, in sostituzione dello Stato. Una richiesta illecita di aiuto che però si è ritorto contro di loro, essendo stati destinatari di misura cautelare quali concorrenti in estorsione aggravata dal metodo e finalità mafiose.

Significativo anche il ruolo di due cugini indagati in stato di libertà che, benché già ritenuti appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta “Asciutto-Neri-Grimaldi”, al tempo della faida contrapposta agli Zagari, oggi, per quanto ipotizzato dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, per garantire quella “Pax mafiosa” faticosamente raggiunta, hanno svolto un ruolo di mediatori in favore di Zagari e in danno di una delle vittime, organizzando e favorendo incontri epersuadendola ad accettare le pretese estorsive.

L’indagine ha consentito di acclarare anche come Domenico Avignone, al momento ricercato e anche lui già condannato per reati associativi, figlio dello storico capo Giuseppe Avignone cl. 38- già condannato all’ergastolo e protagonista dalle Strage di Razza’ del 1977, quando furono trucidati i Carabinieri Stefano Condello e Vincenzo Caruso – ha voluto mantenere nel territorio la sua autorevolezza mafiosa, offrendo “protezione” non richiesta nei confronti di alcuni imprenditori, risolvendo loro problematiche emergenti o rassicurandoli per lo svolgimento “in sicurezza” del loro lavoro, chiedendo in cambio dazioni in denaro, non necessariamente di grande entità; tutti elementi qualificanti di quella “estorsione ambientale” che rafforza la criminalità organizzata nel territorio. Anche lui si è intromesso nell’acquisto di terreni e immobili, arrogandosi il potere di rilasciare un ‘nulla osta’ in favore di qualcuno piuttosto che di altri e avendo il potere di estromettere eventuali soggetti non graditi interessati all’acquisto. Sono stati poi ulteriormente documentati i suoi costanti e attuali rapporti con altre cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, in particolari i “Pisano” di Rosarno, soprattutto quale referente nel settore dello smercio di sostanze stupefacenti. Una figura che, nonostante l’avvio e conduzione di una attività commerciale legale e un atteggiamento apparentemente meno violento e riservato, ha continuato ad esercitare carisma criminale e influenza mafiosa.

Articolata poi la parallela vicenda ricostruita in indagine che ha visto come principali protagonisti i Laface Claudio e Giuseppe, zio e nipote, imprenditori di Taurianova, nonché la moglie del primo, Annalisa Caridi i quali, nel contesto della paura e dell’omertà esistente nel territorio, hanno compiuto numerose minacce per ottenere del denaro da altro locale imprenditore. I tre, infatti, a vario titolo, approfittando di problematiche personali e sentimentali di una delle vittime, hanno fatto leva su loro presunti collegamenti con le cosche di ‘ndrangheta di Cittanova, i cui esponenti potevano risolvere i suoi problemi, imponendo protezione e aiuto mafioso, però costringendo la vittima, ancheminacciando gravi ripercussioni in caso di inottemperanza, a numerose dazioni in denaro in loro favore, per diverse decine di migliaia di euro. Per attuare il loro piano criminale, addirittura, hanno talvolta ingannato la vittima sostituendosi direttamente a presunti esponenti della criminalità organizzata cittanovese, inviando messaggi diretti e indirettiper convincerlo a consegnare celermente loro il denaro o costringerla al pagamento di bollette, utenze, rate di finanziamenti ed altro.

Trovate armi da guerra

Le attività investigative condotte dai Carabinieri di Taurianova hanno poi dimostrato l’attuale e rilevante pericolosità del sodalizio mafioso, con il rinvenimento e sequestro di due fucili mitragliatori “Zastava” mod. “M70” cal.7,62×39 mm., armi da guerra, un fucile cal. 12 “beretta” mod. “Sauer” con matricola punzonata, numerose munizioni di vario calibro, due giubbotti antiproiettile, nonché una bomba a mano da guerra modello “m53 p3” di provenienza slava.

L’operazione odiernacolpisce ancora una voltalapresenza della ‘ndrangheta nel territorio taurianovese, i cui esponenti, avvalendosi della forza di intimidazione promanante dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di omertà che ne derivano, sono in gradodi mantenere il controllo egemonico del territorio in svariati settori creando quell’assoggettamento psicologico ed economico di cittadini ed imprenditori, per coartarli nelle loro scelte individuali eponendosi quali non imparziali “arbitri” nelle controversie tra privati, in sostituzione della Legge e dello Stato. Ancora una volta viene però dimostrato come l’unica vera e risolutiva via di uscita da una tale asfissiante situazione è rappresentata dalla denuncia e la piena collaborazione con i Carabinieri e la Magistratura.

In Calabria vaccini senza prenotazione per docenti e maturandi il 5 e il 6 giugno

CATANZARO – Esami in sicurezza e tranquillità. E’ l’obiettivo dell’iniziativa – Vaccinarsi: un segno di “maturità” – promossa per il prossimo weekend dalla Regione Calabria, Commissario ad acta per la sanità, Protezione Civile, Struttura Commissariale e Difesa e Croce rossa.

Il 5 e il 6 giugno i maturandi e i docenti potranno presentarsi nei vari punti vaccinali, distribuiti su tutto il territorio regionale, senza bisogno di prenotazione ma solo muniti di un modello di autocertificazione che attesti la proprio condizione – firmata dai genitori in caso di minore – e la copia di un documento di identità allegato.

Da lunedì 7 giugno, invece, sarà il turno dei ragazzi della terza media, anche essi impegnati nelle prove di esame. Questi ultimi potranno ricevere il vaccino da parte dei pediatri di libera scelta o nei centri vaccinali, sempre dopo la consegna di un’autocertificazione firmata dalla madre o dal padre.

Cassano, spara dall’auto e ferisce un 32enne: indagano i carabinieri

CASSANO ALLO IONIO (CS) – Agguato a colpi di pistola nella serata di ieri a Cassano allo Ionio, nel centro storico, in zona Cappuccini.  A rimanere ferito un uomo di 32 anni G.C., che sarebbe stato raggiunto da alcuni proiettili ad una gamba e al piede. Alcuni proiettili lo avrebbero raggiunto quando si trovava in attesa davanti a una abitazione. Subito dopo il ferimento il giovane è stato soccorso e trasportato all’ospedale di Castrovillari. Le sue condizioni, da quanto si è appreso, non sarebbero gravi. Sull’accaduto indagano i carabinieri della tenenza di Cassano in collaborazione con i colleghi della compagnia di Corigliano Calabro.

Dai primi riscontri investigativi sarebbe emerso che a sparare sia stata una persona a bordo di un’autovettura che, immediatamente, ha fatto perdere le proprie tracce. Poco chiara al momento la dinamica dei fatti e il giovane è stato sentito dai carabinieri secondo i quali, a sparare, sarebbe stata una persona da un’autovettura.

Golf Club San Michele, Ugo Galiano parla del Club dei Giovani e di Golf è Donna

Cetraro (CS) – E’ il Golf Club San Michele di Cetraro uno dei centri sportivi più importanti nel Mezzogiorno. Un’oasi naturale a cielo aperto in cui praticare golf diventa un’esperienza bucolica. Il San Michele è il Golf Club più antico della Calabria e uno dei primi Golf Club italiani. Un posto magico, in cui lo sport e la natura si uniscono. Due sono le iniziative che il Golf Club di Cetraro ha appena recuperato ed avviato: Il Club dei Giovani e Golf è Donna.

A parlare dei progetti del Golf Club San Michele è Ugo Galiano.

Galiano è il responsabile dell’attività giovanile Calabria Golf. Vincitore di diverse gare nazionali e regionali, il classe ’97 ha espresso la propria  soddisfazione in relazione a questo affascinante sport: «Ho iniziato a praticare golf nove anni fa, grazie ad un progetto giovanile organizzato dal Golf Club San Michele.  Grazie alla  dedizione e alla volontà di avvicinare i giovani a questo sport da parte del direttore del circolo, Mario Marra, nel 2012 ho avviato il mio percorso sportivo. Da quel momento il golf è diventato centrale nella mia vita». La vista mozzafiato del San Michele sulla costa è sicuramente uno dei punti di forza del circolo. Il Tirreno diventa cornice di uno sport in cui la calma e la forza interiore sono i punti cardine per una buona preparazione atletica. Sul Club di Cetraro, soprattutto sulla sua conformazione geografica, Galiano dichiara che
«è uno dei percorsi più suggestivi d’Italia. Si colloca in un contesto turistico molto variegato, data la presenza di diverse mete estive e la possibilità di praticare molti sport acquatici. La morfologia del campo rende altamente tecnico ed impegnativo il gioco. E’ un percorso arduo in cui la tecnica pura  viene premiata». 

 

Il Club dei Giovani

E’ questo un progetto che negli anni ha avvicinato un buon numero di ragazzi al golf. Il Club dei Giovani è l’iniziativa del Golf Club San Michele che sdogana i pregiudizi su questo sport. E’ proprio Galiano il coordinatore e promotore del Club dei Giovani. Sul progetto il golfista classe ’97 si è espresso in maniera positiva e propositiva: «Vorrei sfatare subito un mito, ovvero che il golf è costoso. L’approccio economico per un ragazzo a questo sport è pari ad altri come il calcio, la pallavolo, ecc. Aggiungo, inoltre, che non è uno sport da vecchi poiché richiede grande sforzo e resistenza fisica. Il Club dei Giovani è una grande opportunità per far avvicinare i ragazzi al golf. E’ un progetto su cui la FIG punta molto, poiché è la Federazione stessa ad averci invitato a stilare il miglior quadro atletico per un giovane golfista». Il San Michele ed il golf in generale rappresentano un’opportunità di crescita per la Calabria non solo sportiva, ma soprattutto sociale: «a differenza di quanto si possa pensare, nonostante sia uno sport individuale, il golf unisce e crea legami , sportivi e non, anche in virtù di progetti come il Club dei Giovani» afferma Galiano

Golf è donna

E’ il progetto nato per avvicinare le donne al mondo del golf.  Il dislivello di sesso in questo sport è ampio, ragion per cui il Golf Club San Michele, attraverso il coordinamento di Sandra Ionata, ha accettato di aderire a questa iniziativa nazionale insieme ad altri 53 circoli italiani. Ugo Galiano su un tema così importante afferma che «è fondamentale avvicinare le donne a questo sport. Vari sono stati i pregiudizi rispetto alla figura femminile in relazione al golf nel tempo. Proprio per abbattere questo muro costituito da desueti cliché, il San Michele ha aderito con decisione a Golf è Donna. Già dallo scorso sabato sono partite le attività sportive attraverso l’Open Day che ha riscosso un copioso successo».

Il San Michele è, purtroppo, una realtà poco conosciuta. Un potenziale volano turistico che potrebbe diventare centrale nel panorama calabrese. In altri Paesi, infatti, il golf è uno dei punti cardine dei piani turistici nazionali; ciò accade perché il golfista, dato il lungo lasso di tempo da dedicare all’appuntamento sportivo, permane molto di più sul territorio rispetto ad atleti che praticano altri sport.
Le attività relative a Golf è Donna e al Club dei Giovani si tengono ogni sabato dalle 15 alle 17: è questo il momento per avvicinarsi ad uno sport che troppo spesso viene preso poco in considerazione.

 

Discoteche, Spirlì: «Sì alla riapertura in sicurezza». Evento test 12 giugno

«Diciamo sì al ballo e alla riapertura delle discoteche, purché tutto avvenga nel rispetto delle misure anti-Covid. Ben venga, dunque, il protocollo del Silb per la ripartenza di un settore fondamentale per l’economia calabrese». È quanto dichiara il presidente della Regione Calabria, Nino Spirlì, al termine dell’incontro con il presidente di Confcommercio Calabria centrale, Pietro Falbo, e il presidente del Sindacato italiano locali da ballo (Silb) Calabria centrale, Rodolfo Rotundo.

Evento test a Catanzaro

Nel corso della riunione, Falbo e Rotundo hanno presentato al presidente Spirlì il protocollo, messo a punto dal Silb, per la ripartenza in sicurezza delle discoteche. Il protocollo – che segue un iter già tracciato a livello nazionale dal Sindacato – verrà sperimentato nel corso dell’evento test, in programma per sabato 12 giugno, che si svolgerà nella discoteca “Atmosfera” del Comune di Borgia, in provincia di Catanzaro.

«È arrivato il tempo – dice ancora Spirlì – di far ripartire, gradualmente, tutte le attività economiche.Purtroppo, il settore delle discoteche continua a essere ingiustamente demonizzato. Bisogna, invece, difenderlo, perché questo mondo non ha a che fare – come spesso si tende a credere – solo con il divertimento, ma è piuttosto un comparto che assicura migliaia di posti di lavoro in tutta la Calabria, con un indotto che coinvolge decine e decine di professioni. La riapertura di questi locali corrisponde perciò alla rinascita di un settore che è, al tempo stesso, industria, impresa, azienda, economia, lavoro, vita».

‘Ndrangheta, incendiano un negozio per intimorire il proprietario: due arresti

REGGIO CALABRIA – Questa mattina i Carabinieri di Reggio Calabria hanno arrestato due persone con l’accusa di tentata estorsione, danneggiamento mediante incendio, porto di arma in luogo pubblico. L’episodio al centro dell’indagine coordinata dalla Dda reggina è legato all’incendio di un esercizio pubblico allo scopo di “ammorbidire” un esercente che non voleva accettare la proposta di acquisto recapitata da un esponente della ‘ndrangheta del capoluogo.

Dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti sul luogo dell’incendio si vede chiaramente un  soggetto arrivare in scooter davanti l’esercizio commerciale il quale, sceso dal mezzo, appicca il foto alla saracinesca del negozio della vittima per poi dileguarsi.

L’operazione e i sequestri

L’operazione ribattezzata “La fabbrica dei cornetti” ha portato all’arresto di Antonio Morabito, reggino di 40 anni e Riccardo D’Anna, 28 anni, nato a Siracusa. Morabito è ritenuto responsabile di associazione di tipo mafioso ed entrambi di tentata estorsione, danneggiamento mediante incendio, detenzione e porto in luogo pubblico di arma da sparo in concorso ed aggravati dall’agevolazione mafiosa. Morabito inoltre, secondo gli inquirenti, avrebbe un ruolo centrale nella ‘ndrangheta dell’area meridionale di Reggio Calabria.

Quanto acquisito nel corso delle indagini, oltre a fornire una dimostrazione del pieno inserimento degli indagati nelle dinamiche mafiose locali, costituisce importante elemento di riscontro alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Le risultanze investigative hanno permesso di documentare come Morabito, con l’ausilio di D’Anna, aveva inizialmente tentato di estorcere – attraverso l’invio di messaggi diretti al proprietario di un tabaccaio di Ravagnese – il consenso alla cessione della sua attività, e di fronte alle resistenze di quest’ultimo, aveva poi dato mandato al D’Anna affinché venisse appiccato il fuoco alla saracinesca dell’esercizio commerciale.

E’ stato inoltre accertato come Antonio Morabito, in ragione del suo stabile inserimento all’interno della ‘ndrangheta, fosse perfettamente in grado di procurarsi clandestinamente armi da sparo tanto da mettere a disposizione una di queste ad un soggetto non identificato mediante la collaborazione del sodale Riccardo D’Anna. L’ indagine ha anche portato al sequestro di due imprese operanti nel settore della produzione e vendita di prodotti dolciari e della panificazione a Reggio per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro. I due soggetti sono stati portati nel carcere di Reggio Calabria.

Omicidio Castrovillari, uccide la madre: il padre si salva disarmandolo. Si indaga sul movente

CASTROVILLARI (CS9 – Paolo Emilio Sisci, il 32enne che giovedì a Castrovillari ha ucciso a coltellate la madre Filomena Silvestri, di 65, avrebbe tentato anche di aggredire il padre, Alberto, quest’ultimo nel difendersi avrebbe fatto cadere il coltello che l’uomo aveva in mano. Alberto Sisci ha poi trovato scampo rifugiandosi sul terrazzo dell’appartamento della famiglia in cui è stato commesso il delitto fino all’arrivo dei carabinieri che hanno arrestato il figlio. Quest’ultimo, secondo quanto si è appreso in ambienti della Procura, non è stato ancora sentito dai magistrati che coordinano il lavoro dei carabinieri della Compagnia di Castrovillari.

 

Da chiarire, dunque, resta il movente che ha spinto Paolo Sisci ad avventarsi sulla madre colpendola con numerose coltellate in varie parti del corpo. I magistrati attendono dunque gli esiti dell’autopsia, che dovrebbe essere effettuata all’inizio della prossima settimana, e l’interrogatorio di convalida per cercare di capire i motivi del delitto. Al riguardo, Sisci è anche stato sottoposto a perizia psichiatrica, visto che si parlava di una sofferenza psichiatrica dell’uomo, ma dagli esami non sarebbero emerse particolari. La Procura, comunque, ritiene necessario condurre altri accertamenti anche su questo fronte.

 

Il legale “chiarire la semiinfermità”

“I pettegolezzi di corridoio ci dicono che, negli ambienti degli inquirenti, non ci sia una forte convinzione nella problematica psichiatrica così marcata da poter sostenere l’incapacità di intendere e di volere”. A dirlo è l’avvocato Roberto Laghi difensore dell’omicida trentaduenne Paolo Emilio Sisci.  “Noi allo stato – aggiunge il legale – non abbiamo avuto ancora accesso, per come peraltro sarà nostro diritto, alle dichiarazioni rese sia nella forma di interrogatorio, sia nella forma di spontanee dichiarazioni dal nostro assistito. Allo stato sembrerebbe che ancora non sia stata fissato l’esame autoptico. L’autopsia, pur essendo evidente la causa della morte della povera madre, sarà molto importante per capire questa sorta di automatismo, questo elevato numero di fendenti dati. Quanti colpi sono? Quali parti vitali hanno attinto? Perché già questa geografia della lesività potrebbe essa stessa dare uno spaccato sulla situazione psicologica, psichiatrica di questo giovane che ha creato un problema così enorme”.

 

L’avvocato difensore di Sisci non ritiene molto importante l’eventuale confessione. “Ritengo che non sia molto importante o meno un’eventuale confessione, c’è – sottolinea – una situazione di flagranza o di quasi flagranza per cui l’ipotesi della attribuibilità al giovane dell’omicidio della madre mi sembra appunto, allo stato, sia fuori discussione. C’è da chiarire che l’incapacità di intendere e di volere, al momento dell’atto, potrebbe escludere la punibilità, ma poi ci sarebbe un problema di misura di sicurezza eventualmente da scontare, l’altro problema, ben significativo, è la semiinfermità che vale come una sorta di attenuante che, allo stato, rimane tutta da dimostrare e da capirne il peso sotto il profilo del bilanciamento tra aggravanti e attenuanti. Ovviamente la famiglia Sisci è completamente distrutta. E’ in una situazione di sgomento totale perché si tratta di una tragedia immensa e, soprattutto, perché si sono aperte le porte del carcere per un congiunto”.