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Estorsione aggravata, condannati Teodoro e Giuseppe Crea

PALMI (RC) – A conclusione del processo per estorsione aggravata ai danni degli imprenditori Giuseppe e Nino De Masi, il Tribunale di Palmi ha condannato, rispettivamente a 12 e 8 anni, Teodoro e il figlio Giuseppe Crea, attualmente detenuti al 41 bis. Imputato anche Domenico, l’altro figlio del boss, la cui pena risulta sospesa  per via della latitanza di quest’ultimo. Secondo l’accusa, i Crea avrebbero costretto gli imprenditori de Masi a farsi consegnare macchine e attrezzi per l’agricoltura, il cui valore supera i 180mila euro, senza pagare.

Strage di San Lorenzo, la Cassazione conferma: ergastolo per Domenico Scarola e Francesco Salvatore Scorza

ROMA – Dopo gli ergastoli inflitti in primo e secondo grado, anche la Cassazione conferma il carcere a vita nei confronti di Domenico Scarola e Francesco Salvatore Scorza. Furono loro ad uccidere a San Lorenzo del Vallo, il 16 febbraio 2011, Rosellina Indrieri e la figlia Barbara De Marco. Tiene dunque, anche davanti ai giudici della Suprema Corte, l’impianto accusatorio basato sulla testimonianza di Silas De Marco, figlio di Rosellina e fratello di Barbara. Nell’agguato rimase gravemente ferito ma riuscì a sopravvivere ed a raccontare agli inquirenti le terribili sequenze del duplice omicidio. Rosellina Indrieri e Barbara De Marco furono assassinate per vendetta. Esattamente un mese prima Aldo De Marco aveva freddato il giovane Domenico Presta al culmine di una lite. Domenico era figlio del boss latitante Franco Presta. L’affronto andava lavato con il sangue ma nel frattempo Aldo De Marco si era costituito ed era finito in carcere. Per questo la vendetta si è scatenata contro la famiglia del fratello di Aldo, Gaetano De Marco il quale cadrà a sua volta sotto i colpi dei killer il 7 aprile del 2011. Domenico Scarola e Francesco Salvatore Scorza furono condannati in primo grado nel 2014. La Corte d’appello ha confermato l’ergastolo nel 2016. Adesso è arrivata anche la sentenza della Cassazione a mettere la parola fine a questa drammatica vicenda.

Assenteismo a Pedace, dieci dipendenti comunali condannati

COSENZA – Il collegio giudicante presieduto dal giudice Enrico Di Dedda ha inflitto in primo grado dieci condanne nei confronti di alcuni dipendenti del comune di Pedace coinvolti a vario titolo nel 2012 in una inchiesta per truffa aggravata e assenteismo, denominata Time Out, condotta dalla procura di Cosenza. Si tratta di Costantino Basile (1 anno e 6 mesi), Luigina Curcio (1 anno e 6 mesi), Gianfranco Faraca (condannato a 1 anno e 6 mesi), Valentina Faraca (1 anno, 3 mesi e 15 giorni), Salvatore Manieri (1 anno, 2 mesi e 15 giorni), Gabriele Nicoletti (1 anno e 4 mesi), Mario Oliverio (1 anno, un mese e 25 giorni), Gina Piraine (1 anno e 6 mesi), Licia Dora Scarcelli (1 anno e 6 mesi), Liliana Talarico (1 anno e 4 mesi). Tutti dovranno inoltre risarcire i danni al Comune di Pedace. Le indagini coordinate dal pm Cozzolino e condotte dai carabinieri avevano messo in luce le gravi mancanze dei dipendenti i quali, dopo aver timbrato il cartellino, si allontanavano arbitrariamente dal posto di lavoro, arrecando grave danno ai cittadini e alla pubblica amministrazione. Sette invece gli imputati assolti, perché il fatto non sussiste. Si tratta di Dino Mario Altomare, Teresa Celestino, Vincenzo Greco, Antonietta Lucanto, Ernesto Murrieri, Franca Nicoletti e Francesco Zagotta.

Omicidi Abbruzzese-Pepe, condannato il pentito Forastefano

CATANZARO – È stato condannato a 20 anni di reclusione Antonio Forastefano. L’uomo, oggi collaboratore di giustizia , è ritenuto responsabile dell’omicidio di Fioravante Abbruzzese e Eduardo Pepe consumatisi nel 2003 sulla strada tra Cassano e Lauropoli. Durante il processo con rito abbreviato, per Forastefano era stato chiesto l’ergastolo in quanto era stata ritenuta fondata l’ipotesi per la quale Forastefano era alla guida dell’auto da cui vennero esplosi i colpi che hanno ucciso Abbruzzese e Pepe. Furono assolti Bruno Emanuele e  Andrea Martucci. A sparare, secondo gli inquirenti fu Bruno Emanuele mentre Martucci fungeva da specchietto, tesi smontata dall’assoluzione pronunciata stamattina presso il tribunale di Catanzaro. Forastefano ed Emanuele sono stati accusati di concorso in omicidio ( il primo condannato a 14 anni, il secondo all’ergastolo) in Cassazione per gli omicidi di Antonio Bevilacqua e Nicola Abbruzzese.

Inchiesta gestione Consorzio sviluppo industriale, condannati Tommasi e Frasca

COSENZA – Il Tribunale di Cosenza ha condannato Diego Tommasi e Stefania Frasca in merito alla presunta allegra gestione del Consorzio di sviluppo industriale di Cosenza. Il collegio ha inflitto quattro anni e sei mesi all’ex presidente Tommasi, cinque anni al dg Stefania Frasca mentre ha assolto il responsabile dell’area contabile Carlo Antonio Rango. I reati contestati sono truffa, falsità documentale e abuso d’ufficio. Il collegio ha disposto anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Frasca e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per Tommasi. Secondo l’accusa, tramite false dichiarazioni, la direttrice del Consorzio si sarebbe autoassegnata un incremento dei compensi e sia lei che l’ex presidente si sarebbero fatti liquidare rimborsi sulla base di un’autodichiarazione. Frasca e Tommasi sono stati condannati al risarcimento delle parti civili a cui è stata riconosciuta la provvisionale richiesta di 220.421 euro.

Docente Unical accusato di corruzione, Cassazione conferma condanna

COSENZA – La Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva il docente dell’Unical, Alfonso Nastro confermando di fatto la sentenza di primo e secondo grado che era di quattro anni per il professore e di due anni e sei mesi per la sua segretaria Marcella Beltrano. Per entrambi l’accusa è di corruzione mediante induzione. Per il docente, il Tribunale di Cosenza aveva disposto anche l’interdizione dai pubblici uffici e l’interruzione del rapporto con l’Unical. Nastro era stato condannato, inoltre, al pagamento di una provvisionale di duemila euro a un ex dottorando, che si è costituito parte civile. L’inchiesta in cui è coinvolto Nastro rappresenta uno stralcio di quella denominata “Symposium”. Il docente del dipartimento di Chimica e tecnologie chimiche è accusato di otto casi di presunta concussione ai danni di altrettanti ricercatori che, secondo la Procura, sarebbero stati costretti a versare dai 2mila ai 100 euro per avergli procurato la conclusione del contratto con l’azienda “Vecchio prodotti in ceramica”. Nastro è considerato la mente della maxitruffa scoperta dalla Guardia di finanza che, nel novembre 2009, portò all’arresto di tre imprenditori e al sequestro di beni per oltre 70 milioni di euro, tra cui il villaggio turistico “La Pace”, nel vibonese, le imprese “Vecchio Costruzioni generali” e “Vecchio prodotti in ceramica”, nel reggino. Gli indagati erano accusati di truffa, indebita percezione di finanziamenti pubblici e altro. All’epoca dei fatti Nastro era ordinario di “Materiali per la gestione ambientale e di tecnologia chimica applicata alla tutela ambientale” alla facoltà di Ingegneria dell’Università della Calabria ed era stato sospeso dall’esercizio di pubblico ufficio con conseguente interdizione temporanea dall’attività di insegnamento.

Prova la fuga dopo la condanna, arrestato

TORINO – Un uomo di 58 anni, condannato ad una pena di 9 anni e mezzo di carcere per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, ha tentato la fuga per evitare l’ordine di carcerazione emesso dagli organi competetenti. Salvatore Trimboli è stato individuato dagli uomini della Polizia mentre, con un’autovettura, tentava la fuga: secondo le indagini, Trimboli è considerato un trafficante vicino agli ambienti della cosca calabrese Cua Rizieri.

A seguito di una lunga attività investigativa, gli agenti delle Squadre mobili di Alessandria e Torino sono riusciti a fermare il 58enne che si era allontanato dalla propria dimora dal 17 gennaio; lo stesso giorno in cui la Cassazione si era pronunciata sul ricorso contro la sentenza di condanna. Salvatore Trimboli è il fratello del collaboratore di giustizia Domenico Trimboli che ha avuto uno stretto rapporto con alcuni narcotrafficanti della Colombia.

 

Scopelliti condannato a cinque anni nel processo sul caso Fallara

REGGIO CALABRIA – La Corte d’appello di Reggio Calabria ha ridotto da 6 a 5 anni di reclusione la condanna inflitta all’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, imputato come ex sindaco di Reggio, per abuso e falso per le vicende legate alle autoliquidazioni dell’ex dirigente comunale Orsola Fallara, suicidatasi nel 2010. Pena ridotta anche per gli ex revisori dei conti Carmelo Stracuzi, Domenico D’Amico e Ruggero De Medici, da 3 anni a 2 anni e 4 mesi. La condanna in primo grado spinse Scopelliti alle dimissioni dalla carica di governatore della Calabria con conseguente scioglimento anticipato del Consiglio regionale.

Prime condanne al processo Job Center

CATANZARO – Il gup distrettuale di Catanzaro ha comminato condanne per complessivi 90 anni di carcere agli imputati del processo ai pusher cosentini, scaturito dall’operazione “Job center”, condotta dalla Dda di Catanzaro nel settembre del 2015. Le condanne inflitte dal giudice per le udienze preliminari riguardano gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. La pena più severa, 13 anni e 4 mesi, ha riguardato Celestino Abbruzzese; 10 anni ad Anna Palmieri; 8 anni e 10 mesi a Marco Paura; 8 anni e 8 mesi a Gianluca Esposito Fortunato; 7 anni e 8 mesi ad Amos Zicaro; 8 anni a Giovanni Aloise; 5 anni e 1 mese a Giuseppina Perri; 10 anni e 8 mesi a Francesco Noblea; 8 anni e 10 mesi a Vincenzo Rose; 6 anni e 10 mesi a Francesco Mazzei; 2 anni a Candido Perri.

Omicidio Gentile, condanna a diciassette anni di carcere

CATANZARO – Diciassette anni di reclusione: è questa la condanna emessa a carico di Nicholas Sia, il giovane di 19 anni che il 24 ottobre scorso a Catanzaro uccise a coltellate Marco Gentile, di 18. La sentenza è stata emessa dal gup Antonio Battaglia a conclusione del processo con rito abbreviato. All’imputato sono state riconosciute le attenuanti generiche, dichiarate equivalenti rispetto alle contestate aggravanti dei futili motivi e della premeditazione. L’imputato, difeso dall’avvocato Giancarlo Pittelli, è stato anche condannato a risarcire 250 mila euro ai genitori della vittima e 90 mila euro alle zie. Le parti civili erano rappresentate dagli avvocati Arturo Bova, Antonio Lomonaco, Antonio Ludovico e Ottavio Porto. Secondo l’accusa, «la vittima, dopo una cessione di narcotico avvenuta una settimana prima e a fronte del mancato pagamento, sbeffeggiava in pubblico l’indagato». Da qui la decisione di uccidere Gentile. Sia colpì Gentile con 12 coltellate, provocandone la morte pressoché istantanea. Per i consulenti d’ufficio e della difesa, tra l’altro, Nicholas Sia era seminfermo di mente nel momento del fatto, ma il Gup non ne ha tenuto conto in sentenza.