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Fallimento Reggina Calcio, sequestrati beni per oltre 3 milioni di euro

REGGIO CALABRIA – Beni mobili e immobili per oltre 3 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Reggio Calabria a Pasquale “Lillo” Foti e Giuseppe Ranieri, rispettivamente primo presidente del Cda e amministratore di fatto e amministratore unico pro-tempore della società Reggina Calcio spa, dichiarata fallita nel giugno del 2016.

Il sequestro è stato disposto dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura diretta da Giovanni Bombardieri. Il provvedimento scaturisce da un’attività investigativa condotta dal Nucleo di Polizia economico – finanziaria grazie alla quale sarebbe emerso che Foti e Ranieri si sarebbero resi responsabili di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, omesso versamento di Iva, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, truffa aggravata ai danni dello Stato.

I sigilli sono stati apposti a 69 immobili, tra terreni e fabbricati e partecipazioni societarie in quattro imprese e oltre alle disponibilità finanziarie.

Fonte e foto Ansa

Sodalizio criminale gestito in famiglia, sequestro milionario nel lametino

LAMEZIA TERME (CZ) – Nella mattinata odierna i finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro, coordinati dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme Salvatore Curcio e dal sostituto procuratore Marta Agostini, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali, emessa dal g.I.P. del tribunale di Lamezia Terme su richiesta di questa procura della Repubblica, nei confronti di un sodalizio criminale costituito dai coniugi Rutigliano Michele (61) e Catanzaro Lina (57) e dai loro figli Rutigliano Gioacchino (33) e Domenico (30), denunciati a vario titolo per bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata per € 2.055.489,60, nonché per emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta ed infedele e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, per € 1.548.217,73. Le fiamme Gialle hanno proceduto a sottoporre a sequestro preventivo, ai fini della confisca, le somme costituenti il profitto dei reati ipotizzati, per l’importo complessivo di € 3.603.707,33, nonché tutte le attività di impresa, oltre a beni mobili ed immobili, riconducibili agli indagati. Ai soggetti responsabili dei reati contestati è stato anche notificato il divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale o di impresa.

OPERAZIONE LUCE

Il provvedimento di sequestro trae origine da una complessa e articolata indagine denominata “Operazione Luce”, coordinata da questa procura della repubblica e condotta dal gruppo tutela economia del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, che ha preso le mosse dall’approfondimento di alcune operazioni sospette riconducibili a movimentazioni finanziarie di due società lametine operanti nel settore del fotovoltaico e della carpenteria metallica, entrambe riconducibili alla famiglia Rutigliano. I finanzieri, insospettiti da alcune movimentazioni sui conti correnti societari e personali, hanno svolto gli accertamenti con una serie di acquisizioni documentali e indagini finanziarie su decine di rapporti bancari (tra conti correnti, carte di debito e depositi), nonché attraverso numerose richieste di controlli incrociati inviate a soggetti economici residenti in altre regioni d’Italia.

In esito alle investigazioni è stato così accertato che diverse aziende dei Rutigliano manifestavano un forte indebitamento verso l’erario, nonostante i cospicui volumi d’affari rilevati. Attraverso artifici contabili e manovre finanziarie, le aziende, infatti, venivano depauperate delle proprie risorse, facendo confluire gli incassi delle fatture emesse su conti correnti personali dei familiari oppure, in alcuni casi, facendo ricorso al finanziamento soci non giustificato da effettive esigenze personali. Questo modus operandi determinava nel dicembre del 2011 la pronuncia di fallimento della Rcs di Rutigliano Michele & c. Sas da parte della sezione fallimentare del tribunale di Lamezia Terme e la messa in liquidazione della erre impianti srl.

 

Operazione “Araba Fenice” denunciati imprenditori per bancarotta fraudolenta

VIBO VALENTIA – I Finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Lamezia Terme nei confronti di due società facenti parte di un gruppo di fatto riconducibile a noti imprenditori da tempo attivi nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di materiali edili.

Il provvedimento scaturisce all’esito di indagini delegate dalla Procura della Repubblica lametina finalizzate ad accertare eventuali responsabilità penali a carico degli amministratori di una società dichiarata fallita nel settembre del 2015 che hanno, tra l’altro, portato alla denuncia dei relativi amministratori per il reato di bancarotta fraudolenta.

Azzerare le garanzie patrimoniale mediante la creazione di un nuovo organismo socetario

Gli accertamenti svolti hanno infatti permesso di appurare come, in prossimità del fallimento, gli amministratori della società abbiano compiuto una serie di atti dispositivi, anche a titolo gratuito, volti, da un lato, ad azzerare le garanzie patrimoniali nei confronti dei creditori e, dall’altro, ad assicurare la continuità aziendale mediante la creazione “ad hoc” di un nuovo organismo societario, di fatto sempre riconducibile allo stesso gruppo familiare degli originari amministratori. Ed invero, per come accertato, gli amministratori hanno distratto beni merce e beni strumentali ed effettuato donazioni di beni in favore sia di prossimi congiunti sia di altre società del gruppo familiare. Utilizzando i beni così sottratti, i soggetti attinti dal provvedimento di sequestro, hanno proseguito l’attività imprenditoriale attraverso un’altra società di nuova costituzione, sorta sulle ceneri di quella fallita. Oggetto del provvedimento di sequestro, sono stati i beni della società neo costituita ed i residui beni ancora in capo alla società fallita, entrambe operanti nello stesso settore merceologico. Il valore dei beni sequestrati in capo alle due citate società ammonta a oltre 5 milioni di euro

Facevano fallire società in difficoltà, arresti a Crotone con sodalizi al nord

CROTONE – È in corso dall’alba di questa mattina una vasta operazione di polizia economico finanziaria volta a sgominare una articolata associazione a delinquere operante fra il Crotonese, il Piemonte, la Liguria e la Lombardia. Su ordine del GIP del Tribunale di Crotone Michele Ciociola, a seguito della richiesta da parte del Sostituto Procuratore titolare delle indagini, dott. Gaetano Bono, sono stati sottoposti alla misura cautelare in carcere quattro crotonesi accusati di aver fatto parte di un sodalizio delinquenziale con ramificati contatti al nord. Costoro si occupavano di “far fallire”, presso il Tribunale di Crotone, società in difficoltà economica e gravate da debiti tributari rilevanti. Nel 2015, i finanzieri di Crotone approfondivano una serie di SOS, ovvero segnalazioni per operazioni sospette, e individuavano le tracce di un sistema criminale creato per costruire e condizionare fallimenti a Crotone. La Procura della Repubblica pitagorica, raccogliendo l’intuizione delle Fiamme Gialle, avviava quindi una complessa indagine che, dopo circa due anni di analisi documentali, intercettazioni telefoniche, pedinamenti e servizi di osservazione, permetteva di ricostruire il disegno criminoso.

I FALLIMENTI PILOTATI

Si registravano infatti numerosi fallimenti decretati dal Tribunale che, stranamente, vedevano quali rappresentanti legali di tali società sempre le stesse persone, “teste di legno” appositamente assoldate da un “reclutatore”, tale CHIODO Giuseppe, uomo di fiducia del promotore dell’organizzazione delinquenziale, STORARI Alberto, quest’ultimo residente in Novara ma con un passato crotonese (è stato residente in Cirò Marina per diversi anni impiantando attività commerciali). I predetti sono stati quindi arrestati insieme alle teste di legno, CORIGLIANO Francesco, PANTISANO Luigi, DE ANGELIS Antonio. Questi guadagnavano invero poche centinaia di euro da questa attività a fronte di rilevantissimi interessi economici sottesi al disegno criminoso, risultando comunque fondamentali allo schema posto in essere e ampiamente utilizzato dallo STORARI, per la perpetrazione delle distrazioni. Ulteriori sodali con ruoli diversi ma ugualmente e utilmente determinati per la commissione della scientifica spoliazione delle società in difficoltà sono risultati essere CASTELLO Antonio, dottore Commercialisti di stanza a Genova e l’Avvocato MASSOLO Ivana, residente anch’essa in Piemonte, con studio a Torino la quale curava la parte “legale” delle operazioni di “riassetto” delle società in decozione unitamente allo STORARI, vera mente dell’intero gruppo e, peraltro, con precedenti nella specifica attività criminosa. Fondamentale in tal senso è apparsa l’attività dei “professionisti”, ben più insidiosa e determinante di quella degli interpositori i quali, coscientemente, come dimostrano le intercettazioni telefoniche disposte, ponevano in essere le operazioni commerciali, societarie e contabili, per avvantaggiare i propri clienti e spostare le responsabilità sugli associati crotonesi In ultimo sono stati arrestati e posti ai domiciliari gli imprenditori BISIO Enrico di Novara, LOMBARDI Roberto di Genova, MINORI Luigi di San Sebastiano da Po’ in provincia di Torino, PASCUZZI Maria Rosa, originaria di Belcastro (CZ) e residente in Chivasso (TO), FERRANDO Giuseppe di Genova e DE GREGORI Paolo di Novara. Tutti si sono avvantaggiati dei “servizi” offerti dall’organizzazione per salvare i beni e l’azienda, dagli incipienti fallimenti che si sarebbero verificati lì dove le società avevano le sedi legali. Indagati inoltre ulteriori 14 imprenditori di varie località italiane che nel corso degli anni si sono avvalsi delle prestazioni dell’organizzazione capeggiata dallo STORARI. Sottoposte a sequestro e ad amministrazione giudiziaria otto società operanti in Genova, Novara, Milano, Chivasso (TO), Busto Arsizio (VA), Limena (PD), Pietrasanta (LU) che sono, in parte, l’attuale risultante di 34 società portate al fallimento in Provincia di Crotone, dal 2009 fino ai giorni nostri (a dicembre del 2016 venivano ancora posti in essere atti di trasferimento delle sedi) dall’organizzazione criminale. AI componenti il gruppo e agli imprenditori correi, è stato inoltre contestato un profitto derivante dall’illecita attività, per circa un milione e mezzo di euro, mentre l’ammontare delle sole iscrizioni a ruolo per debiti tributari – quindi senza conteggiare i debiti verso i fornitori e gli Istituti di Credito -, ammonta a 140 milioni di euro per i fallimenti decretati a Crotone delle società con sede fittizia presso gli indirizzi dei prestanome. L’indagine, nata come detto dalla capacità dei finanzieri del Nucleo di Crotone di approfondire le segnalazioni per operazioni sospette e dalla parallela attività di analisi svolta dal Procuratore della Repubblica sui fascicoli dei fallimenti in essere, è stata diretta dal Sost. Proc. Dott. Gaetano Bono e si è dipanata negli anni 2015/2016. Ci si è avvalsi, tra l’altro, di numerose intercettazioni telefoniche risultate fondamentali per dispiegare il quadro associativo, per comprendere i meccanismi utilizzati nonché per trasferire le sedi legali e le quote societarie. In parallelo i finanzieri pedinavano i componenti dell’associazione per delinquere.

LO SCHEMA CRIMINOSO

Come accennato gli imprenditori che in nord-Italia si venivano a trovare in difficoltà, accedevano ai “servizi” offerti da questa particolare “agenzia”, venendo a conoscenza delle capacità dello STORARI Alberto attraverso un passa parola fra i clienti soddisfatti. Tale “consulente” entrava quindi in contatto con le varie aziende in crisi, accumunate da consistenti pendenze erariali e debitorie, e a queste proponeva un contratto all-inclusive comprensivo di tempi e costi che veniva consegnato e fatto firmare all’amministratore in difficoltà; il contratto prevedeva principalmente 3 fasi: – distrazione degli “assets positivi” esistenti attraverso falsi contratti di cessione di rami d’azienda e svuotamento di conti societari anche attraverso false fatturazioni; – creazione di una nuova compagine sociale “amministrata” da soggetto appartenente al medesimo gruppo familiare e/o compiacente; – trasferimento della sede legale (con tutte le passività a quel punto esistenti) nella provincia crotonese con intestazione delle quote sociali a prestanomi compiacenti e contestuale nomina del rappresentante legale “vittima sacrificale” dei successivi destini societari. La regia dei vari passaggi era affidata a due insospettabili professionisti: • il Commercialista di fiducia Dr. CASTELLO Antonio con studio in Genova, il quale avendo già la disponibilità delle smart card (utilizzabili per la firma digitale dei documenti) intestate alle teste di legno crotonesi provvedeva ed effettuare le comunicazioni alle CCIAA riguardanti le cessioni di quote, i trasferimenti sede, ecc senza incontrare direttamente i soggetti interessati; • l’avvocato MASSOLO Ivana di Torino, che si preoccupava di offrire la propria consulenza legale alle varie trasformazioni societarie entrando direttamente in contatto con gli imprenditori “clienti” dello STORARI. Nell’ultima fase entrava in scena il CHIODO Giuseppe, uomo di fiducia dello STORARI sul territorio crotonese il quale si occupava di “reclutare” i vari prestanome, di trovare le sedi dove trasferire le società da condurre al fallimento, individuare gli studi notarili per lo svolgimento dei falsi atti di cessioni di quote formalmente ineccepibili, sino ad arrivare a diventare egli stesso, temporaneamente, amministratore di società. Impegnati nella odierna operazione di polizia 70 Finanzieri in tutta Italia per gli arresti e i sequestri preventivi di società e beni.

Crotone, imprenditore sottrae sei milioni di euro da fallimento società

CROTONE – I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Crotone hanno notificato un avviso di conclusione indagini nei confronti dell’amministratore di fatto e di diritto di una società che avrebbe distratto sei milioni di euro dal fallimento.

In particolare, gli investigatori hanno scoperto un ammanco di 4,5 milioni di euro di rimanenze di magazzino distratte e di ulteriori 1,5 milioni relativi a immobilizzazioni materiali. Inoltre, nei bilanci della società – fallita nel 2014 – redatti per gli anni dal 2009 al 2012, erano stati esposti crediti inesistenti per quasi un milione di euro, provocando ai creditori un danno rilevante. Le indagini, infine, hanno fatto risalire già a fine 2008 lo stato di decozione dell’azienda che, secondo la Guardia di finanza, è stato abilmente mascherato con gli artifizi riscontrati.

Oliverio sulla Sant’Anna Spa: occorre intervenire subito

 CROTONE – Il fallimento della società di gestione dello scalo aeroportuale di Crotone, la Sant’Anna Spa, ha sollevato un muro a difesa dello scalo a rischio chiusura. Numerose proteste si sono mosse dalle Associazioni di categoria dai sindacati e dal presidente della Regione, Mario Oliverio che ha affermato “L’aeroporto di Crotone non può e non deve assolutamente chiudere. 130 mila passeggeri negli ultimi cinque mesi con soli tre voli al giorno – ha proseguito Oliverio – sono un risultato straordinario, molto vicino ai 250 mila passeggeri, che è la soglia annua stabilita dall’Enac per considerare lo scalo crotonese di dimensione nazionale”.

oliverio chiesa mendicino 14La Regione si è già fatta parte attiva per coinvolgere l’Enac ad affrontare le emergenze e, ad approntare con l’Authority, un piano di rilancio di questa  infrastruttura aeroportuale. La società di gestione non è mai stata ricapitalizzata dal 2011 ed è proprio da questa  ricapitalizzazione che sono iniziati i problemi.  “Credo – conclude il presidente della Giunta regionale- sia giunto finalmente il momento di passare ad una gestione unitaria degli aeroporti calabresi, la quale metta la Regione in prima linea.

Fallimento della società raccolta rifiuti Proserpina, otto persone rinviate a giudizio

VIBO VALENTIA –

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Vibo Valentia, Monica Lucia Monaco, ha sciolto la riserva e ha rinviato a giudizio 8 persone accusate a vario titolo di bancarotta fraudolenta nell’ambito della gestione della società mista pubblico-privato “Proserpina S.p.a.” che si occupava della raccolta dei rifiuti nel Vibonese. Fra i rinviati a giudizio figura anche il consigliere regionale del Partito democratico, Michele Mirabello, che oggi ricopre anche la carica di segretario provinciale del Partito Democratico. Mirabello dovrà rispondere del reato di concorso in bancarotta fraudolenta, quale ex componente del Consiglio di amministrazione della “Proserpina” stessa. La prima udienza del processo sarà il 5 maggio dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Le altre sette persone rinviate a giudizio sono: Giuseppe Betrò e Giandomenico Pata, a suo tempo revisori dei conti della Proserpina; Giuseppe Ceravolo (già assessore provinciale), Domenico Scuglia, Gino Citton, Marcella De Vita e Ciro Orsi, tutti ex amministratori, con vari ruoli, della società. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero falsificato i bilanci della società arrivando ad accumulare, secondo l’accusa, un passivo fallimentare di quasi 10 milioni di euro, ma evitando la liquidazione ottenendo finanziamenti pubblici dal commissario per l’emergenza rifiuti in Calabria. Una parte dei finanziamenti sarebbe finita ad altre società costituite dagli stessi soci privati della “Proserpina”. La curatela fallimentare della “Proserpina” si è costituita parte civile con l’avvocato Enzo Cantafio.