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Linn Öberg: Respiro Svedese e Musica Ipnotica

COSENZA –  Non è facile trovarsi in una situazione che possa convogliare le emozioni di tante persone in un unico luogo. Provare gli stessi sentimenti che percepisce l’estraneo seduto accanto a te o il barman che ti prepara qualcosa da bere. Lo scorso giovedì, al Cafè Barrè, questo evento raro si è verificato in una forma tangibile e piacevole, durante il concerto di una band giunta in Italia dopo un lungo viaggio dalla Svezia. Parlo di Linn Öberg e della sua band, che con voce angelica e sonorità minimal ha conquistato il pubblico notturno cosentino.

L’evento, organizzato e promosso da Andrea Venneri, rappresenta uno dei tanti appuntamenti che daranno la possibilità di far conoscere artisti emergenti di grande talento, di provenienza nazionale ed internazionale, e la loro musica inedita.

Abbiamo chiacchierato con Linn Öberg, per scoprire un po’ del suo mondo e della musica fresca e ipnotica.

Ciao Linn, raccontaci come hai iniziato i tuoi primi passi nel mondo della musica.

Ho suonato le prime note al piano all’età di 6 anni. A cantare all’età di 8 e a 14 anni ho iniziato a scrivere canzoni.

Quali sono gli strumenti che hai scelto per caratterizzare il tuo sound?

Nei miei pezzi suono la chitarra acustica ed il mellotron. Inoltre, nel mio set, utilizzo la batteria, il piano, il basso ed adoro l’aggiunta dei cori.

Quali influenze musicali hanno concorso a creare il tuo stile?

E’ una domanda difficile. A me piace molto, ad esempio, Bon Iver o i First Aid Kit. Ma ho influenze che provengono da diversi artisti di tutte le nazionalità.

Com’è nato il progetto musicale “Linn Öberg”?

Ho iniziato da sola, suonando la chitarra. Poi ho sentito l’esigenza di creare qualcosa di più grande e ho chiamato altri musicisti per completare la mia band. Ci siamo così evoluti in un progetto che conserva una base acustica, anche se non come i precedenti lavori, ed una componente elettronica.

Come componi i tuoi pezzi?

Spesso inizio improvvisando con la chitarra e registrando le mie sperimentazioni. Nel riascoltare le registrazioni, se mi piace qualcosa inizio a cercare una melodia e a scrivere un testo.

Come potresti definire il tuo genere?

Anche questa è una domanda molto difficile. Penso possa definirsi come Alternative/Pop con influenze Folk. Comunque musica indipendente.

Durante il concerto, la tua esibizione mi ha colpita per l’enorme trasporto che trasmetti con la tua musica. Quali sensazioni provi mentre canti?

Cerco di rievocare le stesse emozioni che ho provato mentre scrivevo i brani, fino a trovare le sensazioni che hanno dato loro vita.

Qual è la tematica principale che accomuna i pezzi del tuo nuovo album “When You Go”?

Ci sono tante canzoni d’amore. Amori prosciugati e separazioni. Roba forte! Sento il bisogno di scrivere quando penso molto a queste tematiche, cercando di comunicare ciò che provo alle persone che mi ascoltano.

Componi quando sei felice o quando sei triste?

Non riesco a scrivere quando sono troppo felice, ma neanche quando sono troppo depressa. Devo trovare una via di mezzo, rispettando i miei pensieri.

 

Miriam Caruso

ph. Francesco Farina

 

 

L’1 marzo esce Thisorientamento, il primo album dei Dissidio

LAMEZIA TERME (CZ) – Thisorientamento, il debut album del trio calabrese dei Dissidio, verrà rilasciato il 1 Marzo sul mercato digitale per Overdub Recordings (Worm Hole Death)/Code7 . L’album sarà disponibile sui principali digital store: iTunes, Amazon, Napster, Real Rhapsody, Spotify, etc…

Da Thisorientamento verranno tratti 12 videoclip, un video per ogni traccia dell’album, tutti firmati dalla regia di Mario Vitale della Bunker Film e verranno pubblicati il giorno 13 di ogni mese, partendo da Febbraio per finire a Gennaio 2016, sul canale Youtube e sulla pagina Facebook della band. 

L’album è pervaso da atmosfere cupe e graffianti. Granitici riff di chitarra si fondono con ritmiche serrate e potenti. Le liriche, pervase da un forte componente teatrale e discorsiva, innescano una dialogo quasi visionario con l’ascoltatore fino a dis-orientarlo,   il tutto perfettamente rappresentato nell’evocativa copertina realizzata da Karma Photo.  In attesa dell’uscita fisica dell’album prevista nelle prossime settimane aspettiamo dunque il 13 Marzo, giorno in cui uscirà il secondo dei 12 videoclip della band: “Ha Ha Ha”.

Dj Kabaka direttamente dai GORILLAZ: Notte da Ballare al B-Side

COSENZA  –  Venerdì 20 febbraio alle ore 23 presso il B-Side di Rende (CS), per la prima volta in Calabria arriva DJ Kabaka direttamente dai GORRILAZ! Un evento imperdibile, promosso da MkLive e B-Alternative Eventi, per una notte all’insegna della musica Dance, Dub Step e Drum’n’Bass!
Un pò di storia di DjKabaka:
Se ti interessa la cultura, è come se avessi già ascoltato i lavori di Remi Kabaka. Le sue capacità sono tanto varie quanto gli artisti con cui collabora. Sia come percussionista nei Gorillaz che assieme alla voce del batterista Russel Hobbs, sia come supporto a Banksy o come membro della band con il leggendario Bobby Womack, l’input particolare di Kabaka è difficile da quantificare ma sicuramente crea una grande richiesta del suo particolare estro artistico.
Kabaka arriva da West London ed è indubbiamente un fenomeno moderno. Un uomo che è in grado di creare, curare e/o vendere un’idea interessante, sia essa acustica, visiva o sperimentale. Kabaka ha fondato i Gorillaz Sound System, con la supervisione di Damon Albarn, è uno dei membri fondatori degli Africa Express Collective ed è la persona che ha scoperto MIA.
Uno show ricco di ritmi drum’n’bass, dub step e remixes dei maggiori successi dei Gorillaz, uno spettacolo suggestivo di suoni e colori tutto da ballare!
Per info e Prevendite: 393 -0009589    –   348-0569469

http://youtu.be/XvLYkfrK9bE

Egidio Ventura omaggia Thelonious Monk

LAMEZIA TERME – Nella rivisitazione del Pianista Egidio Ventura e del Sassofonista Flavio Nicotera, Monk simboleggia tutta la storia del jazz, una musica sempre in equilibrio fra tradizione e futuro, rappresenta quello che significa oggi suonare jazz, ovvero, avere un piede nella tradizione e saper guardare lontano. E così il grande compositore e improvvisatore statunitense diventa per il Duo Ventura/Nicotera il pretesto, il punto di partenza per esplorare il proprio mondo espressivo, lo specchio dove riflettere e ritrovare le radici dello stile e delle motivazioni interpretative. La costante ricerca di Ventura/Nicotera di un linguaggio personale all’interno della tradizione jazzistica, trova nel duo una chiara rappresentazione: un pensiero musicale libero da manierismi di sorta e costantemente alla ricerca di espressioni autentiche e profonde. Musica di una caparbietà gentile, scattante e raffinata, travolgente e coerente. Allo stesso tempo: il duo, inoltre, richiama la passione del pianista per le combinazioni timbriche e per le possibili polifonie vicine al jazz dei primi anni del ‘900. Monk è in grado di attraversare pentagrammi e stili con una tecnica mirabile e una devozione pianistica da operaio e filosofo. Nello stesso tempo può suonare, fumare, usare un fazzoletto per asciugarsi il sudore e segnare con “mani da rastrello” gli 88 tasti del piano. Resta su Monk un forte dubbio, perché a un certo punto l’intero suo  microcosmo, quello che l’artista ha costruito accordo dopo accordo, serata dopo serata, session interminabili e lavoro durissimo, si sgretola. All’improvviso. Il pianoforte smette di esistere. Thelonious esce ed entra dalle cliniche psichiatriche. Bipolarismo è la diagnosi. Lui si mette a nanna, sotto sale, si iberna, sceglie il letargo. Via il cappello. Le dita rattrappite, la voce serrata in gola. Il distacco tra Monk e il mondo, all’inizio una fessura, diventa una voragine. Si rifugia per un decennio nella casa di Nica, a Weehawken, New Jersey. Nella stanza ha uno Steinway a coda che non tocca, il contrario di quanto era accaduto a Bud Powell che, pazzo e disperato, aveva continuato a disegnare sui muri del manicomio i tasti inbianco e nero. La musica è finita. Monk, il gran sacerdote del bebop, è una balena arenata tra le pieghe di un mare misterioso, senza onde. Un mare calmo, fetido e mortale. Un giorno disse: “Il rumore più forte del mondo è il silenzio”. Si sbagliava. Il rumore più forte del mondo è la risata di una donna, è il battito del cuore di un bambino su un’altalena, è il respiro di un gigante del jazz che prende la rincorsa, ride, tocca Dio, balla, e dopo 30 anni è ancora qui. A farci girare la testa. I concerti del Duo Ventura/Nicotera inizieranno nel mese di aprile p.v. e si protrarranno fino a dicembre 2015 una serie di appuntamenti che si terranno in Calabria,Puglia,Campania e Sicilia. Il progetto titolato “Mysterious Monk” è prodotto da Lamezia Jazz e dal Conservatorio di Musica “P.I. Tchaikovsky” di Nocera Terinese (cz).

Il Ritorno dei Nuju, dal 3° Mondo alla fuga dalle Scatole Urbane

LAMEZIA TERME (CZ) – Dopo quasi tre anni d’attesa ritorna tra le nostre mani il nuovo lavoro dei Nuju: “Uban Box”.  Anticipato dai videoclip dei brani Tempi M0derni e Ora di Punta, il disco è uscito il 27 Gennaio per Mk Records/Audioglobe. Un sound rinnovato, con un gusto rock che richiama l’originalità tanto amata dai fan dei Nuju, e che non ha deluso le nostre aspettative regalandoci il piacere di un disco da mettere a tutto volume nelle nostre scatole urbane per allontanare lo stress dei Tempi Moderni. Chiave dal Basso ha voluto incontrare il signor “Nessuno” (traduzione di Nuju in dialetto calabrese) , concedendosi una piacevole chiacchierata con Fabrizio Cariati (voce, synth e penna) e Marco Ambrosi (chitarra).

A Distanza di circa tre anni dall’uscita dell’ultimo disco, i Nuju ritornano con un nuovo progetto, Urban Box. Ma che cos’è questa Scatola Urbana?

Urban Box vuole essere una metafora dell’individuo moderno, chiuso nel suo guscio. La Urban Box può essere l’utilitaria con cui ti rechi a lavoro, l’appartamento in cui vivi, un’attitudine. Noi viviamo a Bologna da tanto tempo, una città che dovrebbe essere sinonimo di divertimento ed apertura. In realtà ciò che proviamo è un senso di solitudine. Ci si sente soli nel divertimento. Cerchiamo, attraverso le emozioni, di scardinare le finestre di queste Scatole Urbane.

Il percorso dei Nuju, dal 2009 fino ad oggi, ha visto un’evoluzione dello stile. Il nuovo disco, Urban Box, rivela una vena squisitamente rock, sempre rimanendo fedele ad un gusto che è un misto di generi, una crescita “mista”.

Abbiamo sempre fatto attenzione a non barricarci in un unico genere, evitando al contempo di unire generi troppo sconnessi fra di loro. Per quanto riguarda il nuovo lavoro, abbiamo intrapreso un avvicinamento graduale alle sonorità attuali. Già durante la trilogia precedente abbiamo dei brani molto elettronici, come Movement o Il Furgone. I sintetizzatori li abbiamo sempre utilizzati. Un membro del gruppo, il fisarmonicista, è uscito dalla band quindi, per forza di cose, qualcosa in termini di sound doveva pur cambiare.

Il nuovo spettacolo, che stiamo portando in giro in questi giorni, rappresenta ciò che siamo noi oggi. C’è una matrice Folk di base, un folk internazionale, cantautorale, come esempio possiamo citare Bob Dylan. A questo sovrapponiamo i nostri tre generi principali che sono il Pop, il Rock e la musica Dance, quest’ultima per far divertire le persone.

Con quale pezzo ha inizio il cambiamento del signor “Nessuno”?

Non c’è stato un pezzo preciso con cui abbiamo iniziato il lavoro per il nuovo disco, anzi è successo il contrario. Ognuno di noi ha messo a disposizione i propri assi nella manica, presentando idee personali: chi un riff, chi un pezzo, chi un ritmo. Su alcune cose ci siamo soffermati, altre invece abbiamo pensato di conservarle. Per questo progetto si è pensato di non fare le cose in un determinato modo, con un’idea precisa di fondo. Dopo aver sentito 20/25 idee di brani, abbiamo scelto le migliori su cui lavorare, seguendo una linea che possa essere coerente col progetto. Non c’è stato alcun cambiamento nel nostro modo di fare musica, siamo sempre uguali. Abbiamo iniziato il nostro percorso nel 2009 in cinque, la fisarmonica si è aggiunta dopo, quindi è stato un ritorno alle origini in un certo senso, però sempre guardando avanti con un nuovo bagaglio di esperienze sulle spalle.

Tempi moderni, uno dei brani che ha anticipato l’uscita del disco. Un brano fresco e ricco di ironia, com’è nato?

Il brano è nato quasi 5 anni fa, ai tempi della scrittura del secondo disco. Fabrizio ne ha scritto il testo in un momento particolarmente delicato, raccontando una pena d’amore.

Ogni volta che mi si spezza il cuore – ci rivela Fabrizio Cariati – riesco a scrivere delle belle canzoni. Mi sento fortunato quando incontro delle donne che mi spezzano il cuore e che poi mi fanno scrivere, perché significa che mi hanno lasciato qualcosa di bello. Poi gli altri membri del gruppo ci creano attorno un immaginario. Le emozioni che vengono fuori da ognuno di noi sono diverse nel momento in cui arrangiamo i pezzi. Abbiamo deciso di chiamarla Tempi Moderni per creare un’analogia con la scena finale del celebre film di Chaplin, dove c’è quest’uomo, il protagonista, che dice “non ti preoccupare di come stanno andando le cose, basta che sorridi e andiamo verso il futuro”. L’immagine raccontata nel pezzo “amore vedrai che prima o poi qualcosa cambierà” a noi ha ricordato fortemente questa scena della pellicola.

In cerca di pace e tranquillità. Ora di punta. I Nuju raccontano lo stress di questi tempi moderni. I vostri brani possono essere interpretati come una personale forma di fuga dal mondo reale?

Le canzoni sono spesso una via di fuga. Per citare La rapina diremmo “per dare forma ai miei desideri ho le mie canzoni”. Altre volte diventano le nostre armi. Non siamo delle persone violente, ma una nostra canzone può diventare come un pugno in faccia, può essere la voce di chi non ha voce. Una valvola di sfogo.

I Nuju sono:

Fabrizio “Skywalker” Cariati: voce e synth
Marco “Goran” Ambrosi: chitarre
Giuseppe “Licius” Licciardi: basso
Roberto “Bob” Simina: percussioni, synth, armonica
Stefano “Mr. Pamps” Stalteri: batteria

Per Informazioni:
www.nuju.it   –   www.mkrecords.it

Per leggere la nostra precedente recensione sui Nuju, visitate il seguente link Il Viaggio dei Nuju Fino al 3° Mondo

 

Miriam Caruso

Scarda, storia di un cantastorie

L’esercito dei talenti calabresi conta un nuovo nome tra le proprie fila: stiamo parlando di Domenico Scardamaglio, in arte Scarda. Partito alla volta della capitale a caccia di fortuna, il giovane Vibonese è riuscito in pochi anni ad ottenere una candidatura al David di Donatello per la miglior colonna sonora (per il film “smetto quando voglio”), e ad incidere un album, “I piedi sul cruscotto”, uscito di recente per MkRecords. Quello che ci siamo ritrovati davanti per quest’intervista è un artigiano di storie piccole ma universali, un ragazzo modesto e centrato la cui strada sarà di certo luminosa.

1. Come inizia Scarda?

Inizia con la scusa di saper cantare accompagnandosi con la chitarra. Saper cantare può significare molte cose, io non lo intendo in senso prettamente tecnico, diciamo che sono intonato se mi impegno. Comunque, nel 2012 iniziai a cercare dei locali per suonare, mi preparai una scaletta di cover ma l’unico locale che più o meno mi diede retta (i locali che fanno musica dal vivo, per chi non lo sapesse, sono bombardati di richieste ) mi chiese: “hai  qualcosa di tuo da farmi sentire?”  Li scattò la scintilla, io in effetti dei pezzi miei li avevo e ritenevo non fossero neanche male, ma li tenevo li, non  avevo intenzione di proporli in giro. Poi, siccome i locali non è che ti fanno le audizioni ma vogliono almeno un disco (che poi non ascoltano) , decisi di registrare una Demo. Un mio amico (Franco), mi aiutò a fare ciò, poi feci sentire le canzoni a qualche persona che non giudicò affatto male e che anzi,  reagì con stupore e spesso dicendo: “ma perchè non le metti su Youtube?”. Lo feci e così nacque Scarda..

2. Scarda a 15, 20 e 30 anni. L’evoluzione dei tuoi ascolti,dall’adolescenza fino ad oggi.

 A 15 Anni ascoltavo Rock Classico: Beatles, Led Zeppelin, Pink Floyd, Doors ecc. A ciò accostavo anche altra roba ormai classica tipo Nirvana e Radiohead. Sono passato per il momento Metallica/Dream Theater per poi ammorbidirmi a 20 Anni con l’ascolto di Battisti, De Andrè e Rino Gaetano, mi piacque da li in poi il sound acustico, come quello della Bandabardò e dei Modena City Ramblers, quella roba in cui si sente tanto “il legno e il ferro”. Fu una conseguenza spostarmi su Dente, Mannarino, Brunori, Nobraino ecc. dai 24 anni in poi, una volta che scoprii l’indie, e questo neo cantautorato che conservava quel sapore acustico con un filtro più fresco.

3.Le tue canzoni hanno come sfondo vite e storie “normali”. Prova a darci la tua definizione di normalità.

La normalità credo sia un concetto molto labile, non è normale per noi mangiare gli insetti ma se vai in altri posti del mondo si. La normalità la decide un contesto, ti può essere imposta o puoi aderirci liberamente, io nei miei pezzi cerco solo di esprimerla con  delle rime opportune e delle metafore originali , la maggior parte delle canzoni parlano di cose normali, noi indipendenti dobbiamo cercare di essere anche originali perché ce lo impone il mercato, ma la normalità è espressa benissimo anche in una canzone qualsiasi di Marco Mengoni credo. La normalità non è per forza la strada da seguire, io per dire, sto apprezzando molto Lucio Corsi che scrive e descrive cose tutt’altro che normali, l’importante è che fai capire che quando canti non ti ascolti troppo, il primo a far sembrare tutto normale devi essere tu che esprimi il concetto. 

4. Quanto della provincia calabrese c’è nei tuoi pezzi?

Tanto e poco:  le storie contenute in questo disco possono essere ambientate in qualsiasi provincia perchè le province si somigliano un po’ tutte, gli anziani giocano a carte da Siracusa a Bergamo  e i coatti palestrati con lo stereo della macchina a palla  sono un cliché altrettanto diffuso, sono due esempi di come sia tutto un paesone fuori dai centri urbani e forse anche dentro. La provincia calabrese è descritta in quanto “provincia”, non in quanto “calabrese” e questo è in linea con quella caratura nazionale – e non folkloristica – che vorrebbe avere la mia opera, anche i milanesi ascoltano le mie canzoni, perchè parlo anche di loro.

5. Parlaci della separazione della tua terra, e qual è il rapporto che hai oggi con la Calabria.

 

La separazione è sempre stata parziale, in Calabria ci torno sempre durante le vacanze. Ho questo tipo di rapporto quindi, ci vado a staccare la spina, a rivedere amici e conoscenti di una vita, che tornano anche loro durante le vacanze, in una sorta di diaspora al contrario. È un legame affettivo che si manifesta a contatto con i posti e con le persone, con i ricordi e con le parole. Tra i miei piani c’è quello di tornare, ma vorrei tornarci con la possibilità di cambiare alcune cose, iniziare per lo meno. C’è una cosa che non condivido dalle mie parti, una troppo diffusa “paura”di esternare arte perché ci si preoccupa troppo di ciò che può pensare la gente. Una cosa che non succede a Napoli per dire,  da noi invece si ha paura anche di battere le mani per primi perché ci si vergogna. Insomma, se ci torno vorrei farlo con la possibilità di creare un microcosmo diverso. Calabrese tra l’altro è l’etichetta alla quale appartengo (MKRecords) e altre entità che mi aiutano e mi assistono in questo percorso (Manita Lab).

6. L’eco della tradizione cantautorale italiana è evidente nel tuo lavoro, ma ci sono state anche influenze straniere nella formazione del tuo stile?

 

Credo che il cantautorato classico fosse di per se influenzato da molta musica straniera, quindi indirettamente potrei esserlo anch’io. Posso riportare una curiosità:  per arrangiare “Gina” mi sono vagamente  ispirato a “Wish you where here” dei Pink Floyd. Ovviamente prendete molto con le pinze questa affermazione perché ascoltando il pezzo potreste benissimo non riscontrarla, sappiate però che nella mia testa l’ispirazione era quella. Tornando alla domanda,che più in generale parlava dello “stile”, credo che ciò che può trasparire della mia formazione sia l’amore per le ballate acustiche, tipo “Angie” o “Wild Horses” dei Rolling stones e la già citata “Wish you where here”. Ci sono altre cose di matrice straniera  ma dovrei parlare di sottigliezze che sfiorano l’irrilevanza, quindi mi fermerei qui.

 

7. Parlaci del sodalizio col regista Sydney Sibilla e della genesi del brano scelto come title Song del suo film: è stato facile entrare in sintonia col suo lavoro?

 

Il sodalizio con Sydney è nato molto per caso, io ho fatto il mio per procurarmi quest’occasione ma poi la  fortuna ci ha messo decisamente lo zampino. Come ho raccontato in varie altre interviste nasce tutto da me che suono in un locale a Roma e da una ragazza che mi filma e che fa vedere il video a questo giovane regista alle prese con un film da girare. Detto ciò devo dire che è stato facile entrare in sintonia col suo lavoro perché mi ha dato da leggere il copione, quindi una “storia”… siccome io nelle mie canzoni in genere scrivo “storie” la sintonia è venuta fuori spontaneamente. La canzone è stata scritta in un mese.

8. La scrittura, invece, parte sempre da una base esperienziale o riesci anche ad immedesimarti in stati d’animo e contesti che non ti appartengono affatto?

 

L’uno e l’altro. C’è quasi sempre una base, sottolineo, “una base” di esperienza personale ma anche la capacità, o per lo meno il tentativo, di entrare in situazioni e stati d’animo che non mi appartengono. Spesso stravolgo il fattore personale per motivi estetici, magari ciò che ho vissuto io “fedelmente” non è interessante da raccontare quindi aggiungo particolari inventati. Comunque spesso parlo in terza persona proprio per togliermi di mezzo e raccontare una storia che sta li e chi vuole se la ascolta, quasi a dire “io qui non centro nulla”.

9. Sei ad un punto cruciale del tuo percorso nella giungla della scena indipendente italiana. Quanto è stata dura fin qui?

In verità poco… in primo luogo perché faccio una cosa che mi piace, in secondo luogo perché per un motivo o per un altro ho sempre ricevuto rispetto da tutti. Dal pubblico, dai gestori dei locali, dalla mia città (Vibo Valentia) che mi ha sempre spinto in maniera spontanea e gratuita, in barba al principio che non ti vorrebbe mai “profeta in patria”. Ho fatto una canzone per un film prima di fare un disco, ho avuto una candidatura al David, ho trovato un’etichetta…  diciamo che fin qui (e parliamo di meno di tre anni) è andato tutto liscio ed è stato tutto bellissimo, i flop ci sono stati, ma davvero pochi e relativi, la fase difficile in realtà inizia adesso, proprio perchè è una fase cruciale, se fai un errore perdi il doppio dei punti ma se azzecchi la giocata raddoppi. Si sgomita insieme agli altri alla ricerca di attenzione da parte di pubblico e critica. Speriamo bene.

Salvatore Perri

Miriam Caruso

La V edizione di “Musica contro le mafie” arriva all’Unical – 27 Gennaio 2015

COSENZA – Il Premio “Musica contro le mafie” 2014, il primo dicembre scorso, ha annunciato i suoi 10 Finalisti!
I voti sono stati espressi dalla “Giuria Facebookiana” (valore 20%), “Giuria Studentesca” (valore 35%) e “Giuria Responsabile” (valore 45%). La somma e il rapporto tra questi voti hanno decretato i nomi dei finalisti passati alle “Fasi Live”. La prima finale, per il Centro-Nord si è tenuta a Modena il 13 Dicembre 2014 al Vibra Club.
Insieme agli ospiti Modena City Ramblers, Kiave e L’Orso si sono esibiti i primi 5 finalisti (Valentina Amandolese, Ondanomala, Zero Plastica, Lame a Foglia d’Oltremare e Suoni Fuori le Mura).
Il Martedì 27 Gennaio 2015, “Musica contro le mafie” arriva a Sud al PTU – Piccolo Teatro dell’Università della Calabria a Rende (CS)
L’appuntamento della Finale Centro/Sud, una serata speciale di “Musica contro le mafie”, vedrà l’esibizione di “4 Soldi Project” – Palermo, “Paolo Antonio” – Catania, “La Rocha” – Melendugno (LE), “Renanera” – Lagonegro (PZ), “Nilo” – Bari, , finalisti candidati per il Centro/Sud.
Presentatore d’eccezione della serata sarà “Andy” dei Bluvertigo che condurrà la serata tra esibizioni ed ospitate.
La Finale di “Cosenza” vedrà inoltre la partecipazione di due ospiti: “Francesco Di Bella“, storico e indimenticato leader dei 24 Grana oggi uno tra i più interessanti cantautori della scena 2.0, e “Eman“, vocalist di origini calabresi, rivelazione del panorama reggae italiano, imminente l’uscita del suo nuovo disco per Sony Music .
La finale “Centro/Sud” gode del supporto della Provincia di Cosenza e del patrocinio del CAMS – Unical.
Il coordinamento di Libera (Associazioni, nomi e numeri contro le mafie) di Cosenza e lo staff dell’associazione “Musica contro le mafie” allestiranno punti informativi e di incontro con il pubblico presente.

Il Premio “Musica contro le mafie V^Ed.” ha come partner: Club Tenco, Radio KissKiss, SMart-it, MKrecords, Banca Etica, Medimex-Puglia Sounds, Riparte il Futuro, Muzi Kult e Spadafora (maestri orafi realizzatori del premio).

Per info in real time : http://www.facebook.com/pages/Musica-contro-le-mafie/212319238934490 oppure sul nostro sito ufficiale.

Urban Box: il 27 Gennaio Fuori il Nuovo Disco dei Nuju

COSENZA – A distanza di quasi tre anni dall’ultimo lavoro, esce il 27 gennaio, per Mk Records/Audioglobe, Urban Box il nuovo album dei Nuju . L’uscita del disco è stata anticipata dal lancio di “Tempi Moderni” il cui videoclip, disponibile su youtube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=9H8LqdeK8Fo, è stato realizzato con la regia di Oscar Serio e le illustrazioni di Martina Marin ed è un omaggio all’indimenticabile film di Charlie Chaplin e al suo guardare il mondo con realismo e consapevolezza.
Dopo aver realizzato tre dischi in tre anni (2010/2011/2012) che hanno composto un unico concept, e un tour che li ha portati in lungo e largo in giro per l’Italia e l’Europa, i Nuju tornano con Urban Box un disco in cui si confrontano con un sound rinnovato, diretto ed efficace ed una line-up più compatta e affiatata al servizio della produzione artistica di Andrea Rovacchi.
Registrato interamente al Bunker Studio di Rubiera (RE) con Andrea Rovacchi e l’assistenza di Gabriele Riccioni, l’album conta undici nuovi brani, suonati principalmente da batteria, basso, chitarra e synth che vanno a delineare un immaginario sonoro attuale e moderno, urbano e meticcio, che si mescola ai testi sempre più ironici e comico-drammatici.
I Nuju spiano il mondo dalle finestre delle “scatole urbane” della società, partendo da una dimensione interiore e individuale per rivolgere uno sguardo immaginifico al mondo esterno, apparentemente estraneo, luogo di rappresentazione di proiezioni mentali, anziché vera e propria realtà.
Le storie di Urban box rappresentano il bisogno di recuperare la nostra naturale dimensione collettiva. Siamo animali sociali sempre più costretti a vivere una dimensione individuale, schiacciati dalla macchina ben oliata del sistema, piccole componenti di quell’ingranaggio che dobbiamo rompere per ritrovare speranza e umanità.

I Nuju sono:
Fabrizio “Skywalker” Cariati: voce e synth
Marco “Goran” Ambrosi: chitarre
Giuseppe “Licius” Licciardi: basso
Roberto “Bob” Simina: percussioni, synth, armonica
Stefano “Mr. Pamps” Stalteri: batteria

Per Informazioni:
www.nuju.it
www.mkrecords.it

Grandi tour in Calabria

 CATANZARO – La Esse Emme musica di Maurizio Senese porta i grandi eventi in Calabria. Infatti, al PalaGallo di Catanzaro si terranno tre concerti di prestigiosi cantautori della musica italiana: Fiorella Mannoia, Biagio Antonacci e Francesco De Gregori, rispettivamente il 27 marzo, 19 aprile e 30 aprile 2015. Grazie al sostegno dell’amministrazione provinciale e del Comune di Cantazaro, la Calabria gode di momenti culturali da non perdere.

Intervista a “Le Strade”, la next big thing dell’indie italiano

La critica li ha accolti calorosamente nell’affollata scena indipendente italiana: stiamo parlando de “Le Strade”, formazione bolognese che mescola efficacemente elettronica e rock, “saldando” il tutto con testi lividi e taglienti. “Campo 38”, singolo che anticipa un ep da 4 tracce, è uscito il 28 novembre scorso. Il viaggio di questi giovani musicisti emiliani è ai nastri di partenza, ed energia e stoffa sembrano essere al loro posto. Ottoetrenta li ha intervistati per voi.

Ciao, ragazzi. Il vostro sodalizio è abbastanza recente: quali sono state le vostre esperienze e la vostra formazione prima di creare il progetto: “Le Strade”?

Eccoci. La band esiste dal 2007, non ci sono state esperienze precedenti, solo cambi di formazione come è naturale che succeda, fino ad arrivare a costruire una grande squadra, che ancora stiamo costruendo, tra musicisti, grafici, videomaker, ecc.
La band come progetto che fa dischi e concerti nasce alla fine del 2011. In questo periodo abbiamo cambiato bassista e produttore artistico, per un motivo o per l’altro non erano più in linea con gli obbiettivi della squadra. Ringraziandoli fino alla morte perché comunque sono persone che ci hanno permesso di arrivare dove siamo adesso.

C’è un’influenza musicale che ha pesato più delle altre sulla scelta del vostro sound?

Sicuramente si, come funziona per tutti, i generi musicali nella vita delle persone vanno di periodo in periodo. A sedici anni gli Oasis, poi scopri i Kasabian, poi l’elettronica francese e tedesca: questi hanno guidato la nostra formazione musicale; non significa che si sia ascoltato solo quello. Solitamente ascoltiamo un po’ di tutto, basta che faccia vibrare, può essere pure Magalli a fare musica. Adesso sto sotto con Greygoose.

Riguardo alla scrittura dei testi, molti musicisti sottolineano quanto possa risultare complesso “piegare” l’italiano alla melodia. Come nascono le vostre parole?

Credo che se hai delle parole da dire e vuoi che siano ascoltate di certo non saranno le metriche o un idioma a piegarti. L’italiano è molto più dolce e musicale dell’inglese, ce li hai presenti quei sassoni quanto sono duri e grezzi? La nostra lingua è romantica.
Le parole delle Strade nascono dalla voglia che abbiamo di vivere, e che in fondo il senso a tutto lo diamo noi e così succede anche con i testi. Nascono da soli perchè è come se ci fossero sempre stati. Io devo solo riconoscerli e metterli giù. La sequenza è anima-pensiero-penna.

Avete mai considerato di scrivere liriche in inglese?

Fino ad adesso no perché penso in italiano e cerco di raccontare quello che succede qui, quindi i destinatari naturali delle mie canzoni credo siano proprio italiani. Tutto qui.

Tra rivoluzione musicale e cantautorato, la nuova scena alternativa italiana sta contaminando tutta la penisola. Qual è il vostro pensiero a riguardo?

Per questione di gusti siamo diretti più verso l’estero come ascolti quindi non siamo grandi fans della realtà indie italiana. Ciò nonostante ne facciamo parte anche noi. Qualcosa si sta muovendo, c’è tantissima gente che dimostra tanta voglia di fare e di collaborare. Penso che da periodi di crisi esca sempre qualcosa di potente e gigante, credo che adesso vivremo una fase del genere, di prosperità artistica. Sembra nascosta ma col tempo uscirà.

A proposito dell’apporto elettronico, pensate rimarrà un elemento chiave del vostro sound?

L’elettronica per questo nuovo ep e per il primo disco sarà assolutamente l’elemento chiave, ci siamo concentrati sull’elettronica francese e tedesca per fare qualcosa che si avvicini al rock inglese con arie italiane. E’ un esperimento che ascolterete a breve. Ci sarà un mix di chitarre e loop alla Bloody Beetroots, ci saranno atmosfere alla Blade Runner e via andare.

Parlateci del processo creativo. Per i vostri brani scegliete di far nascere prima le parole e dopo la musica o viceversa? Hanno in luce l’idea chiara di un messaggio, di una storia da raccontare, o tutto viene fuori dall’istinto?

E’ una domanda che mi viene fatta spesso e in realtà non so dare una risposta precisa perché non esiste una vera metodologia di lavoro su queste cose. Dipende veramente da costa stai passando in un dato periodo della tua vita. Ci può essere il momento che comunichi meglio con la musica, quindi puoi stare a scrivere testi quanto vuoi, ma non saranno di livello se non saranno loro a venirti a prendere. Il discorso funziona anche al contrario, puoi provare a suonare quanto ti pare, ma se il tuo corpo vuole solo parlare, non c’è pezza che tiene.
Quindi mi lascio andare al momento e cerco di capire cosa vuole la mia testa.
Battiato coi primi dischi aveva l’intenzione di raccontare gli indiani di America, oggi non ho un tipo di intenzione a priori, magari un giorno mi verrà voglia di fare un concept sul Valhalla.

Campo38, titolo del vostro nuovo singolo, uscito lo scorso 28 novembre nei digital store e che anticipa l’uscita del prossimo EP. E’ chiara un’evoluzione nel vostro progetto, cosa è cambiato?

Come ti dicevo sono cambiati componenti della squadra, ne sono entrati di nuovi e ne sono usciti di vecchi. Campo 38 è il brano che segna il passaggio dal primo ep al secondo ep che sarà poi la direzione musicale del primo disco. E’ cambiato il mio modo di essere, il mio modo di vedere le cose, questo tutto per questioni personali che se vi interesserà scoprire basterà ascoltare le canzoni.
Tutto cambia alla velocità della luce, basta non andare nel panico.

Le recensioni vi incoronano nuovo gruppo evento del panorama indipendente italiano. Quali sono le vostre reazioni e aspettative?

Beh, ovviamente la nostra reazione è stata molto positiva, non si fraintendano le mie parole ma sapevo già che ci avrebbero detto queste cose, sai? Come me, tante persone sono convinte di quello che possono fare. Bisogna solo ascoltare queste persone perché ci cambieranno la vita, sia che stiano scrivendo una canzone per te, sia che stiano colorando un paesaggio per te, sia che ti dicano di voler passare i prossimi 3 anni insieme.
Queste parole ci hanno dato la voglia e la forza di andare avanti e che forse non sono solo viaggi mentali ma la vita è questione di convinzioni. Adesso il nostro obbiettivo è costruire qualcosa che ci porti dove abbiamo sempre sognato e di crescere insieme alle persone che ci accompagnano, tutto qui.

Infine, dateci qualche anticipazione sui vostri obiettivi futuri

Ti ringrazio tantissimo per le belle domande e ti anticipo che ora stiamo lavorando sul nostro secondo ep, in uscita verso la primavera che ci porterà al nostro primo disco previsto per fine 2015. E intanto adesso stiamo già alla settima tappa del nostro mini tour acustico nella nostra Bologna aspettando i concerti elettrici estivi e perché no, anche primaverili.

 

http://youtu.be/VYr-ZIDFvIg