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Padre Fedele, l’incubo è finito

COSENZA – Confermata dalla Cassazione la definitiva assoluzione di Fedele Bisceglia, il sacerdote sospeso “a divinis” dopo l’inchiesta per violenza sessuale nei confronti di una suora nell’ambito della quale era stato condannato nel primo processo di appello, poi annullato con rinvio dalla Suprema Corte che – adesso – ha dato il suo parere favorevole al proscioglimento deciso nell’appello bis il 22 giugno del 2015 dalla Corte di Appello di Catanzaro. I supremi giudici hanno infatti respinto il ricorso del pm contro l’assoluzione di Bisceglia. E’ stato respinto invece il ricorso del segretario di padre Fedele, Antonio Gaudio, contro la condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti della suora. Nel primo processo d’appello, Bisceglia era stato condannato a nove anni e tre mesi di carcere. Per questa vicenda era stato anche arrestato. «Mi sento rinascere, oggi è davvero un bel giorno!». Lo ha detto Padre Fedele all’Agi, dopo il verdetto della Cassazione che ha reso definitiva l’assoluzione dell’ex frate dall’accusa di aver abusato di una suora.

«Giustizia è fatta – aggiunge Eugenio Bisceglia, difensore di Padre Fedele – dopo 11 anni di calvario viene ristabilita la verità. Si è chiuso il capitolo giudiziario, se ne aprono altri che a questo punto devono essere valutati attentamente. Uno dei tanti è il fascicolo giudiziario che si deve aprire urgentemente e necessariamente con lo stesso vigore presso la Procura della Repubblica di Cosenza nei confronti di chi l’ha accusato ingiustamente. Se le cose devono andare seguendo le regole del codice di procedura penale – sottolinea – non spetta a noi dare l’impulso per un’azione di calunnia, spetta d’ufficio alla Procura della Repubblica di competenza prendendo atto del rigetto da parte della Cassazione del ricorso della Procura generale, mi auguro che il fascicolo venga aperto con la stessa vivacità e con lo stesso vigore per come hanno agito contro padre Fedele».

Amantea, un tragico incidente travolge due coniugi

AMANTEA – Due persone, Fortunato Forgiuele, di 87 anni, e Carmela De Carlo, di 77, marito e moglie, sono morte in un incidente stradale accaduto ad AMANTEA. L’automobile sulla quale viaggiava la coppia ed alla guida della quale c’era Forgiuele e’ sbandata, per cause in corso d’accertamento, finendo in una scarpata. I coniugi sono morti sul colpo. La dinamica dell’incidente e’ all’esame dei carabinieri, intervenuti sul posto insieme alla polizia municipale di AMANTEA ed al personale del 118.

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Coltivava marijuana in una azienda agricola. Un arresto

CAMINI (RC) – I carabinieri del Gruppo di Locri hanno arrestato a Camini un imprenditore agricolo, Giovanni Lavorata, di 57 anni, con l’accusa di coltivazione e detenzione illegale a fine di spaccio di sostanze stupefacenti. Da una perquisizione effettuata dai militari, con il supporto dei colleghi dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Vibo Valentia, è emerso che Lavorata, nella sua azienda agricola, che si estende per oltre cento ettari, aveva avviato alcune coltivazioni di canapa indiana. A conclusione dei controlli i carabinieri hanno sequestrato tre chili di marijuana già essiccata, una bilancia digitale ed un’apparecchiatura per il confezionamento sottovuoto delle partite di droga. Lavorata, su disposizione del pm della Procura di Locri, Rocco Cosentino, è stato portato in carcere.

Immigrato ucciso, migranti tornano in tendopoli. Stop alla protesta

SAN FERDINANDO (RC) – Stanno rientrando nella tendopoli i migranti che stamani a San Ferdinando hanno inscenato una manifestazione di protesta dopo l’uccisione ieri dell’immigrato malese Sekine Traore. Il corteo, con in testa Bartolo Mercuri, presidente dell’associazione “Il Cenacolo” che da anni si occupa di assistenza ai migranti, si sta dirigendo, attraverso le strade del centro del paese, verso la tendopoli, che si trova a metà strada tra San Ferdinando e Rosarno. Assieme a Mercuri c’è Amadou, il fratello di Sekine, che ha in mano il verbale in cui sono contenuti i termini della discussione che la delegazione, nel corso dell’incontro nel Municipio di San Ferdinando, ha avuto con il vicequestore vicario di Reggio Calabria, Roberto Pellicone. Nel corso  dell’incontro, secondo quanto si è appreso, i migranti hanno sostenuto che da parte del carabiniere che ha sparato «c’è stato un eccesso di legittima difesa». Secondo il racconto degli immigrati, la vittima aveva in mano un coltellino tale da non provocare danni particolari. I funzionari della Questura di Reggio Calabria hanno sottolineato il ruolo delle forze dell’ordine, «che non sono – hanno detto – nemiche dei lavoratori extracomunitari ma si pongono anzi a loro difesa. Prova ne è l’azione portata avanti contro il caporalato e il lavoro nero nella zona della Piana di Gioia Tauro dimostrata dall’esito di diverse operazioni di polizia».

Realizzavano truffe online, tre persone denunciate

MELITO PORTO SALVO (RC) – I carabinieri hanno deferito in stato di libertà un uomo, F.N. cittadino marocchino di 32 anni, e due donne, C.G.I., 28enne del luogo e L.S. 30enne del luogo, per truffa in concorso e violazione della normativa sull’immigrazione. E’ quanto si legge in una nota. I tre, già noti alle forze dell’ordine, avrebbero realizzato una serie di truffe online facendosi accreditare su una carta poste-pay gli importi per l’acquisto di merce che di fatto non sarebbero state inviate agli acquirenti. L’uomo di cittadinanza marocchina sarebbe risultato anche destinatario di un provvedimento di espulsione.

Aggredisce figlio con un martello, arrestato cittadino bulgaro

COSENZA – La notte scorsa è stato arrestato Anton Dimitrov Georgiev, cittadino bulgaro di 40 anni, ritenuto responsabile di lesioni aggravate ai danni del figlio 24enne, anch’egli bulgaro.

In particolare ieri sera gli agenti della Questura di Cosenza venivano allertati dalla segnalazione di un’aggressione avvenuta in Via Popilia ai danni di una persona. Prontamente intervenuti sul posto, gli uomini della Polizia di Stato hanno raccolto le testimonianze di alcuni presenti per poi recarsi presso il locale pronto soccorso accertavano la veridicità di quanto affermato dai testimoni. La vittima dell’aggressione che ha riportato un trauma cranico con ferita lacero contusa del cuoio capelluto, ferite giudicate guaribili in venti giorni, ha quindi dichiarato agli agenti di essere stato aggredito dal padre, che lo aveva colpito violentemente alla nuca con un martello.

A scatenare la violenta aggressione una furiosa lite tra l’arrestato e la compagna dell’uomo,  a seguito della quale la giovane vittima era intervenuta in difesa della donna.  L’uomo è stato intercettato dalla volante nei pressi del Centro Commerciale “I due Fiumi” e poi arrestato.

Quanto accaduto ha messo in luce una storia fatta di violenze e soprusi messi in atto da Georgiev  ai danni della  propria compagna. Lo stesso già nel 2015, era stato arrestato dalla Squadra Volante della Questura di Cosenza per violenza sessuale e porto d’armi.

Colpisce con un martello il figlio. Arrestato dalla polizia

COSENZA – Nella serata di ieri gli agenti della Questura di Cosenza hanno arrestato un cittadino di nazionalità bulgara con l’accusa di aver aggredito e colpito con un martello il figlio. L’episodio è accaduto in un baracca fatiscente nei pressi di via Popilia. L’uomo in un primo tempo è riuscito ad allontanarsi ma poi è stato individuato e tratto in arresto dagli agenti. Al figlio, soccorso e portato in ospedale, è stata diagnosticata una prognosi di 20 giorni. Nella mattinata di oggi scatterà la convalida del fermo.

 

 

Truffa aggravata all’Inps, percepiva pensione da vedovo ma si era risposato

VIBO VALENTIA – La Guardia di Finanza di Vibo Valentia ha individuato una truffa perpetrata ai danni dell’Inps da un soggetto che, per diversi anni, ha percepito la “pensione ai superstiti” senza averne diritto. In particolare, le indagini hanno permesso di accertare che l’uomo, già beneficiario, a seguito del decesso della moglie, dell’erogazione previdenziale, nel 2001 ha contratto nuovo matrimonio omettendo, tuttavia, di comunicare all’Ente Previdenziale, ben consapevole del fatto che tale variazione dello stato civile (da vedovo a coniugato) gli avrebbe procurato la perdita del beneficio. Questo gli ha permesso di percepire indebitamente, dal mese di gennaio 2002 al mese di febbraio 2015, una pensione per l’importo di ben 80mila euro. Le Fiamme Gialle hanno provveduto a deferirlo alla Procura della Repubblica per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso, richiedendo ed ottenendo  la misura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle somme indebitamente percepite.

Omicidio di Decollatura, la Cassazione annulla gli ergastoli

ROMA – Annullata dalla prima sezione della Corte di Cassazione, che ha escluso la premeditazione ed ha rimesso gli atti alla Corte d’Assise di appello di Catanzaro per la rideterminazione della pena, la sentenza nei confronti di Domenico e Giovanni Mezzatesta, padre e figlio, 61 e 42 anni, difesi entrambi dall’avvocato Francesco Pagliuso e condannati entrambi all’ergastolo in quanto ritenuti responsabili del duplice omicidio portato a segno in un bar di Decollatura il 19 gennaio del 2014. Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio, di 29 e 36 anni, furono uccisi mentre sorseggiavano una bibita seduti su un divanetto. A quel punto nel bar entrarono due persone, che li uccisero, infierendo anche sui loro corpi. Le fasi del duplice omicidio vennero riprese dalle telecamere di sorveglianza. Nei fotogrammi si vedono Iannazzo e Vescio entrare nel bar. Ci sono dei divanetti neri attorno a dei tavolini. I due si siedono insieme ad altre persone. Stanno discutendo, quando nel locale entrano Domenico e Giovanni Mezzatesta che iniziano a parlare con loro. La discussione va avanti per un po’ in un crescendo di alterazione fino a quando i Mezzatesta impugnano le pistole che hanno con loro e le puntano contro Iannazzo e Vescio. Nel bar è un fuggi fuggi: c’è chi si ripara sotto il bancone, chi riesce a scappare, chi si chiude in bagno. Ora sono gli uni di fronte agli altri. Giovanni esce e fa da “palo” mentre il padre rimane all’interno e spara. A questo punto il figlio rientra. A terra c’è Giovanni Vescio che tenta di reagire. Giovanni Mezzatesta lo colpisce al volto con un calcio. Impugna l’arma e la punta contro l’uomo. Sembra che esploda un colpo. La pistola, però, si inceppa ed il padre lo spintona per farlo uscire a controllare se nel frattempo i colpi hanno richiamato qualcuno. Quindi, rimasto solo con le vittime, Domenico Mezzatesta spara il colpo di grazia in testa ad entrambi. Portato a segno il duplice omicidio, Domenico Mezzatesta esce dal locale ed insieme al figlio va via velocemente, ognuno a bordo della sua auto.

Denuncia il padre per maltrattamenti e violenza domestica

LAMEZIA TERME (CZ) – Un ragazzo di dodici ha telefonato ai carabinieri per denunciare i maltrattamenti subiti ad opera del padre ed i pestaggi subiti anche dalla madre. E’ accaduto in un centro della zona di Lamezia Terme. I militari, dopo la segnalazione del ragazzo, sono intervenuti e dopo avere riscontrato quanto gli era stato riferito, hanno arrestato il responsabile delle violenze con l’accusa di lesioni e maltrattamenti in famiglia. I carabinieri hanno constatato le violenze subite dal ragazzo e dalla madre, con segni evidenti per entrambi di percosse e lesioni. La donna, in particolare, presentava ecchimosi evidenti al volto, mentre per il dodicenne le conseguenze erano state peggiori. Il minorenne, infatti, era stato preso di mira dal padre, il quale, in evidente stato di agitazione psicofisica derivante dall’assunzione di consistenti quantità di alcool, lo aveva più volte preso a calci e pugni. Il ragazzo è stato soccorso dal 118 e portato nell’ospedale di Lamezia Terme, dove gli sono state riscontrate lesioni in varie parti del corpo e la frattura di una costola. La prognosi per lui è di 25 giorni. Il responsabile delle violenze è stato condotto nel carcere di Catanzaro.