Forum dei giovani cosentini

davide brunoMuove i primi passi la costituzione del Forum dei giovani cosentini. Si è tenuto infatti alla Casa della Cultura un momento di incontro tra l’amministrazione comunale e i suoi cittadini.

L’iniziativa è presentata e sostenuta dall’assessore ai giovani e futuro, Davide Bruno. “Il Forum dei giovani cosentini – si legge in una nota – significa: dare voce alle giovani generazioni creando un organismo di rappresentanza per rinsaldare la rete di rapporti tra le associazioni giovanili e promuovere gli interessi giovanili presso il Governo, il Parlamento, le istituzioni sociali ed economiche e la società civile”.

La sala Gullo accoglie numerosi ragazzi e ragazze che seguono con interesse gli interventi che si susseguono. Puntuali e precise le parole di Biagio Faragalli vice segretario Udc, di Gianluca Melillo consigliere Direttivo Forum Nazionale dei Giovani, dell’avvocato Pietro Spizzirri, che mettono la propria esperienza a servizio dei presenti. Giovani che parlano a giovani, dunque, in uno scambio di idee e competenze.

Ampio spazio viene dedicato alle realtà associative giovanili e al Forum.

Il Forum Nazionale dei Giovani è una piattaforma di organizzazioni giovanili riconosciuta con la legge 311/2004, che lavora per portare al centro del dibattito politico e dell’iniziativa sociale il valore dei giovani: “la crescita personale e l’integrazione delle nuove generazioni rappresentano nei fatti le sfide decisive per garantire la qualità sociale e la democrazia nel nostro Paese” cita il manifesto costitutivo. A livello nazionale il Forum è composto da oltre 75 organizzazioni, tra cui associazioni studentesche, giovanili di partito, giovanili di categorie professionali e sindacali, associazioni impegnate nell’educazione non formale, associazioni di diverse fedi religiose, associazioni sportive, ecc. A livello europeo è membro del Forum Europeo della Gioventù che rappresenta gli interessi dei giovani europei presso le istituzioni internazionali.

Uno strumento di rappresentanza ed incidenza politica, dunque, un modo per far sentire la propria voce su scelte che riguardano il futuro di chi, nell’attuale modello, sembra non essere chiamato a scegliere.

L’espressione che maggiormente viene citata è “partecipazione”, declinata nella sua accezione più concreta di impegno e volontà per il raggiungimento di un obiettivo comune. L’aria che si respira contraddice in pieno le voci disfattiste che continuano a presentare le nuove generazioni come soggetti frivoli, apatici e senza aspirazioni. La curiosità si legge negli occhi, così come la voglia di trovare nuovi spazi per far emergere le proprie esigenze.

Proprio per ribadire questo fermento e in contrapposizione alla crisi politica che sta attraversando il paese, Faragalli sottolinea l’importanza di distinguere la politica come impegno per il bene comune dall’attività partitica. Perché dall’esperienza del Forum appare evidente che i giovani sono attivi e propositivi lì dove viene dato loro lo spazio per farlo. E su questa scia si inserisce da un alto l’incisività delle proposte presentate dal Forum alle istituzioni democratiche, dall’altro la capillarità degli interventi a livello locale, lì dove è più semplice che i giovani abbiano accesso alle procedure democratiche.

Le porte sono così aperte a chi ha voglia di mettersi in gioco direttamente. In attesa che si muovano presto i passi successivi per la realizzazione di questo nuovo strumento di reale partecipazione dei giovani alla vita politica.

Mariacristiana Guglielmelli

 

E “Otello” sia…

27 APR 2012 – “Prima di ucciderti, sposa, ti ho baciata. Ora non c’è altro modo che questo: ucciderti e morire in un tuo bacio”. Si tratta di una frase forte ed emblematica dell’ “Otello”, una frase che racchiude in sé tutto il senso di questa tragedia scritta da Shakespeare nel lontano 1603.
Una tragedia che, però, non è espressione di un’antichità cristallizzata ma collima perfettamente con il nostro presente.

L’Otello è stato, infatti, riattualizzato dal regista Nanni Garella e riproposto, ieri sera, al teatro A.Rendano grazie alla produzione dell’Arena del Sole – Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna, in collaborazione con il 63° Festival Shakespeariano dell’Estate Teatrale Veronese.
Nello spettacolo tante comparse ma solo due protagonisti indiscussi Massimo Dapporto, attore poliedrico che ha seguito le orme del padre cimentandosi nel teatro, nel cinema e nella fiction, ora nei panni di Otello/ Il Negro, e Maurizio Donadoni che ha impersonato il funesto Iago.
Due visioni del mondo completamente agli antipodi, dunque, Otello disegna un mondo roseo, amorevole e armonico, Iago, invece, vive di gelosie, infamie, pregiudizi razziali che colpiscono tutti coloro che lo affiancano rendendoli volgari e sgradevoli.

Tutto ruota intorno al tradimento di Desdemona (Lucia Lavia) a scapito di Otello, un tradimento, però, non veritiero ma istigato, inculcato, continuamente simulato dallo stesso Iago ferito nell’orgoglio per non aver ricevuto la carica di luogotenente.
In Otello si scatena, così, una gelosia marcia che rende il cuore nero, appanna la vista, sconvolge i sensi e trasforma in folle anche la persona più saggia.
E’ il dramma del candore e della cecità di colui che non riesce a guardare oltre il suo naso e si fa soggiogare dalla pura apparenza.
L’Otello è l’emblema della fragilità umana e della sua precarietà, il genere umano è in lotta continua senza mai trovare un equilibrio stabile e duraturo, le passioni diventano atroci e fanno regredire l’uomo alla sua condizione più abietta.

La gelosia e l’invidia, da passioni veniali, si trasformano, invece, nei mali di tutti i mali.
Alla fine della tragedia non resta nulla, tutti vengono colpiti, sconfitti e affondati; nessuno si salva, la sorte è efferata e colpisce forte come la mannaia del boia.
Neanche l’isola di Cipro rimane incolume ma, calpestata e insanguinata, è la spettatrice inerme di tanta brutalità
Al termine di una simile tragedia rimangono solo domande, interrogativi ben espressi dal regista Nanni Garella “Cosa resta, dopo gli assassini, i suicidi, il crollo della fiducia, della fedeltà e dell’amore? Probabilmente solo la notte buia, il cupo abisso in cui precipita a volte la mente umana”

Annabella Muraca

Caso Marlane, presentato il libro all’Università della Calabria

COSENZA – «I medici mi avevano mandato a casa, ero finito…», non riesce a parlare Luigi Pacchiano. Poi riprende: «ma in quel momento ho avuto la forza di lottare non solo per me, ma per gli altri, per i morti. Questo fatto ci deve insegnare a lottare, a non farsi calpestare». Luigi Pacchiano è l’operaio della Marlane che nel 1996 ha denunciato lo stabilimento tessile di Praia a Mare per danno biologico. Insieme a lui, Francesco Cirillo e Giulia Zanfina hanno presentato il loro libro sulla vicenda, Marlane: la fabbrica dei veleni, all’Università della Calabria. L’iniziativa è stata promossa dal Partito dei Comunisti Italiani, «per riprendere le lotte e ripartire dal basso», chiarisce il segretario provinciale, Giovanni Guzzo. Sono intervenute, inoltre, Rossella Morrone e Laura Corradi.

 

Il processo alla Marlane

Nel libro si legge che Luigi Pacchiano «ha creato i presupposti per le indagini» sullo stabilimento tessile dei Marzotto. L’inchiesta è stata avviata più di dieci anni fa dal pm Antonella Lauri della Procura di Paola. Si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio per tredici ex responsabili e dirigenti accusati, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ambientale, per la morte di decine di operai e le patologie tumorali di altri ex lavoratori – che sarebbero state causate dai vapori della tintoria – e lo smaltimento illecito di rifiuti tossici.

Il processo è iniziato il 19 aprile 2011, ma il dibattimento non è mai cominciato: in un anno si sono susseguiti sei rinvii. Nell’ultima udienza è stata battaglia per l’ammissione delle parti civili. «Gli avvocati della difesa, tra cui Ghedini, – afferma Cirillo – cercano sempre cavilli per far scattare la prescrizione».

Intanto, nel 2004, la fabbrica di Praia a Mare ha chiuso: produzione delocalizzata.

 

Da Rivetti ad oggi: la ricostruzione di Francesco Cirillo

Francesco Cirillo parte dagli anni ’50 quando il Conte Rivetti – «con soldi dello Stato» – costruisce due fabbriche tessili, a Maratea prima e a Praia a Mare poi. «Anche un giornalista del calibro di Montanelli – fa sapere Cirillo – scriveva che prima dell’arrivo di Rivetti, in Calabria, vivevano come venti secoli fa». Il mediattivista sottolinea che gli operai lavoravano e producevano tanto.

Negli anni ’80 – «con soldi dello Stato» – subentra il gruppo Marzotto. A questo punto del suo racconto, Francesco Cirillo enumera i punti critici emersi: l’uso di prodotti che hanno causato la morte degli operai – «la Procura ne ha accertati una cinquantina, ma noi pensiamo siano molti di più. E’ molto difficile raccogliere i dati, noi siamo andati casa per casa» – la mancanza di misure protettive per gli operai, i sindacalisti a capo delle piccole imprese dell’indotto, i rifiuti sotterrati sotto la fabbrica o smaltiti illecitamente.

Cirillo, quindi, passa in rassegna i passaggi che hanno portato al processo in corso e le proteste per chiederne l’inizio effettivo. «Nell’ultimo sit-in eravamo in pochi. Alla Thyssen erano in mille, all’Ilva c’erano tutti gli studenti. Purtroppo, in Calabria, non riusciamo a riunirci».

 

Luigi Pacchiano, la memoria storica

Ha lavorato alla Marlane Luigi Pacchiano. «Io posso raccontarvi delle condizioni interne», esordisce. Racconta che, nello stabilimento di Praia a Mare, l’ambiente era unico, non c’erano divisioni tra i reparti, quindi i vapori della tintoria raggiungevano tutti. «C’erano polveri, cattivi odori, vapori, noi dicevamo: ‘c’è nebbia in Val Padana’». D’estate, con 40° di temperatura, ricorda di come dovessero uscire fuori per respirare. «Non ho mai visto un medico – puntualizza – mai una visita ispettiva. Non usavamo né guanti né mascherine né cappelli». Alla domanda sui sospetti degli operai circa la possibile nocività dei vapori, risponde: «ci dicevano che era solo cattivo odore. In più, strappavano le etichette».

Luigi Pacchiano va indietro nel tempo. Al 1973, quando muoiono i primi due operai – «il primo aveva trentacinque anni». Al 1993, quando gli viene diagnosticato un tumore contro cui combatte ancora oggi – «sono stato trentacinque volte sotto anestesia». Allo spostamento di postazione negato. Al riconoscimento della malattia professionale da parte dell’INAIL. Alla sua lettera di licenziamento e alla denuncia dell’azienda per danno biologico. All’impegno per il coinvolgimento degli altri lavoratori nella questione Marlane. Luigi Pacchiano racconta ai presenti la sua storia. Per un attimo non riesce a parlare, mentre rievoca il giorno in cui i medici lo mandarono a casa: «ero finito… ma in quel momento ho avuto la forza di lottare non solo per me, ma per gli altri, per i morti. Questo fatto ci deve insegnare a lottare, a non farsi calpestare».

 

L’appello di Giulia Zanfina

La documentarista fa riferimento all’intervista fatta a Francesco Depalma nel 2010 e trascritta nel libro. L’operaio, ora scomparso per il cancro, aveva rivelato di aver sotterrato «il rimanente del rifiuto del colore» nel terreno della Marlane perché – aveva spiegato – «se non lo facevi tu, lo faceva un altro, in quelle condizioni dovevi farlo per forza».

«Ci aspettavamo che la nostra inchiesta fosse acquisita come prova in quanto Francesco non c’è più – dice Giulia Zanfina – faccio qui questa richiesta».

 

 

Rita Paonessa

‘Ndrangheta (ex) padrona: storia di mafia e politica

'ndrangheta ex padronaUn pomeriggio di impegno civile e cultura alla Ubik con la presentazione del libro “’Ndrangheta (ex) padrona”, Edizioni AltrePagine, di Fabio Buonofiglio nella doppia veste di autore ed editore.

Filo rosso della vicenda narrata è la storia di Pasqualina Straface, eletta nel 2009 primo sindaco donna della città di Corigliano Calabro (Cs). Un avvenimento che potrebbe sembrare sintomo di emancipazione e felice raggiungimento dell’ambìto traguardo della parità di genere in un ruolo, quale quello di primo cittadino di uno tra i più popolosi comuni della provincia di Cosenza, appannaggio esclusivamente maschile. Un esempio di determinazione e intraprendenza, se non fosse che dopo appena due anni il consiglio comunale viene sciolto con l’accusa di infiltrazioni mafiose.

Una vicenda legata strettamente alla maxioperazione denominata “Santa Tecla”, che ha occupato le pagine dei giornali nei mesi estivi del 2011. E che Buonofiglio, da attento giornalista, aveva già anticipato nei suoi articoli attraverso le pagine del blog d’informazione Sibarinet.it, di cui è direttore.

Un intreccio tra fatti di cronaca e politica raccontati con chiarezza e semplicità, con la precisione e l’accuratezza di chi scrive per informare, per permettere a tutti i lettori di capire. Una scrittura che nasce dall’esigenza di portare alla luce collusioni e commistioni deleterie per la vita stessa di ogni comunità. Buonofiglio è cittadino coriglianese prima di essere giornalista ed è attraverso le parole narrate che esprime l’amore per la propria terra.

Passione ed impegno che lo accomunano ad altri suoi colleghi, presenti alla Ubik, che spendono parole sincere di ammirazione per il libro, ma soprattutto per questa necessità di raccontare storie complesse. Al tavolo dei relatori si alternano al microfono Arcangelo Badolati, caposervizio della Gazzetta del Sud e autore della prefazione del libro, Assunta Scorpiniti, penna de Il Crotonese, e il giornalista Serafino Caruso moderatore della serata. Da tutti gli interventi emerge prepotente la fame di verità, di chi intende il mestiere di giornalista nella forma verace di “watch dog”, di chi non si sente un eroe, ma crede nella legalità come normalità, quotidianità nel proprio lavoro. Più volte si sottolinea con veemenza l’importanza dell’esempio, dell’educazione alla legalità che deve interessare ogni settore della società e attraversare ogni ambiente: la scuola e l’impegno quotidiano della classe insegnante, la correttezza e l’onesta dei magistrati, la serietà e l’incorruttibilità di politici e dirigenti. Rispondendo ad un intervento dal pubblico sulla necessità di riacquisire cittadinanza contro il potere subdolo e ramificato delle mafie, Badolati rivendica la necessità di imparare a dire no: no alle scorciatoie, no alle raccomandazioni, no ai soprusi. Riprendersi il coraggio di essere cittadini liberi, capaci di scegliere senza essere sottomessi.

Mariacristiana Guglielmelli

 

 

“A” Colazione da Tiffany

19 APRIl 2012 – Ancora una volta Isabel Russinova, curatrice del cartellone di prosa della stagione teatrale 2011/12,  è riuscita a fare centro riportando sotto i riflettori un’opera classica piena, però, di riferimenti al presente e alla nostra realtà quotidiana.
Lo spettacolo in questione è “Colazione da Tiffany” messo in scena, sul palco del teatro A. Rendano, nei giorni 17 e 18 Aprile dalla compagnia “Gli Ipocriti”  diretta dal regista Piero Maccarinelli.
Una produzione molto più vicina al romanzo di Truman Capote che al celebre film di Blake Edwards con Audrey Hepburn e George Peppard.
Il cast, composto da 11 attori, vede nei ruoli principali Francesca Inaudi e Lorenzo Lavia, due giovani ampiamente conosciuti dal pubblico italiano per la loro partecipazione a tournée teatrali e fiction; gli altri 9 attori hanno invece ricoperto dei ruoli marginali facendo da cornice allo svolgersi degli eventi.

La Inaudi ha impersonato Holly Golightly una donna ridicola, frivola e perennemente in cerca di uomini da “spennare”, Lavia invece ha ricoperto i panni di William/ Frank Parsons, uomo serioso, di saldi principi e con il viscerale desiderio di diventare uno scrittore famoso e geniale alla stregua di Ernest Hemingway.
William Parsons ha contemporaneamente svolto il ruolo di personaggio-narratore; proprio grazie ai suoi continui flashback è riuscito, infatti, a narrare la storia di Holly, donna fascinosa che lui stesso ha trasformato in musa ispiratrice per i suoi romanzi.
Lo spettatore ha assistito ad uno spettacolo paragonabile alle “montagne russe”, fatto dunque di parti estremamente lente ed altre più celeri e piacevoli, la ripresa è avvenuta nella seconda parte dello spettacolo che ha riscosso più consensi grazie, sicuramente, ai corpi statuari e senza veli dei due protagonisti; un continuo “vedo non vedo” che non ha causato scalpore nel pubblico ma molta curiosità.
Il regista è riuscito a mettere in luce tematiche estremamente attuali: l’amore non corrisposto,  l’omosessualità, la bisessualità, la pseudo amicizia accompagnata da intrighi, passioni e tradimenti ma, soprattutto, la prostituzione; la storia di una donna che decide di vendere il proprio corpo e la propria anima a uomini ricchi e potenti per trarne benefici economici. È dunque la storia del mestiere più antico del mondo che, ancora oggi, continua ad essere parte integrante della nostra società.
Questa volta, a differenza degli altri spettacoli, il pubblico cosentino è accorso numeroso per presenziare alla performance; una lunga fila ha invaso ieri sera il botteghino del teatro A. Rendano; si è dunque trattato di un last minute, molte persone, infatti, hanno acquistato i biglietti tra il secondo e il terzo richiamo della campanella.

Annabella Muraca

Dal romanzo al teatro

COSENZA – Dal magnifico romanzo di Truman Capote all’indimenticabile film di Blake Edwards, dall’adattamento teatrale di Samuel Adamson alla vivace commedia di Pietro Maccarinelli, Colazione da Tiffany è proprio il tipico esempio di arte che diventa incessantemente altre opere d’arte.
Il Teatro Rendano di Cosenza nei giorni martedì 17 e mercoledì 18 aprile ospita uno dei pilastri della commedia d’amore americana, un classico senza tempo, un cult del teatro per l’appunto “Colazione da Tiffany” nella versione ultima di Pietro Maccarinelli.
Ad interpretare uno dei ruoli più intriganti della letteratura moderna, quello dell’adorabile e fragile Holly Golightly, è Francesca Inaudi mentre spetta a Lorenzo Lavia il compito di incarnare lo squattrinato e impacciato scrittore William Parson, probabile alter ego dello stesso Capote.
Ieri pomeriggio, qualche ora prima dell’inizio dello spettacolo serale, i due attori protagonisti hanno tenuto una conferenza stampa per la presentazione dello spettacolo, durante la quale sono intervenute anche l’ex sindaco e Presidente dell’Associazione socio-culturale “Angelina”, Eva Catione, e Isabel Russinova, responsabile della stagione di prosa del Rendano; a mediare l’incontro l’addetto stampa del Comune di Cosenza Giuseppe Di Donna.
Con una certa tracotanza divistica, la spigolosa Fracesca Inaudi racconta di non aver mai visto il film e di essersi ispirata a Marilyn Monroe, prima musa di Capote, per dare nuova vita a Holly e quando le chiedono di motivare questo ritorno in teatro dopo un’assenza lunga dieci anni, l’attrice con un decisa veemenza ci tiene a sottolineare di non averlo mai abbandonato ma solo di esserci tornata con un bagaglio diverso.
Lorenzo Lavia parlandoci della commedia spiega che prende totalmente le distanze dal film e che la messa in scena di Maccarinelli è una fedele trasposizione dell’opera di Capote tanto da rispettarne ogni singolo dettaglio, dal ritmo della conversazione alle diverse ambientazioni.
A concludere è l’intervento di Eva Catizone che esordisce ringraziando Isabel Russinova per la saggezza dimostrata nell’organizzare una stagione teatrale incentrata sulla figura femminile e continua dicendo “La Calabria ha bisogno di figure femminili positive, nella nostra regione ci sono donne che sono capo mafia e donne che ingeriscono dell’acido pur di non piegarsi. Lo sviluppo in questa nostra terra può avvenire solo ed esclusivamente attraverso la realizzazione di iniziative e politiche culturali”.

Gaia Santolla

Una settimana all’insegna della cultura

settimana della culturaDal 14 al 22 aprile torna la Settimana della Cultura, istituita dal Ministero per i Beni e le attività culturali. Nel corso della manifestazione, giunta alla sua quattordicesima edizione, in tutta Italia sarà possibile visitare gratuitamente o a costo ridotto i musei, i monumenti, le aree archeologiche che hanno aderito all’iniziativa. Alla scoperta dei luoghi e dei tesori di cui è ricca la penisola si affiancano poi numerosi eventi volti ad aumentare il coinvolgimento, la partecipazione e l’interesse dei cittadini e dei turisti.

In Calabria la scelta si può ripartire tra le bellezze e le curiosità di 25 comuni: 11 nella provincia di Cosenza, 8 in quella di Reggio Calabria, 4 nella provincia di Catanzaro, 2 in quella di Vibo Valentia.

Cinque gli eventi di particolare rilevanza per il loro valore artistico e culturale, segnalati dallo stesso direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Calabria, Francesco Prosperetti.

A Cosenza martedì 17 aprile, presso la Galleria Nazionale sarà possibile conoscere le fasi di restauro del Sant’Agostino di Mattia Preti, uno dei capolavori del celebre pittore calabrese. Un’occasione per svelare da un lato i segreti dell’opera oltre lo sguardo consueto dei visitatori, ma anche un modo per approfondire le caratteristiche delle competenze e delle professionalità legate al mondo dei dipinti, della loro cura e conservazione. Durante la settimana inoltre, presso l’Archivio di Stato sarà allestita la rassegna internazionale “Sulle tracce di… Antonio Gramsci. Sintesi per composizioni molecolari di un’esistenza non solo tragica ma anche indispensabile”, un percorso multimediale che accompagna il visitatore alla scoperta della figura di Gramsci e del suo contesto politico, sociale e filosofico, attraverso i moderni strumenti di scrittura, fotografia, fumetti, musica e video.

A Reggio Calabria mercoledì 18 aprile le studiose Giuseppina De Marco, Rossella Agostino e Mirella Marra dibattono su “Reggio Calabria e il suo museo: dal Museo Civico a Palazzo Piacentini”, un convegno che ricostruisce la storia del museo cittadino dalla sua nascita fino al 1931, anno in cui fu affidato a Marcello Piacentini l’incarico di progettare il nuovo Museo. Un excursus che si inquadra con cura ed appropriatezza nel dibattito recente sui lavori cui è attualmente sottoposto il Museo.

La valorizzazione del panorama culturale locale è invece al centro delle iniziative promosse a Borgia, in provincia di Catanzaro, per venerdì 20 e sabato 21 aprile. “Popoli in cammino: la cultura veicolo di sviluppo di territori e integrazione di popoli” è un evento centrato principalmente sul fenomeno della migrazione, attraverso cui si assiste ad uno scambio di culture anche per quanto riguarda gli elementi artistici. La posizione strategica della Calabria nel Mar Mediterraneo ha reso nei secoli la nostra terra ricca di influenze stilistiche molto differenti tra loro, di cui ancora oggi rinveniamo le testimonianze nelle bellezze architettoniche che ci circondano. L’iniziativa è strutturata in due momenti: la visione dei film “Nuovo Mondo” e ”Terraferma” di Emanuele Crialese per gli alunni delle scuole superiori ed un convegno al quale prenderanno parte esperti del settore per approfondire la storia delle popolazioni che hanno attraversato il territorio calabrese.

Infine sabato 21 sarà inaugurato il Parco Archeologico di Laos a Santa Maria del Cedro (Cs), importante area archeologica dell’antica città lucana di Laos.

 

L’elenco completo dei luoghi che aderiscono all’iniziativa e delle manifestazioni che arricchiscono la XIV settimana della cultura è consultabile presso il sito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (www.beniculturali.it).

 

 

Mariacristiana Guglielmelli

 

“Occidente Solitario”, the black comedy

4 APRIL 2012 – “Occidente Solitario”, messo in scena ieri sera sulle “tavole” del teatro A.Rendano, è lo spettacolo tragi-comico scritto dal commediografo irlandese Martin Mc Donagh noto soprattutto per la regia cinematografica del film “In Bruges-La coscienza dell’assassino”.
Per la rappresentazione sono stati scelti quattro giovani, stelle del cinema e della televisione italiana,  Claudio Santamaria, che ha impersonato il fratello maggiore Coleman, Filippo Nigro nel fratello minore Valene, la giovanissima Nicole Murgia nella “Ragazzina” dedita, nonostante la sua tenera età, ad un’attività di contrabbando ed  infine Massimo De Santis che ha interpretato Padre Welsh, il parroco ubriacone e fuori dal comune che, non riuscendo a gestire la sua comunità di fedeli, sceglie di intraprendere la strada più semplice, il suicidio.
Il colombiano Juan Diego Puerta Lopez è il regista che ha curato e diretto in maniera originale questa black comedy in cui nulla è stato lasciato al caso; ogni gesto, ogni sillaba, ogni oggetto ha avuto, nella messa in scena, un ruolo fondamentale carico di phatos.
Oggetti emblematici della rappresentazione teatrale sono le innumerevoli statuine raffiguranti la vergine Maria, simbolo di una credenza ascetica, quasi mistica visto la vita non pudica dei personaggi.
Tutta la rappresentazione, infatti, è stata caratterizzata da blasfemie, bugie, riferimenti a omicidi e suicidi, litigi interminabili tra due fratelli che non riusciranno mai a riconciliarsi, anche se molto ruota intorno al “non detto”.
Gli eventi si sono susseguiti sempre in uno stesso “non luogo” ovvero nella piccola e lugubre stanza di una casa situata nella lontana, ma vicina, Irlanda che raffigura uno spazio universale abitato dall’intero genere umano che lotta, inveisce, odia.
I due fratelli, dunque, non rappresentano il singolo individuo in sé ma l’intera comunità che ha perso la capacità di comunicare e condividere; come dimostrano tutti i fatti di cronaca, oggi ci si scaglia con prepotenza contro il proprio simile regredendo, così, alla condizione animale.

L’uomo oggi non è più colui che vive e si costituisce grazie alla concomitanza e alla continua relazione con i propri simili ma è un individuo, un singolo privo, totalmente o in parte, di raziocinio.
Un plauso, dunque, agli attori che sono stati in grado di far ridere, commuovere e, soprattutto, far riflettere; l’unica nota dolente deriva dal fatto che, ancora una volta, il pubblico cosentino non ha accolto numeroso l’evento.
Lo spettacolo, infatti, è stato trascurato dal pubblico; tra i pochi “fedeli” sono spiccati i volti noti di Giovanni Latorre Rettore dell’Università della Calabria e Ninetto Davoli “figlio” del grande Pier Paolo Pasolini.

Ci auguriamo che il pubblico cittadino non si lasci sfuggire l’occasione di partecipare alla replica dello spettacolo, in programma questa sera sempre alle ore 20.30 presso il teatro A.Rendano.

Annabella Muraca

 

L’Occidente solitario raccontato dai protagonisti

COSENZA – Un quasi sconosciuto paese irlandese, due fratelli decisamente fumantini, un prete in costante crisi spirituale e una ragazzina che vive sempre in uno spazio al confine tra la semplicità e la malizia, sono questi gli elementi che danno forma a “Occidente solitario”, lo spettacolo che ieri martedì 3 aprile è stato ospitato nel teatro Rendano di Cosenza.
Una storia che, muovendosi nell’universo del paradosso e dell’ossimoro, intreccia continuamente noir e commedia riflettendo con sagace ironia sui temi della solitudine, del conflitto, della crisi esistenziale. Tradotta e riadattata dall’opera del commediografo inglese Martin McDonagh, la pièce teatrale avrà come protagonisti Claudio Santamaria, Filippo Nigro, Massimo De Santis e la giovanissima Nicole Murgia.
Il comic drama, diretto dal regista colombiano Juan Diego Puerta Lopez, ha come tema portante il complesso rapporto tra Coleman e Valene, due fratelli in perenne conflitto che vivono un instancabile gioco al massacro, attorno ai quali ruota un universo fatto di suicidi, omicidi, tormenti, violenza, infelicità e tanto tanto whisky.
“Un conflitto che nasconde un forte senso di solitudine ma anche di amore, raccontato in modo grottesco e ridendo di cose terribili” è così che durante la conferenza stampa di presentazione Claudio Santamaria, che interpreta dei due il fratello maggiore, prova a spiegarci il groviglio di sentimenti a cui andremo incontro da lì a poco, e continua “Una storia che ricorda moltissimo i fatti tragici che hanno popolato di recente le cronache italiane”.
Filippo Nigro raccontandoci del suo di “fratello” ci dice “E’ un uomo possessivo, folle ma anche molto ingenuo, durante la rappresentazione avviene una sorta di regressione infantile dei due fratelli, attraverso un linguaggio forte, crudo”.
La figura più positiva è sicuramente quella di padre Welsh-Walsh che tenterà fino alla sua fine di placare questi conflitti ma al tempo stesso diventa portavoce di un messaggio piuttosto critico e polemico, come ci spiega lo stesso interprete Massimo De Santis “Tramite il mio personaggio l’autore voleva evidenziare la forte crisi della Chiesa Cattolica, condannandola senza riserve”.
La figura più enigmatica resta quella di Nicole Murgia che parebbe quasi non avere identità dal momento che viene chiamata per tutto il tempo “la Ragazzina” ma la giovane interprete ci tiene a specificare che non è affatto così “la Ragazzina ha un’identità ben definita, cerca sempre la svolta nel bene e nel male, lei rappresenta la speranza del cambiamento”.
Durante la conferenza tutti e quattro gli attori non hanno esitato a intrattenere il pubblico, composto per lo più da rappresentanti del gentil sesso, con continue battute e canzonature creando, già dalla presentazione, l’atmosfera comica e sarcastica che fa da sfondo a tutta la commedia, un plauso particolare va a chi ha mediato tra i protagonisti che non ha esitato a lasciarsi coinvolgere dal clima scherzoso, la portavoce del sindaco di Cosenza Iole Perito.
Occidente solitario sarà in replica anche questa sera alle 20:30 sempre al Teatro Rendano, un’ottima occasione per assistere all’incontro tra il delirio e l’umorismo.

Gaia Santolla

Un pianoforte per De Andrè

COSENZA – Luci soffuse, un’atmosfera recondita, magnifiche mani che danzano su un palco fatto di 36 tasti neri e di 52 tasti bianchi, è questa la cornice del personalissimo omaggio che il pianista jazz Danilo Rea ha fatto al più sovversivo cantautore italiano Fabrizio De Andrè.
Un tributo che assume le sembianze di un incantevole viaggio quando Rea si incontra e si scontra con le dolci e sferzanti ballate del poeta genovese, spogliandole di tutte le loro parole è in grado di rinnovarle solo attraverso il suono, un’esplorazione scandita dai ritmi incalzanti di “Bocca di rosa” e da quelli decisamente magici de “La canzone dell’amore perduto”.
Il pianista vicentino reinventa in modo del tutto esclusivo e innovativo la genialità di De Andrè eliminando tutte le differenze che contaddistinguono le loro poetiche e dando avvio ad un nuovo e unico principio d’ordine, una sorta di dissoluzione del Faber, necessaria per una sua rinascita in nuove configurazioni, la rottura di uno spazio immaginario, indispensabile per poterlo riattraversare ancora e ancora.
E’ una silenziosa e gremita sala “Quintieri” quella che ieri sera, giovedì 29 marzo, assiste ad una difficilssima scommessa creativa che sicuramente Rea vince a pieni voti, facendo incontrare la tradizione cantautorale con la musica classica e trasformando le parole e la melodia in un messaggio lirico fatto di silenzi e sussulti.
Danilo Rea nel 2010 è vincitore del Top Jazz come migliore pianista dell’anno, di recente è stato definito da Thomas Conrad ,una celebre firma critica della rivista “American Jazztimes ”, uno dei pianisti più talentuosi al mondo.
Un vero onore che il Comune di Cosenza abbia organizzato e ospitato l’evento nel nostro Teatro Rendano e i prolungati applausi alla fine del concerto sono la indubbia dimostrazione che la cittadinanza abbia apprezzato.
Insomma non è così assundo credere che anche Fabrizio De Andrè, in quel pezzo di cielo anarchico dove si trova ora, abbia messo giù per un attimo la sua chitarra e si sia acceso una sigaretta per fermarsi ad ascoltarlo.

Gaia Santolla