Archivi categoria: Cultura&Spettacolo

La musica va in scena

DSC_0313Romanticismo e contemporaneità è il tema dato al primo degli incontri musicali programmati dall’associazione Zagreus in collaborazione con Synapsis Chamber Orchestra.

Al teatro dell’Acquario saranno infatti messi in scena in tutto quattro serate-dittici in cui saranno messi a confronto compositori contemporanei insieme a registi, maestri di musica e direttori d’orchestra.

La prima delle quattro, ha proposto un godibilissimo concerto con musiche di Beethoven, Gershwin ed una prima nazionale del compositore Pelecis.

Un’orchestra di diciannove elementi tra cui flauti: Valentina Marchese e Roberta Zirilli; clarinetti: Mariagaia Di Tommaso e Stefano Cinnirella; oboe: Ludovico Bozzafra Siciliano; fagotti: Davide Acciardi e Daniele Costanzo; corni: Andrea Di Stasi e Lorenzo Patella; tromba: Giuseppe Pugliano; percussioni: Gianfranco Esposito; violini: Manuel Arilia (spalla), Teresa Giordano, Francesca Santoro, Chiara Maiorano; viole: Francesca Manoccio e Domenico Scicchitano; violoncelli: Alessandra Ciniglia e Antonio Pellegrino; tre pianisti: Giovanni Battista Romano, Danilo Blaiotta e Andrea Bosa che hanno suonato alternativamente, oltre il direttore Marco Gatto.

OperAct, ovvero la contemporaneità in un atto, ha quindi portato in scena

Programma Ouverture Coriolano op. 62 ed il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in do min. op. 37 di Ludwig van Beethoven dove il solista Andrea Bosa ha eseguito la parte del pianoforte. Il secondo compositore ad entrare in scena è stato un inedito Georgs Pelecis – che con il suo “Concertino bianco per pianoforte e orchestra d’archi” (1983), ha visto come solista al pianoforte Giovanni Battista Romano

Chiude George Gershwin con la sua classica e magica Rhapsody in blue per pianoforte e orchestra, interpretata al pianoforte da un istrionico Danilo Blaiotta.

Da sinistra: Marco Gatto, Maria Scalese, Antonello Antonante
Da sinistra: Marco Gatto, Maria Scalese, Antonello Antonante

Esperimento riuscito, in attesa dei prossimi spettacoli che calcheranno le tavole dell’Acquario, come sempre aperto ad iniziative innovative in cui giovani talenti ambiziosi credono fortemente e che, grazie anche alla sensibilità come quella di Maria Scalese di Zagreus, vengono riconosciuti.

Verso una storia della sordità: “Diamo un segno” di Donata Chiricò

E poi ci sono quelle donne e quegli uomini che vivono di segni. Che comunicano attraverso di essi. Che ‘sentono’ i segni e con i segni comunicano. Ci sono donne e uomini che hanno una lingua tutta indexloro, una lingua parallela che è, appunto, la lingua dei segni. Di queste donne e di questi uomini Donata Chiricò, docente di etica della comunicazione presso l’Unical, ha tentato di delineare una storia con il suo ultimo volume “Diamo un segno. Per una storia della sordità” edito da Carocci.
Un libro fondamentale per rintracciare a ritroso la storia dei segni e di chi con questi segni ha agito e continua ad agire, pur avendo vissuto ere di discriminazione e oscurità. O, per meglio dire, di lunghi silenzi.
L’opera, nei giorni scorsi, è stata oggetto di un interessante dibattito nella Capitale moderato da Valentina Valentini, al quale oltre all’autrice hanno preso parte anche Stefano Gensini, docente di filosofia del linguaggio presso “La Sapienza”, Maria Tagarelli De Monte, co-coordinatrice del Dipartimento ricerca e progettazione Istituto Statale Sordi, nonché dottoranda in linguistica presso “Roma Tre”, Dario Pasquarella, regista teatrale, e Dalila D’Amico, dottoranda in musica e spettacolo.
Abbiamo parlato di una lingua parallela che è differente da quella che ‘parliamo’ e ‘sentiamo’. È una lingua ‘segnata’, fatta di gesti, di segni che assumono l’accezione di significante così come per i ‘non sordi’ lo sono le parole. Dunque, segni come parole, come forme grafiche di una lingua viva, con una grammatica, una sintassi, ben precise regole, dei significati… Una lingua, appunto. Una lingua che si ‘parla’ e che si ‘ascolta’, ma che per i ‘non sordi’ è straniera.
I sordi o, per intenderci, i ‘nativi segnanti’, imparano questa lingua tramite un’altra lingua, quella delle parole proferite, che non appartiene alla loro natura.
Nel nostro Paese ‘la lingua italiana dei segni’ non è stata ufficialmente riconosciuta, il Parlamento deve ancora approvare una legge ad hoc e in attesa di quel momento Donata Chiricò ci racconta in che modo e seguendo quale processo il sordo ha smesso di esser considerato paziente ed è diventato finalmente individuo.

L’autrice quindi ricostruisce una storia della sordità come patologia del linguaggio.

 

 

Daniela Lucia

“La fame negli occhi”: la seconda guerra mondiale negli occhi dei soldati semplici

la fame negli occhiCROPANI (CZ) –  Grande partecipazione per la presentazione dei racconti di vita di soldati nella Presila Catanzarese nelle pagine del libro “La fame negli occhi” di Michela Scalise di Sersale, nei giorni scorsi a Cropani, in una sala dell’auditorium al completo. L’importante manifestazione culturale di fatto ha dato inizio nella provincia di Catanzaro alle celebrazioni per i 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Prestigioso il tavolo dei relatori, a partire dal giornalista Luigi Stanizzi che, nel corso della moderazione, ha inteso “dar voce” al libro, citando alcuni passi sulle misere condizioni in cui si trovavano a combattere i soldati italiani. Viva soddisfazione è stata espressa dal dottor Paolino Altilia, vice presidente della Banca di Credito Cooperativo Centro Calabria, che ha sostenuto economicamente il progetto di realizzazione dell’opera. Particolarmente apprezzato l’intervento dell’autrice, che ha efficacemente illustrato la strutturazione del volume, con una prima parte dedicata agli aspetti metodologici e a una personale lettura delle 24 testimonianze raccolte tra Sersale, Cerva, Petronà, Cropani, Sellia Marina, Pentone e Zagarise e una seconda parte in cui sono stati fedelmente riportati i racconti del periodo al fronte dei reduci della Presila intervistati. La dottoressa Scalise ha spiegato che con il suo lavoro ha voluto raccontare la Seconda Guerra mondiale “da un’altra prospettiva, quella del soldato semplice”. Sul rigore metodologico nella ricerca e nella trascrizione delle testimonianze ha incentrato la sua relazione la professoressa Elena De Filippis, dirigente scolastico del Liceo Classico “P. Galluppi” di Catanzaro, che ha sottolineato il fondamentale contributo reso alla Storia dalla riscoperta dell’oralità. A seguire il giornalista e presidente dell’associazione “Calabria in armi”, dottor Mario Saccà, nel ricordare anche la sua esperienza di ricerca tra i reduci, ha sottolineato l’alta valenza delle interviste, quali documenti storici da consegnare alla memoria collettiva. Alla manifestazione hanno preso parte anche alcuni reduci tuttora in vita e le famiglie di altri impossibilitati fisicamente o venuti a mancare di recente. A i soldati protagonisti del libro si è reso omaggio con la consegna di una copia dell’opera da parte dell’autrice e di una pergamena celebrativa dell’evento da parte del comandante della locale stazione dei Carabinieri, Maresciallo Marco Minerva.

IV edizione Memorial Guerino Cittadino

memorial gueciCATANZARO – Al via le iscrizioni della IV edizione del  “Memorial Guerino Cittadino” il premio Internazionale di Poesia organizzato dall’Associazione GueCi, che da anni opera sul territorio con grande serietà e impegno. Il concorso è nato con l’intento di ricordare le vittime della malasanità e in particolare il padre della fondatrice dell’associazione; la scrittrice e poetessa rendese Anna Laura Cittadino.
In sole tre edizioni il concorso, per l’alta qualità e la rilevanza a carattere internazionale, ha ricevuto l’adesione del Presidente della Repubblica, che ha inviato una Medaglia nella scorsa edizione, del Presidente del Ministero Dell’Interno, e del Presidente dell’Universum Academy Switzerland. All’edizione di quest’anno ha aderito il M° Orafo Michele Lo Bianco che realizzerà i premi per i vincitori. Anche quest’anno il concorso è patrocinato dal comune di Rende.
Invariato il regolamento del concorso che prevede la partecipazione a tre sezioni di poesia: in lingua italiana, vernacolo, e  sul tema “I valori autentici della vita”. Il concorso è aperto ad autori sia italiani che stranieri che abbiano compiuto almeno 18 anni di età. Il termine ultimo per l’iscrizione al concorso è il 4 giugno, che si concluderà con la cerimonia di premiazione nel mese di ottobre, dopo che la giuria composta dal poeta  Mario De Rosa, dalla scrittrice e  recensionista Susanna Polimanti, dalla Presidente A.P.S “Le Ragunanze” Michela Zanarella  e dal poeta  Giuseppe Salvatore, avrà valutato le opere in concorso. Tutte le opere vincitrici saranno pubblicate nell’antologia del premio  e presentata nel corso della cerimonia di premiazione.
Il regolamento del bando è scaricabile in lingua italiana, francese e inglese sul sito web http://www.gueciass.altervista.org/

“La signora di Wildfell Hall”. Il grido di rivolta di una donna per tutte le donne

 

Brontë-sisters-520x245Quando nasciamo siamo ‘femmine’, lo gridano ai vicini, ai parenti, agli amici. È femmina. Cresciamo e diventiamo donne, quindi mogli e madri. E poi basta. Immagino che sia questa la riflessione alla quale dev’esser giunta Anne Brontë guardando la propria vita, le quattro sorelle più grandi e il fratello scapestrato. Un’esistenza difficile, con un destino già tracciato da altre prima di lei, dalla tradizione asfissiante per una mente creativa e viva come la sua. Una donna poco meno che trentenne che per scrivere usava uno pseudonimo maschile e che, in tutta franchezza, conosceva il femminismo più a fondo di quanto possiamo saperne noi, giovani e meno giovani donne di un’epoca in cui abbiamo fatto conquiste per le quali non abbiamo neanche combattuto e sulle quali ancora barattiamo. Lo conosceva più a fondo, questo femminismo, questo orgoglio di essere donna, di appartenere a una metà del genere umano per nulla inferiore, sebbene costantemente schiacciata e sopita dalla bramosia maschile di prevaricare, si avere per sé la fetta migliore del creato. E sapeva bene di avere un valore diverso dall’ancestrale maternità al punto da non accettare l’oscurità impostale dagli uomini, ma affidando proprio a un uomo, un essere fittizio, il proprio grido d’indipendenza. Fu così che nel 1848 mise nelle mani indexdi Acton Bell, il proprio io senza gonnella, la sua personale fiammella di rivolta e questi, senza esitare, diede alle stampe uno dei più profondi e avanguardistici romanzi sulla condizione femminile, ossia La signora di Wildfell Hall (The tenant of Wildfell Hall).
Con questo romanzo, da poco riproposto in Italia da Neri Pozza, Anne Brontë, la sorella meno conosciuta dell’irrequieto trio letterario, ha puntato il dito contro l’ingiusta sottomissione della donna, considerata oggetto o addirittura merce di scambio priva di sentimenti e passioni. La vicenda si apre con un mistero che avvolge questa nuova affittuaria, chiusa come uno scrigno e, allo stesso modo, protettrice estrema di un segreto amaro. Parola dopo parola, scoperta dopo scoperta, la Brontë ha allestito un romanzo crudele e tagliente, denso di risvolti che sconvolgono e, per certi versi, scandalizzano; in questo libro ci si conosce tutti, ma in fondo nessuno sa chi è la persona che ha al fianco perché “si può guardare nel cuore di una persona attraverso i suoi occhi e si può arrivare a conoscere l’altezza, la larghezza e la profondità dell’anima di un altro in una sola ora, mentre non ti basterebbe una vita per scoprirle se la persona non fosse disposta a rivelarle o se tu non avessi la sensibilità necessaria a comprenderle”.
2015-01-03 17.00.00-1Quest’autrice relegata in secondo piano, surclassata da uno pseudonimo che la dice lunga sulle proprie prigioni sociali, non usa mezzi termini, ma al contrario pizzica con estrema precisione le corde del lettore costringendolo a non perdere di vista la strada maestra che lo condurrà alla soluzione del mistero. Nessuna pietà viene mostrata per la cattiveria, per le menzogne e per i tradimenti. I peccatori, che sono tali non nei confronti di Dio bensì nei confronti dei loro simili, pagano per il dolore che hanno inflitto. La malvagità è smascherata e fatta a brandelli, ma il processo non è immediato, in quanto necessita della metabolizzazione, della consapevolezza dell’errore. E nel mezzo si fa largo il solco tracciato dalle gioie e dalle sofferenze della vita, ci sono le donne che combattono per non farsi seppellire vive in un mondo costruito dagli uomini per gli uomini. “A chi è dato meno, meno è richiesto; ma a tutti è richiesto di sforzarsi al massimo”.
Le donne che Anne Brontë tratteggia in questo romanzo non sono coraggiose e neppure intelligenti; esse si limitano ad alimentare quella naturale inclinazione a resistere alle intemperie affrontando il dolore armate sono di fiducia in sé stesse. Chissà se, a questo punto, La signora di Wildfell Hall potrà essere considerato alla stregua di un antesignano manifesto del femminismo. Magari sì, ma prima di tutto è un grido di rivolta che ci sospinge verso il futuro ricordando che “la possibilità di morire c’è sempre; ed è sempre bene vivere tenendola presente”.
Buona Giornata internazionale delle Donne!
Daniela Lucia

“Fascisti di un altro millennio?” Lunedì alla Ubik

fascisti di un altro millennio libroCOSENZA – Lunedì 9 marzo alle ore 18:00, presso la Ubik di via Galliano 4 Cosenza, si terrà la presentazione del libro “Fascisti di un altro millennio? Crisi e partecipazione in CasaPound Italia” (ed. Bonanno, 2015) di Bulli Giorgia; Albanese Matteo; Castelli Gattinara Pietro; Froio Caterina.

Questo libro è un’inchiesta su CasaPound, sulla storia, le ideologie, la struttura, le pratiche e le strategie di un movimento atipico, analizzato attraverso interviste, osservazione, analisi dei documenti e della comunicazione di CPI a Roma e nel resto d’Italia.

Introduce e modera: Giulio Citroni;

Discutono:

– Claudio Dionesalvi (mediattivista)

– Francesca Veltri (Università della Calabria, dip. Scienze Politiche e

sociali)

– Giorgia Bulli (Università di Firenze, dip. Scienze Politiche e sociali)

Torna M.I.L.F. con i Comaneci

il philo di sophia comaneciCOSENZA – Martedì 10 marzo,in aula F2 (cubo 18c dell’Unical) alle ore 21:00, dopo la prima edizione dello scorso anno, torna M.I.L.F., la rassegna auto-gestita di musica letteratura e filosofia, organizzata da “Il filo di Sophia.”

L’appuntamento inaugurale è dedicato alla musica con il live dei Comaneci, preceduto da una piccola chiacchierata con gli artisti per conoscere meglio il loro progetto, seguito dal dj set curato dai ragazzi di Turnover Concerti e accompagnato dall’usuale mangia&bevi comunitario.

 

Pittura e poesia, parte l’iniziativa #undisegnoperilfilorosso

logoPuò la poesia fondersi con la pittura? Le due arti sorelle sono in grado di sorreggersi a vicenda nel difficile processo della divulgazione culturale? Siamo al cospetto di quesiti ai quali dare una risposta risulterebbe esente da qualsiasi difficoltà, perché infatti non capita di rado che ci si trovi al cospetto di un naturale incontro tra poesia e pittura, in virtù del quale le due arti sono state cucite insieme da quel filo possente e senza nodi, traboccante di emozioni, sentimenti e passioni, che è, appunto, il desiderio di conoscenza. Tante sono state, dunque, le risposte alla nostra domanda e tra queste si pone oggi quella singolare, ma importante, che sta avanzando la rivista culturale ilfilorosso con l’iniziativa #undisegnoperilfilorosso.
Forte dell’esperienza collaudata a partire dal numero 50 con l’inserimento di opere pittoriche in copertina, la rivista ha voluto coinvolgere i propri lettori (e non solo) in un nuovo progetto, invitando gli artisti interessati a creare la ‘loro’ copertina. Questa, una volta definita e inviata alla redazione, verrà valutata e, se ritenuta in sintonia con la linea editoriale, verrà utilizzata come copertina del prossimo numero, la cui uscita è prevista a giugno. Le altre opere pervenute non verranno scartate, ma si alterneranno come immagini in primo piano del nuovo sito della rivista.
Gli artisti che vorranno metter mano a matite, pennelli, acquarelli, tempere e quant’altro, non dovranno necessariamente inoltrare l’opera originale, ma potranno limitarsi all’invio di una foto ad alta risoluzione corredandola dalla propria nota biografica.
Come abbiamo poc’anzi accennato, già dal numero 50 ilfilorosso11056785_10206240069309323_1401021276_n ha deciso di mettere in evidenza sulle proprie copertine degli elaborati artistici che riflettessero i contenuti generali della rivista. Si è iniziato con opere in bianco e nero con particolari rossi per passare poi, negli ultimi numeri, alla scelta di elaborati carichi di colore.
Le copertine più recenti sono state caratterizzate dai trasognati papaveri di Enza Capocchiani, dall’inesorabile trebbiatrice in un 11041506_10206240081629631_499563382_nplacido campo di grano di Giulia Brandolisio, da un caldo tram rosso in una Milano intorpidita dalla neve di Lella Buzzacchi, tutte pittrici/poetesse bergamasche che collaborano attivamente con il gruppo Fara di poesia di Bergamo. E, risalendo a ritroso la cronologia delle uscite, ci si ritrova faccia a faccia con le calde e decise pennellate del volto evanescente firmato da Mimmo Legato, docente di discipline pittoriche e presidente dell’associazione culturale Art Study Space di Rende, o si finisce col passeggiare nei vicoli densi di storia e ricordi di una Cosenza fissata sul foglio bianco da Mariateresa Aiello, pittrice e scrittrice cosentina, oppure ci si riposa all’ombra del poderoso ulivo della poliedrica artista perugina Serena Cavallini.
Tuttavia, la finestra de ilfilorosso non si è affacciata sulla pittura solo attraverso le proprie copertine, ma anche dedicando a questo genere d’espressione artistica un’apposita rubrica all’interno della rivista dal titolo FilodArte. In questa sezione ogni numero mette in contatto il lettore con il mondo delle arti figurative presentando elaborati artistici adatti alla stampa in bianco e nero, recensendo volumi non solo di poesia ma contenenti anche opere artistiche, soffermandosi su pittori contemporanei e illustrando mostre o eventi affini.
Pertanto vediamo che a monte dell’iniziativa #undisegnoperilfilorosso v’è un radicato interesse nel promuovere l’arte in tutte le sue espressioni, perché se è vero che la poesia da sola è in grado di salvarci dalla barbarie, è altrettanto assodato che la pittura, con la sua possente forza empatica e il turbinio di colori, può sostenerla in questa crociata. Con la presente iniziativa, ilfilorosso ha dato il soffio di vita a un circolo virtuoso tra pittura e poesia che spetta ora agli artisti alimentare con le proprie opere.

Daniela Lucia

La primavera di una donna araba inizia dalla danza del ventre

satin rouge 3(1)ROMA – Un 8 marzo originale è in programma al Cineclub Alphaville di Roma (Via del Pigneto, 283) dove a chiudere la rassegna Femminile/Plurale, domenica alle ore 21 per l’undicesimo incontro del ciclo I capolavori sconosciuti secondo Ugo G. Caruso verrà proposto il film Satin rouge (Francia – Tunisia 2002) della regista tunisina Raja Amari.

In effetti può sembrare  un tantino sorprendente “l’incursione” di Caruso in una ricorrenza come quello della Festa della donna, tanto da far  pensare che il cineclub diretto da Patrizia Salvatori abbia voluto prendere le distanze dall’ormai trita retorica femminista e dai soliti rituali a base di mimosa. Cosa c’entra con l’ 8 marzo un tipo come Caruso, campione come pochi altri di certa cultura maschile con quei suoi gusti  decisamente “virili” (l’avventura in tutte le sue declinazioni, il jazz, il calcio) oltre che per il suo stesso stile di vita e per la sua nota avversione a tutti gli “ismi”, femminismo compreso? Formatosi negli stessi anni in cui si affermava il movimento delle donne, il curatore della rassegna dei capolavori sconosciuti confessa la sua delusione nei confronti delle proprie coetanee, colpevoli secondo lui di non aver portato a termine il processo di emancipazione, ritornando nella prassi quotidiana a modelli tradizionali ma pretendendo invece l’attenzione e il rispetto dovuto a chi ha compiuto un radicale cambio di status. Una critica “da sinistra”, di vaghe ascendenze marcusiane secondo la quale le donne al di là di una deleteria imitazione dei peggiori comportamenti maschili, ormai dismessi dagli uomini più avvertiti, tipo la competitività sul lavoro o l’arrivismo sociale, partite inizialmente come un movimento di liberazione, sfociando nella contrapposizione col maschile delle frange più dure, hanno finito per divenire, loro malgrado, l’ennesimo movimento sessuorepressivo. Questa in sintesi la provocazione di Caruso, “politicamente scorretta” e insolitamente fastidiosa poiché non liquidabile come posizione maschilista tout court, bensì venata di un’intransigente misoginia “di sinistra” di marca libertina. Ce n’è, come si vede, per un dibattito al calor bianco. Si spera comunque che in nome dell’amore per il cinema di qualità, cinefile e cinefili ritrovino la concordia. Ed in effetti Satin rouge è un titolo che per motivi diversi potrebbe piacere ad uomini e donne, pur senza metterli d’accordo. Satin rouge racconta di Lilia, una giovane vedova che nella Tunisi odierna conduce un’esistenza dimessa dedita alla casa e alla figlia adolescente, Salma. Finché una sera, cercando di sapere qualcosa in più sul conto di Chokri, un percussionista che frequenta la figlia, scopre un mondo affascinante a lei sconosciuto fino a quel momento, il cabaret “Satin rouge” dove si svolgono spettacoli di danza del ventre. Dapprima, per i suoi atavici timori, cerca di fuggirne ma poi grazie all’incoraggiamento di alcune ballerine, si farà coinvolgere sempre di più. In questo modo riscoprirà la sua femminilità prorompente a lungo mortificata e si riapproprierà della giovinezza non vissuta. Ma andrà oltre, sfidando la rigida morale corrente e rivendicando per sé il diritto all’erotismo nel finale così carico di allusioni da sconcertare anche un pubblico europeo. Vincitore del ventesimo Torino Film Festival, escluso invece dalla Biennale del Cinema arabo a Parigi, Satin rouge è stato censurato in Tunisia e resta un film scandaloso e inaccettabile per i rigidi dettami della cultura musulmana. Opera al femminile, fatto da donne, dove lo sguardo attinge direttamente al gusto muliebre, il pregevole è originale film di Raja Amari ha il suo punto di forza nella straordinaria delicatezza e sensualità della protagonista, la bellissima (come in tanti altri titoli) attrice palestinese Hiam Abbass, insuperabile archetipo di matura femminilità mediterranea.
Insomma, il film perfetto per attrarre uomini e donne nel segno del cinema di qualità e per dar luogo ad una celebrazione finalmente irrituale dell’ 8 marzo.

Gerry Scotti a Cosenza: ” Siate gli idoli di voi stessi”

G. ScottiNon sbaglia un colpo Lucio Presta nel nuovo progetto Nextv, dedicato ai giovani talenti (si spera) del domani, tutti calabresi, aventi un’età compresa tra i 17 e i 30 anni. Dopo il primo incontro con Paolo Bonolis, non scevro dalle polemiche di chi avrebbe voluto esserci e non c’era, ieri, 6 marzo, un nuovo appuntamento ha visto protagonista Virginio Scotti, in arte zio Gerry che, nella storia della televisione, ha, come si suol dire, “bruciato ogni tappa”. Sitcom, quiz show, talent, fiction, showbiz e chi più ne ha più ne metta. Un colosso con il volto simile ad un “emoticon” a forma di smile, dalla simpatia contagiosa, i modi familiari, le movenze genuine. E’ un fuoriclasse, Gerry Scotti. Un fuoriclasse della normalità. Quella che tanto ama e che lo tiene ben saldo, mani e piedi, ad un’azienda per la quale lavora da anni, rinunciando, forse, a ruoli anche più rischiosi e avvincenti. Una normalità che trasuda giovialità sin dalle prime movenze nel teatro, quando arriva, festoso ed entusiasta più di un ragazzino, per condividere con tanti giovani meridionali, le sue emozioni, i suoi consigli, le sue esperienze.

Un colpo di fortuna lo avvicina alla carriera di conduttore e lo trasforma da copywriter di successo in un mattatore televisivo senza target, che sa parlare ugualmente bene, al bimbo di dieci anni quanto all’anziana signora. Un bizzarro sliding door che lo conduce da disk jockey ad erede dei più grandi conduttori televisivi. Il suo volto è “Canale Cinque” come gli disse “qualcuno”, più o meno noto, qualche anno fa e tradisce ogni aspettativa. Gerry Scotti è il padre che ciascuno vorrebbe avere, l’amico di una vita, il vicino di casa simpatico, il collega molto divertente. E’ una persona pulita, “uno che ha fatto della semplicità una cifra”. Sa parlare al cuore, arriva dove altri, con molti più giri di parole non arriverebbero mai. Si diverte e fa divertire, forse anche più che in uno dei suoi mille successi televisivi. E’ umile e, anche se dichiara di non avere quasi rimorsi, ha la faccia malinconica e gli occhi lucidi quando parla dei genitori e del figlio. “Se c’è una cosa che vi invito a non fare è quella di non deludere mai i vostri genitori. Non sacrificate i vostri sogni, ma neanche quelli di coloro che hanno fatto tanti sforzi per farveli realizzare”. Di suo figlio e dell’eredità paterna, parla quasi a mezza voce. Non vuole pensare che a lui spetti ricalcare le orme del padre. Probabilmente sa che chiunque, che di cognome faccia Scotti, difficilmente potrebbe arrivare dove è arrivato lui: in cima ad una montagna, dove il più grosso rimpianto è non aver concluso quegli studi. In Giurisprudenza. Non particolarmente amati, ma di sicuro importanti.gsc

Della radio, di come tornerebbe a fare la Sit-Com, dei suo progetti “per la terza età”, parla a ruota libera, arricchendo ogni domanda con una battuta, una smorfia, un’ imitazione, un racconto di sé. “Posso rimanere qui ancora per altre sei ore”, risponde ad un lesto Lucio Presta poco prima che l’incontro giunga al termine. E’ felice come un bambino a cui hanno donato un giocattolo, allegro come un genitore alla laurea del proprio figlio, simpatico come un umile conduttore che non si è mai montato la testa. Saranno le sue umili origini ad averlo salvato dal calderone dello show biz che si atteggia a grande artista? O solo l’intelligenza di qualcuno che, consapevole di avere del talento, quello più grande della normalità, ha capito che non conta tentare di assomigliare a qualcun’altro, idolatrando falsi miti che si interrompono dopo poco tempo.

Gerry Scotti“Tutte le cose possono iniziare per caso, ma non devono mai finire per caso. Sono stati gli altri a decidere come dovessi iniziare, voglio decidere io come e quando finire. A tutti i ragazzi che hanno dei facili idoli, io dico sempre: innamorati di una tua caratteristica, e fai di te stesso il tuo vero idolo. “

 

 

Lia Giannini

Ph: Andreina Morrone