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Falsifica il testamento per conseguire l’eredità, sequestrati 130 mila euro

CASTROVILLARI(CS) –  I Finanzieri della Guardia di Finanza di Castrovillari hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo per equivalente, per un importo di circa 130.000 euro, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Castrovillari, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di P.S., di anni 40 circa, accusato di falso, tentata truffa ed utilizzo illecito di carte di credito, per essersi appropriato illecitamente di un patrimonio ereditario a lui non spettante.

Il sequestro è stato posto in essere dalle Fiamme Gialle su delega della Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Dr. Eugenio Facciolla, e coordinata, per le specifiche indagini, dal Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Antonino Iannotta. L’indagine ha avuto origine dalla denuncia presentata dall’unica erede del defunto, la quale, rappresentava agli organi di polizia che, all’indomani del decesso del proprio fratello, una terza persona a lei conosciuta – tale P.S., di anni 42 – si era appropriata di taluni libretti e buoni postali contenuti in un borsone appartenuto al de cuius, negandole, di fatto, la disponibilità degli stessi. Dai successivi accertamenti patrimoniali svolti dalle Fiamme Gialle castrovillaresi si confermavano le circostanze denunciate ed emergeva inoltre, che il truffatore aveva indebitamente prelevato denaro contante con un bancomat appartenuto alla persona deceduta. Infine, mediante la presentazione di un testamento recante la falsa firma del soggetto defunto, si era recato presso un notaio e l’Agenzia delle Entrate di Castrovillari per intestarsi, con una successione ereditaria, tutto il patrimonio mobiliare ed immobiliare dello scomparso ed in particolare conti correnti e buoni postali, un’autovettura, un immobile ed alcuni terreni tutti ubicati nel Comune di Civita.

Il reo è stato denunciato per tentata truffa, falsità materiale commessa dal privato, falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito, nonché utilizzo illecito degli strumenti di pagamento. Con l’esecuzione del provvedimento odierno, pertanto, sono stati sottoposti a sequestro e consegnati all’erede legittimo, tutti i beni facenti parte dell’asse ereditario, indebitamente sottratti dal truffatore. L’attività svolta evidenzia, ancora una volta, l’attenzione profusa da questo Ufficio Giudiziario e dalla Guardia di Finanza a contrasto di ogni forma di illecito di natura economico-finanziaria che possa procurare, a chi li subisce, ingenti danni patrimoniali, a vantaggio, invece, dei truffatori che utilizzano ogni forma di artifizio o raggiro per arricchirsi fraudolentemente.

Guai col Fisco per un imprenditore reggino, sequestrati beni e conti correnti

REGGIO CALABRIA – Oltre 158.000 euro sono stati sequestrati dai Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, di conti correnti bancari, depositi e altre disponibilità finanziarie, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di un imprenditore reggino operante nel settore del commercio al dettaglio di giochi e giocattoli.

L’articolata attività investigativa – coordinata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Dott. Giovanni Bombardieri e dal Procuratore Aggiunto Dott. Gerardo Dominijanni e diretta dal Sostituto Procuratore Dott. Nicola De Caria, ha consentito di accertare l’omesso versamento di ritenute fiscali (reato punito e previsto dall’art. 10-bis del d.lgs. 74/2000), da parte dell’indagato. Dalle indagini esperite è emerso che il rappresentante legale della società interessata, avente sede nel pieno centro del capoluogo reggino, non aveva versato, entro i termini previsti dalla legge, le somme dovute in base alla dichiarazione del sostituto d’imposta resa per l’anno 2014, a titolo di ritenute dovute o certificate. I Finanzieri reggini hanno inoltre individuato un significativo compendio patrimoniale direttamente riconducibile all’indagato, composto da disponibilità finanziarie liquide (conti correnti, polizze assicurative, fondi di gestione del risparmio). L’attività delle fiamme gialle, eseguita simultaneamente presso le sedi centrali degli istituti finanziari ove risultavano accesi i rapporti da sottoporre a vincolo cautelare (Torino, Milano, Varese, Verona, Roma e Siena), rientra nei prioritari compiti della Guardia di Finanza che, nell’ambito del contrasto ai fenomeni di illegalità economico-finanziaria, orienta la propria azione al fine di incidere sulla diffusione degli illeciti fiscali, finanziari ed economici, a tutela delle imprese che operano nella piena e completa osservanza della legge.

‘Ndrangheta, sequestro di beni ad esponenti delle cosche reggine

REGGIO CALABRIA – Militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, coordinati dalla locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri hanno eseguito due provvedimenti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Procuratore Francesco Ponzetta, che dispongono l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni immobili e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato di circa 1.600.000 euro.

Oggetto del sequestro è il patrimonio intestato/riconducibile a CHILÀ Domenico, cl. ’41, al defunto ALAMPI Giovanni, cl. ’46 e ai rispettivi nuclei familiari costituito da unità immobiliari, terreni e rapporti finanziari/assicurativi. Le figure criminali dei suddetti erano emerse nel corso delle indagini esperite nell’ambito del procedimento penale n. 1389/08 R.G.N.R. D.D.A. – operazione “Crimine” – in relazione alle cui risultanze, nel corso del 2010, entrambi i proposti erano stati destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere poiché ritenuti responsabili, unitamente ad altre 119 persone, dell’ipotesi di reato di cui all’art. 416 bis c.p. (associazione per delinquere di tipo mafioso), in quanto intranei alla “locale” di ‘ndrangheta operante nelle frazioni del capoluogo reggino di “Trunca” e “Allai”. In tale contesto, per i reati ascritti, i predetti sono stati successivamente condannati – con sentenza emessa nel 2012 dal G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria: – CHILA’ Domenico, alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione – confermata dalla Corte di Cassazione – poiché ritenuto appartenente alla “locale di Trunca” con la dote di “sgarro”, la più alta carica della Società Minore; – ALAMPI Giovanni, alla pena – rideterminata dalla Suprema Corte – di anni 6 di reclusione, in quanto ritenuto esponente di vertice della citata “locale di Trunca”.

In esito a tali attività, veniva delegata dalla menzionata D.D.A. – sempre più interessata agli aspetti economico-imprenditoriali legati alla criminalità organizzata – apposita indagine a carattere patrimoniale volta all’individuazione – ai fini dell’applicazione di una misura di prevenzione – del patrimonio riconducibile ai summenzionati proposti.

Le conseguenti investigazioni, condotte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dal citato Servizio Centrale I.C.O. della Guardia di Finanza, attraverso la ricostruzione e l’analisi delle transazioni economiche e finanziarie operate – negli ultimi trent’anni – dai proposti e dai rispettivi nuclei familiari, hanno consentito – attraverso una complessa e articolata attività di accertamento e riscontro documentale – l’individuazione dei patrimoni dei quali gli stessi risultavano disporre, direttamente o indirettamente, il cui valore era decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, nonché le fonti illecite dalle quali i proposti avevano tratto le risorse per la loro acquisizione.

In tale ambito, i citati Reparti individuavano con riferimento al percorso esistenziale dei proposti, le condotte delittuose poste in essere, le frequentazioni, i legami parentali, i precedenti giudiziari e gli altri elementi ritenuti fondamentali per la formulazione, ai sensi della normativa antimafia, da parte della competente A.G., del prescritto giudizio prognostico sulla pericolosità sociale “qualificata” dall’appartenenza ad un’associazione mafiosa, in capo a entrambi i proposti. Alla luce di quanto sopra, il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della citata DDA, con i provvedimenti in esecuzione, ha disposto il sequestro del patrimonio riconducibile a CHILÀ Domenico, al relativo nucleo familiare, nonché agli eredi di ALAMPI Giovanni. Complessivamente con i provvedimenti in questione è stato disposto il sequestro di 09 unità immobiliari, 2 terreni, quote di fabbricati, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivo stimato in circa € 1.600.000.

 

Immagini di repertorio

Omessi versamenti IVA, nei guai nota società alberghiera attiva nel cosentino

COSENZA – I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza coordinati dalla Procura della Repubblica di Cosenza hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo per equivalente per un valore di circa un milione di euro, disposto dal G.I.P. del Tribunale di Cosenza nei confronti di una nota società cosentina, operante nel settore alberghiero.

L’esecuzione della misura cautelare reale è giunta a conclusione di un controllo fiscale eseguito dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Cosenza nell’ambito di una autonoma attività info-investigativa che ha consentito di rilevare omessi versamenti I.V.A. per 939.509,15 euro, nonché denunciare il rappresentante legale della società alla locale Procura della Repubblica per il reato di omesso versamento dell’I.V.A. ai sensi all’art. 10-ter del decreto legislativo n. 74/2000.

L’adozione della misura cautelare reale è stata eseguita nelle province di Cosenza e Firenze, a garanzia del credito erariale e colpisce le disponibilità finanziarie e immobiliari della società fino al completo soddisfacimento della pretesa dell’Erario, per un valore corrispondente all’imposta evasa. Il sequestro in parola è stato disposto in attuazione dell’applicabilità dell’istituto della confisca prevista dall’art. 322 ter c.p.p. anche ai reati tributari.

Infatti, tale normativa consente il ricorso alla c.d. confisca per equivalente al fine di neutralizzare i vantaggi economici derivanti dall’attività criminosa prevedendo la possibilità di sequestro di beni di valore economico corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

L’indagine si inserisce nell’ambito dell’azione di contrasto alla criminalità economica e finanziaria a garanzia di valori quali uguaglianza ed equità fiscale, a tutela dall’economia sana e degli imprenditori onesti, effettuata dalla Procura della Repubblica di Cosenza in sinergia con la Guardia di Finanza contribuendo in tal modo all’effettivo recupero di risorse sottratte al bilancio nazionale

Operazione Typographic, sequestro di beni per oltre un milione di euro

REGGIO CALABRIA – Militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, coordinati dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale che dispone il sequestro di un patrimonio stimato in circa 1,2 milioni di euro riconducibile a DEMASI Rocco ritenuto intraneo alla “ndrina dei Giardini di Gioiosa Jonica” riconducile alla cosca URSINO – MACRÌ.

 

Tale provvedimento trae origine dalle attività investigative eseguite nell’ambito dell’operazione “Typographic”, condotta dal Gruppo di Locri e conclusa nel 2016 con l’esecuzione di nr. 25 provvedimenti restrittivi personali nonché reali su 13 imprese/società, unità immobiliari, terreni, autoveicoli e conti correnti bancari. In tale contesto, il DE MASI è stato destinatario di fermo di indiziato di delitto poiché ritenuto responsabile, tra l’altro, del reato di cui all’art. 416 bis (associazione per delinquere di stampo mafioso). Le indagini esperite, infatti, hanno permesso di riscontrare positivamente le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia i quali avevano indicato il DEMASI Rocco come appartenente alla “ndrangheta” di Gioiosa Jonica, puntualizzandone l’importanza della relativa famiglia nel contesto criminale gioiosano, nonché la figura del fratello Giorgio, capo locale dei giardini, appartenente alla società maggiore. In relazione ad apposita attività progettuale ideata dal Servizio Centrale Investigazioni Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma, convenzionalmente denominata “Doppio Binario” e in dipendenza delle suddette attività investigative, la menzionata D.D.A. delegava al Gruppo della Guardia di Finanza di Locri apposita indagine a carattere patrimoniale volta all’individuazione – ai fini dell’applicazione di una misura di prevenzione – del patrimonio riconducibile al summenzionato proposto e del relativo nucleo familiare. In tale ambito, i Finanzieri individuavano, con riferimento al percorso esistenziale del proposto, le condotte delittuose dallo stesso poste in essere, le frequentazioni, i legami parentali, i precedenti giudiziari e gli altri elementi ritenuti fondamentali per la formulazione, ai sensi della normativa antimafia, da parte della competente A.G., del prescritto giudizio diagnostico sulla pericolosità sociale. Alla luce di tali risultanze, il Tribunale Sezione Misure di Prevenzione ha ritenuto sussistente – richiamando il principio dell’”autonoma valutazione” del materiale probatorio – la pericolosità sociale del proposto “qualificata” dalla riferibilità ad un’associazione mafiosa. Le conseguenti investigazioni a carattere patrimoniale, condotte attraverso la ricostruzione e l’analisi delle transazioni economiche e finanziarie operate – negli ultimi 20 anni – dal proposto e dal relativo nucleo familiare, hanno consentito l’individuazione dei patrimoni dei quali gli stessi risultavano disporre, direttamente o indirettamente, il cui valore era decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, nonché le fonti illecite dalle quali il proposto aveva tratto le risorse per la loro acquisizione. Alla luce di quanto sopra, su richiesta del Procuratore Aggiunto Gaetano Paci e del sostituto Procuratore Simona Ferraiuolo della Direzione Distrettuale Antimafia, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto, con l’odierno provvedimento, il sequestro di prevenzione riconducibile a DEMASI Rocco cl ’54 costituito dai seguenti compendi aziendali e beni per un valore complessivo stimato in € 1.224.615,00: · Patrimonio aziendale della ditta ind.le FUDA Anna Maria con luogo di esercizio in Gioiosa Jonica, esercente l’attività di commercio al dettaglio di ferramenta; · Nr. 12 fabbricati e nr. 7 terreni ubicati in Gioiosa Jonica (RC); · Nr. 4 autoveicoli nr. 2 motocicli; · Nr. 3 polizze assicurative.

Evasione, maxi sequestro di beni nel cosentino

PAOLA (CS) – I Finanzieri della Compagnia di Paola e della Tenenza di Amantea hanno sottoposto a sequestro preventivo 14 beni immobili ubicati nella Provincia di Cosenza, quote societarie e denaro, per un ammontare complessivo pari a circa 1.300.000 euro.

In particolare è stato eseguito un Decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Paola – dott.ssa Maria Grazia Elia, su richiesta del Procuratore dott. Pierpaolo Bruni, nei confronti di 3 soggetti residenti nella Provincia di Cosenza, per “evasione di imposte sui redditi e sul valore aggiunto” e “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte”. I Finanzieri hanno ricostruito un’operazione di compravendita immobiliare fra due società, di fatto riconducibili ad un unico soggetto, risultata essere “fraudolenta” e “finalizzata alla sottrazione al pagamento delle imposte”.

La venditrice, infatti, esercente l’attività di “Locazione immobiliare di beni propri”, “pesantemente indebitata nei confronti del Fisco” ed avviata alla liquidazione, ha ceduto l’unico immobile strumentale ad altra società, sempre del principale indagato, in assenza di valide ragioni economiche e, soprattutto, senza ricevere il corrispettivo pattuito di euro 1,4 milioni, così diventando una “scatola vuota” gravata di unicamente di ingenti debiti.

La mancata iscrizione in bilancio di una componente straordinaria di reddito di quasi 1 milione di euro, derivante da una transazione avvenuta la società verificata (debitrice) ed una Banca (creditrice), ha determinato ulteriore evasione di imposta, non essendo stata indicata neanche nella dichiarazione fiscale. Con tali stratagemmi posti in essere dagli indagati nell’esercizio dell’attività di impresa è stato tratto un indebito ed illecito vantaggio fiscale, consistente in rilevante risparmio di spesa. Al temine delle indagini sono state denunciate 3 persone per i reati di “Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” e “Infedele dichiarazione” e sono stati sottoposti a sequestro beni per un valore pari ad euro 1.293.851,39. L’indagine di Polizia Giudiziaria si inserisce nell’ambito della proficua azione di lotta alla criminalità economica e finanziaria ed alle illegittime e/o indebite accumulazioni patrimoniali, a tutela dall’economia sana e degli imprenditori onesti, sinergicamente effettuata dalla Procura di Paola e dalla Compagnia Guardia di Finanza e Reparti dipendenti, che negli ultimi quindici mesi ha portato a sequestri di beni immobili, mobili registrati e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 7,3 milioni di euro.

Percepiva l’assegno sociale INPS ma era residente in Argentina

VIBO VALENTIA – I militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Tropea hanno accertato che un soggetto, stabilmente residente in Argentina, ha richiesto all’INPS l’erogazione della misura assistenziale dell’assegno sociale, attestando falsamente di essere residente nella provincia di Vibo Valentia.

Dalle indagini svolte dai finanzieri è invece emerso che il soggetto, lungi dall’essere effettivamente residente in Italia, vi aveva fatto ritorno solo sporadicamente, permanendo sul territorio nazionale per brevi periodi di tempo e che, quindi, non era in possesso dei requisiti previsti dalla legge per l’erogazione del beneficio de quo, tra i quali è indispensabile la residenza effettiva, stabile e continuativa per almeno 10 anni in Italia.

Il soggetto, pertanto, è stato denunciato alla Procura della Repubblica per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, per aver indebitamente percepito la somma complessiva di circa 30 mila euro erogata dall’INPS a titolo di assegno sociale nel periodo 2015/2018.

Contestualmente, sono state avviate le procedure per il recupero, a favore dell’Ente, delle somme indebitamente percepite. L’operazione di servizio si inquadra nell’ambito dell’attività svolta dalla Guardia di Finanza a tutela della spesa pubblica nazionale e degli interessi erariali del Paese, al fine di prevenire e reprimere illeciti nell’utilizzo di risorse finanziarie.

Catanzaro, blitz della finanza, sequestrati beni per 14 milioni di euro

CATANZARO – E’ in corso dalle prime ore di oggi un maxi blitz degli uomini della  Guardia di Finanza, coordinati e diretti dalla Direzione Distrettuale Antimafia, con il supporto dello Scico di Roma, a carico di alcuni soggetti ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta catanzarese.  Sarebbero al momento stati emessi sei diversi provvedimenti di sequestro patrimoniale per un valore di quattordici milioni di euro. Alle 11 di oggi è in programma una conferenza stampa dove saranno presenti il procuratore della repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e il comandante delle Fiamme Gialle del capoluogo Fabio Contini.

 

 

 

 

Ventuno lavoratori irregolari scoperti nel cosentino

CASSANO ALLO IONIO (CS) – Eseguiti nella sibaritide numerosi controlli a contrasto del fenomeno del “lavoro nero” rilevando la presenza di 21 lavoratori irregolari. Diversificate le attività interessate da lavoro irregolare che vanno dalla ristorazione alla vendita al minuto e all’edilizia.

L’attività si inserisce nell’ambito di un piano d’interventi promosso e coordinato dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza finalizzati a tutelare gli operatori economici corretti dalla concorrenza sleale esercitata dalle imprese che non rispettano le regole e si avvalgono di lavoratori dipendenti assunti in nero o comunque in modo irregolare. Le violazioni riscontrate sono state oggetto di verbalizzazione al fine di applicare le sanzioni previste dall’art. 3 del D.L. 12/2002, il quale, alla luce delle modifiche introdotte dal D.lgs. 151/2015 attuativo del Jobs Act, stabilisce che in caso di impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro, si applica una sanzione amministrativa che va da 1.500,00 euro a 9.000,00 euro per ciascun lavoratore irregolare che non abbia superato, però, i 30 giorni di effettivo lavoro. Nel caso in cui i lavoratori irregolari siano stati impiegati da più di 60 giorni effettivi di lavoro le sanzioni possono arrivare fino a 36.000 euro per ciascun lavoratore.

Vengono quindi sviluppate indagini al fine di ricostruire la posizione complessiva del singolo lavoratore con riferimento sia al periodo lavorativo svolto che alla corrispondenza delle retribuzioni percepite rispetto alle norme stabilite dai contratti collettivi.

Le aziende irregolari controllate sono state “diffidate”, così come previsto dall’art. 13 del D. Lgs. 124 del 2004, alla regolarizzazione delle inosservanze riscontrate, entro i previsti termini e i lavoratori riconducibili a tali imprese dovranno essere assunti – come previsto da tale normativa – per almeno 3 mesi. Le norme in materia di regolarità del rapporto di lavoro sono molto severe e contrastano l’utilizzo di lavoratori “alla giornata” sprovvisti di un rapporto di lavoro, irregolarmente pagati ed esposti a possibili rischi di incolumità fisica nei luoghi di lavoro.

Società pubblicitaria evade 1,3 milioni al fisco. Denunciate due persone nel cosentino

PAOLA (CS) – Gli uomini della Guardia di Finanza di Paola ha scoperto un evasore fiscale, che dal 2013 non ha presentato alcuna dichiarazione dei redditi pur avendo conseguito ricavi per4,5 milioni di euro. Si tratta in particolare di una società operante nella provincia di Cosenza ed attiva nel settore “pubblicitario”.

L’impresa “fantasma”, dopo essere stata particolarmente attiva nel territorio cosentino ed aver cambiato negli anni diversi amministratori e sede, spostando quest’ultima da una città ad un’altra, dal 2013 non ha più presentato le dichiarazioni fiscali ed è stata posta in liquidazione, così evadendo rilevanti imposte a danno dell’erario pari ad oltre 1,3 milioni di euro. Negli ultimi tre anni la società ha fatto anche importanti investimenti, aventi ad oggetto l’acquisito di un immobile e diverse autovetture, alcune di rilevante valore.

Nonostante la scarsa documentazione amministrativa e contabile a disposizione, i finanzieri hanno ricostruito, grazie ad una serie di riscontri effettuati nei confronti di numerosi operatori commerciali del settore, la reale posizione fiscale del contribuente, le vendite effettuate e gli utili conseguiti. Al termine della verifica fiscale è stata rilevata, quindi, la mancata dichiarazione di ricavi per 4,5 milioni di euro e sono state calcolate imposte evase per oltre 1,3 milioni di euro.

Sono stati inoltre denunciati due amministratori all’autorità giudiziaria, per i reati di “Omessa dichiarazione” e “Occultamento o distruzione di documenti contabili”, i quali ora rischiano anche la reclusione fino a sei anni.